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Il contratto di ricerca nelle università: a proposito dei regolamenti negli Atenei

Alcune considerazioni e linee guida sull’attivazione delle nuove figure pre-ruolo.

10/03/2025
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Nei prossimi giorni dovrebbe esserci la definitiva sottoscrizione della sequenza contrattuale relativa ai Contratti di ricerca, la nuova figura a termine che è l’unico rapporto di lavoro a tempo determinato post-dottorato oggi esistente nelle università (articolo 22 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240).

Il Contratto di ricerca è stato definitivamente introdotto dalle Legge 29 giugno 2022, n. 79, che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, il quale prevedeva all’articolo 14, comma 6-septies l’abrogazione de l’assegno di ricerca: un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, annuale ed esentasse, con un importo lordo percepente intorno ai 19.500 euro e un costo lordo ente intorno ai 24.000 euro (in realtà, lo stesso DL 36/2022,  all’articolo 14, comma 6-quaterdecies, ha previsto una proroga della possibilità di bandire gli Assegni, poi ulteriormente rinnovata sino al 31 dicembre 2024). Questa revisione del cosiddetto pre-ruolo universitario (chiamata Verducci, dal nome del Senatore che l’ha seguita alla VII commissione permanente del Senato), varata insieme alla revisione del Ricercatore in Tenure Track e all’istituzione del Tecnologo a tempo indeterminato, nonostante il suo percorso parlamentare improprio e nonostante i diversi limiti del suo intervento (a partire dalla conferma strutturale di un lungo precariato), segnava un passo avanti proprio perché definiva un'unica figura a termine, cancellando la terra di mezzo dei rapporti di lavoro atipici che erano prevalsi sino ad allora.

Il nuovo Contratto di ricerca è infatti un rapporto di lavoro pienamente subordinato, biennale, rinnovabile una sola volta e prorogabile di un ulteriore anno per specifici progetti di ricerca, la cui retribuzione è regolata dal CCNL Istruzione e ricerca, in ogni caso in misura non inferiore al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito (articolo 22, comma 6 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240 come novellata dalla revisione del 2022). In contrattazione abbiamo rivendicato la definizione in sede negoziale non solo della retribuzione, ma anche degli aspetti fondamentali della regolazione del rapporto di lavoro, tenendo conto che una retribuzione è appunto corrisposta sulla base dei tempi e delle modalità con cui viene erogata una prestazione lavorativa. Le nostre proposte sono cadute nel vuoto, con un Ministero che ha di fatto bloccato per mesi ogni possibile contrattazione, non dando indicazioni all’Aran su come rapportarsi alle nostre richieste. Lo scorso autunno, infine, davanti all’avanzare di una nuova contro-riforma che apriva le porta alla moltiplicazione delle figure precarie (il DdL 1240 presentato da Bernini e Meloni), abbiamo accettato di sottoscrivere un testo sul Contratto di ricerca, che rispetto le nostre richieste rimaneva ancorato ad elementi minimali ma che ha in ogni caso permesso di attivare questa figura. Questa sequenza contrattuale è stata tenuta per mesi incastrata nelle procedure di controllo e ratifica dei diversi organi istituzionali, ma oggi finalmente dovrebbe arrivare a compimento.

Come abbiamo più volte sottolineato, oggi servirebbero importanti risorse ministeriali per permettere agli atenei di attivare come servirebbe il Contratto di Ricerca. I 37,5 milioni di euro annunciati dalla Bernini nelle scorse settimane (fondi PNRR che dovevano esser comunque usati per l’impiego di giovani ricercatori/ricercatrici) non sono solo gravemente insufficienti, ma sono anche sbagliati nella loro configurazione. Quello che serve non è bando specifico per poche centinaia di posti, per qualche posizione per ogni ateneo. Negli ultimi vent’anni il sistema universitario italiano ha annualmente bandito oltre 15mila assegni di ricerca: la trasformazione di questi rapporti di lavoro di fatto strutturali nei nuovi Contratti di ricerca avrebbe in realtà bisogno di esser sostenuta da un fondo di cofinanziamento nazionale. Quello che servirebbe, cioè, è la capacità di fornire a Dipartimenti ed Atenei risorse integrative, in grado di coprire il differenziale di costo tra vecchie e nuove figure, tenendo tra l’altro conto che questo differenziale è soprattutto costituito dall’IRPEF a carico dei Contratti dei ricerca (risorse quindi destinate in larga parte a ritornare nella disponibilità pubblica, al netto del welfare fiscale di cui potranno finalmente avvalersi questi lavoratori e queste lavoratrici). Questa necessità è resa più pressante e urgente dalla prossima scadenza, tra 2025 e 2026, di oltre 30.000 mila posizioni precarie (più di 23.000 Assegni e più di 9.000 RTDa, in parte già scaduti), gonfiate dalla risorse del PNRR. Il differenziale del costo per ogni ente tra ciascun nuovo Contratto e il precedente Assegno di ricerca noi lo abbiamo stimato intorno ai 15/16.000 euro: per sostenere questa trasformazione sarebbe allora necessario un intervento immediato di almeno 240 milioni di euro, garantito per un biennio, da intrecciare poi con l’avvio di un nuovo piano straordinario di allargamento degli organici e stabilizzazioni del personale, proposta che abbiamo presentato nel dettaglio qualche settimana fa.

Il primo passaggio, però, è quella della definizione di questa nuova figura all’interno dei Regolamenti di ateneo. Questi Regolamenti, come previsto dall’articolo 22, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (come novellata nel 2022), dovranno disciplinare le modalità di selezione per il conferimento dei Contratti di ricerca. In assenza di una specifica definizione nazionale del rapporto di lavoro (compiti, impegni e diritti) che noi chiedevamo fosse nel CCNL, questi Regolamenti dovranno prevedere anche una sezione relativa alla Disciplina di questi rapporti di lavoro. Ogni ateneo italiano, statale e non statale, dovrà quindi nelle prossime settimane approvare questi regolamenti nei propri Consigli di amministrazione, dopo aver raccolto il relativo parere del Senato accademico. La FLC CGIL, con le sue strutture e i suoi componenti RSU negli atenei, sarà particolarmente attenta nel seguire questo percorso e la concreta articolazione di questi Regolamenti. In ogni caso, invitiamo le Assemblee Precarie Universitarie, i Comitati e i Coordinamenti che hanno condotto le mobilitazioni di questi mesi, le associazioni della docenza, le altre organizzazioni sindacali e tuttə i e le componentə degli organi accademici da una parte a salvaguardare i diritti fondamentali di questi lavoratori e queste lavoratrici, dall’altra a evitare distorsioni e discrezionalità che abbiamo osservato dispiegarsi tra le diverse sedi in questi anni (come avvenuto con le evidenti discrepanze regolamentari tra gli atenei per RTDa, assegnisti di ricerca e altre figure atipiche, ma non solo).

In primo luogo, segnaliamo un elemento procedurale. L’articolo 81, comma 7, lettera a) del vigente CCNL Istruzione e ricerca stabilisce che sono oggetto di Informazione sindacale i regolamenti di ateneo…che abbiano riflessi sul rapporto di lavoro. L’articolo 5, comma 1, dello stesso CCNL prevede che l’informazione è resa preventivamente e in forma scritta: inoltre se richiesto, l’informazione può diventare oggetto di Confronto. Il coinvolgimento sindacale nella definizione dei Regolamenti è importante proprio per verificare l’interpretazione della normativa e una definizione della disciplina del rapporto di lavoro che garantisca il più possibile i diritti di lavoratori e lavoratrici interessati/e.

A questo proposito, ci sembra utile fornire anche alcune indicazioni di merito, in relazione ad alcuni elementi essenziali che a nostro parere devono essere specificati nei Regolamenti. Sono indicazioni generali, sicuramente non esaustive, ma che nascono anche dall’osservazione di alcune prime bozze che sono circolate negli atenei in queste settimane.

  • Il finanziamento dei Contratti di ricerca è importante che sia previsto riportando l’ampia previsione normativa [in tutto o in parte con fondi interni ovvero finanziati da soggetti terzi, sia pubblici che privati, versione vigente dell’articolo 22, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n.240]. Lo precisiamo perché abbiamo visto ipotizzare versioni inutilmente più restrittive di questa previsione generale.
  • Il contratto di ricerca è un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato (come previsto sempre dall’articolo 22, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n.240): è utile che questa dizione compaia esplicitamente nel Regolamento, perché ad essa sono legate importanti diritti e previsioni nella nostra legislazione del lavoro.
  • È utile che nel Regolamento sia esplicitato che a questo rapporto di lavoro si applicano le principali leggi relative alla tutela di lavoratori e lavoratrici, su controlli sanitari, malattia, sostegno alla maternità e alla paternità, legge 104, congedo straordinario per infermità e aspettativa per motivi di famiglia. In realtà, la loro previsione è sostanzialmente inscritta nella stessa definizione di lavoro subordinato, ma proprio per chiarire e rimarcare la loro nuova caratterizzazione, sarebbe utile richiamare espressamente i controlli sanitari previsti dal D. Lgs. n. 81/2008 a carico dell'Ateneo; il D. Lgs. 06.03.2001, n. 151 in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità; la Legge 05.02.1992, n. 104 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili; gli artt. 37, 40 e 68 del D.P.R. 10.01.1957, n. 3, e successive modificazioni, in materia di congedo straordinario e aspettativa per infermità; gli artt. 69 e 70 del D.P.R. 10.01.1957, n. 3, e successive modificazioni, in materia di aspettativa per motivi di famiglia. Inoltre, può esser utile precisare che il rapporto di lavoro è regolato dalle disposizioni vigenti in materia anche per quanto attiene il trattamento fiscale, assistenziale, previdenziale e assicurativo previsto per i redditi da lavoro dipendente, ed infine che l’Ateneo provvede alla copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali e la responsabilità civile.
  • È utile che nel Regolamento sia richiamata la nuova Carta Europea dei Ricercatori, adottata dal Consiglio Europeo il 18 dicembre 2023, con un espressa menzione dei principi generali dei suoi diversi pilastri. In relazione al Primo Pilastro (Etica, integrità, genere e scienza aperta), con particolare riguardo al punto 1 (I ricercatori dovrebbero conformarsi a rigorose norme etiche) e al punto 2 (La libertà della ricerca scientifica è un valore e un principio centrale comune per la cooperazione nel settore della ricerca all'interno dello Spazio europeo della ricerca e con partner internazionali….i ricercatori dovrebbero al contempo godere della libertà di pensiero, opinione ed espressione ed essere liberi di definire i temi da sottoporre a ricerca, di individuare i metodi per risolvere i problemi, di scegliere ed elaborare teorie, di mettere in discussione le opinioni comuni e proporre nuove idee, nonché di associarsi in organismi accademici professionali o rappresentativi. I ricercatori dovrebbero avere il diritto di diffondere e pubblicare i risultati delle loro ricerche anche attraverso attività di formazione e insegnamento. I ricercatori dovrebbero tuttavia riconoscere i limiti di questa libertà che potrebbero manifestarsi in particolari circostanze del progetto — tra cui supervisione/guida/gestione — o eventuali vincoli giuridici od operativi, dovuti ad esempio a diritti di proprietà intellettuale e a motivi di bilancio o infrastrutturali). In relazione al Secondo Pilastro (Valutazione dei ricercatori, assunzione e avanzamento), con particolare riguardo al punto 4, quando si richiama l’opportunità che i datori di lavoro dovrebbero elaborare strategie, pratiche e procedure per fornire ai ricercatori, ivi compresi quelli all'inizio della carriera, le condizioni di base necessarie perché possano godere del diritto di essere riconosciuti, elencati e/o citati, nell'ambito delle loro collaborazioni, come coautori di pubblicazioni, coinventori di brevetti, ecc. o di pubblicare i loro risultati in modo autonomo dai loro supervisori. In relazione al Terzo Pilastro (Condizioni e pratiche di lavoro), in relazione al punto 4 (Diffusione e valorizzazione dei risultati, Patrimonio intellettuale inclusi i diritti di proprietà intellettuale), quando si ricorda che i datori di lavoro dovrebbero garantire che i ricercatori in tutte le fasi della loro carriera siano adeguatamente compensati per i benefici risultanti dall'eventuale utilizzo dei risultati delle loro attività di ricerca e innovazione, ove appropriato garantendo la comproprietà dei diritti di proprietà intellettuale come il copyright. Tutti questi principi non sono dichiarazioni astratte, ma per ricercatori e ricercatrici a tempo determinato all’inizio della propria carriera sono diritti che possono essere messi concretamente in discussione tanto da alcune formulazioni regolamentari, quanto dalle prassi di gruppi ed équipe di ricerca. Per questo è importante richiamare questi principi e verificare che non siano presenti nel testo passaggi o previsioni in contraddizione in particolare con quanto prima richiamato su libertà di ricerca, riconoscimento dei propri prodotti, diritti di proprietà intellettuale.
  • La competenza disciplinare relativa a queste nuove figure dovrebbe essere regolata dal CCNL Istruzione e ricerca vigente, sottoscritto il 18/01/2024, con un esplicito richiamo al Titolo V (Responsabilità disciplinare) ed in particolare agli articoli 23 (Obblighi del dipendente), 24 (Sanzioni disciplinari), 25 (Codice disciplinare), 26 (Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare), 27 (Sospensione cautelare in caso di procedimento penale) e 28 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale). Tale riferimento piò esser richiamato in base all’articolo 1, comma 3 della Sequenza contrattuale sul contratto di ricerca ex art. 22 legge n. 240/2010 (art. 178, comma 1, lett. g del CCNL Istruzione e ricerca, sottoscritto il 18/01/2024), secondo cui ai contrasti non si estendono automaticamente tutte le altre norme contrattuali previste dal CCNL 18 gennaio 2024, ma possono appunto estendersi nel caso di scelta esplicita del Regolamento di Ateneo. Negli atenei non statali, è utile riferirsi alle vigenti norme di cui all’articolo 7 della Legge 20 maggio 1970, n. 300 (lo Statuto dei lavoratori), inerenti tra l’altro la contestazione dell’addebito, il diritto di difesa, il diritto all’assistenza, il collegio di arbitrato, ecc. In ogni caso, è utile che a questi lavoratori e lavoratrici non sia applicato l’articolo 10 della legge 30 dicembre 2010, n.240 (quello relativo alla docenza di ruolo), considerando che non sono inquadrati con rapporti di lavoro pubblicisti, anche per permettere ricorsi all’autorità giudiziaria presso il Giudice del lavoro e non presso il TAR. Come ogni dipendente dell’università, anche i Contrattisti di ricerca sono tenuti ad osservare e rispettare le disposizioni del Codice Etico e dei Codici di comportamento dell’Ateneo, come per le università pubbliche il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici adottato con Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, oltre che ad uniformarsi alle norme di protezione e sicurezza, anche in campo sanitario, in vigore presso il proprio Ateneo. La violazione di questi Codici costituisce ragione per avviare procedimento disciplinare, secondo quanto previsto dal CCNL Istruzione e ricerca e dalla legge 300/1970, senza mai costituire direttamente causa di licenziamento.
  • È importante che, sebbene questi rapporti di lavoro siano subordinati, non si preveda nei loro contratti un periodo di prova trimestrale: tale configurazione non è obbligatoria per questi rapporti di lavoro e contrasta con le specifiche caratteristiche dell’attività di ricerca. Abbiamo assistito in questi anni, infatti, al tentativo di procedere a risoluzioni di rapporti di lavoro a tempo determinato nell’ambito della ricerca universitaria attraverso questa procedura, che per la sua generalità e vaghezza rischia di aprire la strada non solo a distorsioni, ma anche a veri e propri ribaltamenti dei risultati della valutazione comparativa (soggetti a processi formali di verifica e anche di ricorso), tra l’altro a brevissima distanza di tempo dalla definizione di questi giudizi. In questo quadro, può esser utile prevedere la possibilità di riscontrare ragioni di giusta causa di recesso dal contratto per l’esplicito mancato rispetto di eventuali milestones o target di progetto, imputabili al contrattista e che prevedano un danno relativo al finanziamento, rilevabili in modo evidente da Relazioni periodiche dell’attività (ad esempio annuali), da approvare negli organi degli enti su cui il progetto è incardinato. In nessun caso, la semplice mancata approvazione da parte del responsabile scientifico della ricerca può costituire giusta causa di recesso dal contratto, senza una valutazione e un voto del Consiglio di Dipartimento, in cui sia possibile acquisire anche il parere del Contrattista. In ogni caso, cioè, è per noi fondamentale che eventuali valutazioni che comportano la conclusione del rapporto di lavoro non siano di competenza dei singoli Responsabili della ricerca, ma siano comunque in capo agli organi collegiali in cui il progetto è inquadrato (Consiglio di Dipartimento), che possano acquisire e valutare il punto di vista di tutte le parti coinvolte.
  • Il regolamento deve contenere le modalità di selezione che assicurino una valutazione comparativa, nell’ambito di una o più aree scientifiche rientranti nel medesimo gruppo scientifico-disciplinare (articolo 22, comma 3, legge 30 dicembre 2010, n.240). Per i titoli ai ci deve essere il possesso di quello di Dottore di ricerca o, per i settori interessati, di quello di specializzazione medica (articolo 22, comma 4, legge 30 dicembre 2010, n.240), o il loro conseguimento entro i sei mesi successivi alla data di pubblicazione del bando. È importante che l’esclusione prevista in questo comma per coloro che hanno fruito di contratti di cui all'articolo 24 [i Ricercatori a Tempo Determinato] sia esplicitata come esclusivamente in relazione al vigente articolo 24 della 30 dicembre 2010, n.240 (cioè, sia prevista in relazione all’articolo 24 come modificato dal D.L. 36/2022, convertito con L. 79/2022, solo per chi ha usufruito di un contratto da RTT, ma non per chi ha usufruito di un contratto da RTDa, a tempo determinato non in tenure track).
  • La sequenza contrattuale prevede una retribuzione compresa tra quella del Ricercatore a tempo definito e quella del Ricercatore a tempo pieno: cioè, alla data di oggi (non considerando ancora l’adeguamento ISTAT 2025, che sarà attribuito nel corso dell’estate/autunno 2025 ma a valere dal 1 gennaio 2025, con relativi arretrati) si prevede una retribuzione annua lordo dipendente minima di 28.283,94 euro (costo lordo amministrazione di 39.547,14 euro), massima di 39.706,71 euro (costo lordo amministrazione di 54.389,34 euro). L’articolo 2, comma 1, della Sequenza contrattuale sul contratto di ricerca ex art. 22 legge n. 240/2010 (art. 178, comma 1, lett. g del CCNL Istruzione e ricerca, sottoscritto il 18/01/2024) stabilisce espressamente che L'importo del contratto di ricerca di cui al all’art. 22, comma 6, della legge 240/2010 è definito dal singolo ente in ragione dell’impegno richiesto. La variazione della retribuzione, cioè, non può esser messa in relazione a generici o discrezionali livelli minimi, intermedi o massimi (come per gli Assegni di Ricerca), spesso definiti sulla base delle disponibilità più che sulla base del profilo richiesto, come non può esser collegata a criteri di complessità o altre caratteristiche del progetto di ricerca. La retribuzione, infatti, secondo la sequenza del CCNL che la regola secondo quanto disposto dall’articolo 22, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, deve variare esclusivamente in relazione all’impegno richiesto, che dato il rapporto di lavoro di carattere subordinato, non può che essere un impegno che si quantifica secondo l’orario previsto (forfettario, dato la caratteristica del lavoro di ricerca, e quindi variabile tra 750 e 1.500 ore annue, come per l’impegno di ricercatori e docenti di ruolo). Eventuali altri criteri o previsioni regolamentari, che prescindono dall’impegno del contrattista, sono di fatto una violazione del CCNL Istruzione e ricerca.
  • I Contratti di ricerca si possono stipulare ai fini dell'esclusivo svolgimento di specifici progetti di ricerca (articolo 22, comma 1, della vigente legge 30 dicembre 2010, n.240). Vuol dire che il rapporto di lavoro, con il regime di impegno e la retribuzione stabilita nel bando, è esclusivo e al contempo focalizzato sull’attività di ricerca prevista dal progetto e, di conseguenza, non può essere attribuito o regolato nell’ambito di questo rapporto di lavoro alcun ulteriore carico di lavoro, sia relativo all’impegno istituzionale, sia relativo alla terza missione, sia relativo ad eventuale attività didattica. Resta fermo, come per ogni altro lavoratore e lavoratrice dipendente dell’università (docente o tecnico amministrativo e bibliotecario), la possibilità individuale e soggettiva di svolgere attività extra-istituzionali nel proprio o in altri atenei, soggette ad autorizzazione, con relativa retribuzione (compresa l’eventuale partecipazione a bandi di insegnamento ex art. 23, legge 30 dicembre 2010, n.240). Qualunque tentativo di forzare, indirizzare o favorire tale previsione in un Regolamento è una forzatura inaccettabile, considerato il carattere e la precisa profilazione dell’attività con cui questo rapporto di lavoro è inquadrato nella vigente normativa.
  • Nelle procedure di cessazione del rapporto di lavoro, è utile precisare che il contrattista può recedere dalla propria attività con un preavviso di 30 giorni, non prevedendo quindi penali o restituzioni della retribuzione per recessi prima della conclusione del progetto di ricerca o del raggiungimento di determinate Milestones (come avvenuto nel caso di alcuni progetti europei: il mancato raggiungimento dei risultati e dei prodotti di un progetto di ricerca non può esser messo a carico di lavoratori e lavoratrici subordinati, che hanno comunque svolto il proprio incarico di lavoro durante i mesi in cui è stata erogata la loro retribuzione).

La FLC CGIL invita a segnalare eventuali altri interpretazioni, problematiche, controversie o dubbi che potessero sorgere nel percorso di elaborazione, discussione e approvazione di questi regolamenti

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