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L’espansione di Link University e gli esami on line: nuovi tentativi di sfondamento degli atenei telematici, ibridi e profit
Il governo distorce le regole ed erode il sistema universitario nazionale per far sopravvivere questo business. Stanno spegnendo l’università, arginiamoli!
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La primavera dello scorso anno abbiamo acceso i riflettori su quanto stava accadendo nel mondo delle università telematiche, ibride e profit, con la presentazione del rapporto Il Piano inclinato. Per noi non è in discussione la didattica on line (sul cui uso, utilità e strumenti è aperta un’articolata discussione nelle comunità universitarie in tutto il mondo), ma l’affermarsi di un modello che negli ultimi sei anni ha preso piede nel nostro paese. Un modello sviluppato su tre direttrici:
- atenei profit (non solo per vocazione ma dal 2019 anche per profilo giuridico), con una centralizzazione della gestione e un’organizzazione didattica curvata ad obbiettivi di mercato, ledendo non solo la libertà di insegnamento e ricerca, ma mettendo a rischio profilo e consistenza dei titoli rilasciati;
- corsi di studio sostenuti da un accompagnamento agli esami, gestito spesso da centinaia di centri orientamento e apprendimento sul territorio in franchising, con esami on line, standardizzati e la disponibilità panieri di risposte, che trovano ampia circolazione nelle chat di questi centri (stile esami della patente), fuori e contro l’attuale normativa;
- corsi di studio ibridi, formalmente in presenza, ma che si inquadrano in supposte Experience che garantiscano che tutti gli insegnamenti siano erogati sia in presenza, nel pieno rispetto delle normative vigenti, sia nella propria città di residenza, in modo facile e accessibile mediante nuove infrastrutture tecnologiche e telematiche.
Gli atenei che hanno adottato questo modello hanno visto in questi anni una notevole espansione: nel 2010 gli iscritti alle 11 università telematiche erano circa 20.000, dieci anni fa 60.000 (al nadir delle iscrizioni complessive alle università italiana, 1,65 milioni di studentə), nel 2022/23 erano 250.000 e lo scorso anno accademico 275.000 (su 1,96 milioni di studentə). In dieci anni la crescita è stata di oltre il 400%, con la capacitò di convogliare nei loro corsi oltre due terzi del recupero degli iscritti al sistema universitario nazionale dal 2015 ad oggi, dopo la grande contrazione dei tagli di Tremonti e Gelmini. Il gruppo Multiversity (Pegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma), secondo i dati USTAT aggiornati, raggiunge i 170.000 iscritti (di gran lunga la più grande realtà universitaria del paese), in crescita significativa dallo scorso anno (dove era sotto i 140.000). Il cosiddetto Gruppo Polidori (E-Campus e l’ateneo in presenza Link), di gran lunga il secondo per dimensioni tra queste realtà, è invece in calo: da 50.000 a 44.000 iscritti, quasi tutti nell’ateneo telematico, nonostante la ripresa di Link con la recente apertura di diversi corsi di laurea. Questo successo, in ogni caso, è concentrato su un pugno di atenei e sostanzialmente su due soli soggetti, mentre UniCusano (l’ateneo noto anche per il suo fondatore, Bandecchi) è in questi anni stabile intorno ai 20.000 iscritti (con un calo, in realtà, a 18.400 nel 2023/24).
Questo successo è in diretta relazione con le politiche che in questi anni sono state condotte sull’università pubblica: da una parte il deciso de-finanziamento (circa sette miliardi di euro annui in meno rispetto alla media UE sul PIL), con il mancato adeguamento all’inflazione e persino i tagli nel 2024; dall’altra gli indirizzi di bilancio (contenuti ad esempio nel DL 49/2012, Disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei), che hanno portato alla chiusura di larga parte dei corsi serali, al deciso aumento della tassazione per gli studentə fuori corso, all’espulsione di lavoratori e lavoratrici dai corsi di studi. Lo sviluppo degli atenei telematici, profit e ibridi ha costruito in questi anni un mercato degradato della formazione terziaria e dei titoli: senza controllo, in constante violazione e quindi in erosione delle sue norme di riferimento, con il rischio oggi di esitare in una sostanziale disgregazione del sistema universitario nazionale.
Il governo Meloni, invece che rispondere alle segnalazioni di deformazioni e violazioni che abbiamo avanzato negli ultimi due anni, invece di reagire di fronte alla crescente attenzione mediatica che si è dispiegata in questi stessi anni, ha replicato attraverso la Ministra Bernini con un decreto dello scorso dicembre, che ha scontato agli atenei telematici oltre mille docenti (come riconosciuto dall’ANVUR), aprendo anche ad un possibile uso degli esami on line e, persino, a determinazione dei suoi formati da parte degli atenei (al posto dei docenti titolari del corso).
Questi atenei, forti di questa oggettiva copertura politica, stanno quindi rilanciando la propria iniziativa. In primo luogo, per confermare il proprio modello, nonostante le coperture mediatiche non esattamente favorevoli dei mesi scorsi. Così, oltre alla ripresa di nuove campagne di sconti, promozioni ed occasioni immancabili per l’iscrizione alle telematiche (oramai un vero e proprio mercato dei titoli senza più imbarazzi e vergogne), la Link Campus University Experience sta costruendo una sua decisa espansione: dopo che la CEPU di Francesco Polidori (patron di e-Campus, una delle principali università telematiche) ha acquisito nel 2020 l’ateneo (allora con una ventina di docenti di ruolo e poche centinaia di iscritti, diversi processi aperti e un focus su corsi di scienze politiche, sicurezza, comunicazione e gestione aziendale), sono stati aperti Scienze della formazione primaria (LM-85 bis), Medicina e Chirurgia (LM-41), Infermieristica (L/SNT1), Fisioterapia(L/SNT2), Osteopatia (L/SNT4) (L/SNT2), Odontoiatria (LM-46), Tecniche di laboratorio biomedico (L/SNT3), Tecniche di radiologia medica per immagini e radioterapia (L/SNT3). Oggi in ateneo ci sono circa 200 docenti di ruolo e negli ultimi due anni, oltre alla nuova sede di Città di Castello (che si aggiunge a quelle storiche di Roma e Napoli), ha previsto nuovi corsi sanitari a Crotone (poi in realtà aperta come Sede interateneo di Medicina delle Università della Calabria e Magna Grecia di Catanzaro) e nelle Marche, dove ha incontrato la decisa opposizione di CGIL, FLC e ADI, oltre che di diverse realtà studentesche. Anche l’arrivo nella Marche sembra per ora sospeso, ma l’obbiettivo dell’espansione territoriale dei suoi corsi di studi è evidente.
Agli atenei profit, telematici e ibridi, però, tutto questo non basta. Il loro modello di business è in realtà fragile. In questi anni sono stati e sono tuttora necessari investimenti molto significativi, a partire da una massiccia assunzione di personale docente di ruolo, con un profilo pubblicistico, quindi a tempo indeterminato e non licenziabile, per abbassare un rapporto con gli studentə diventato semplicemente insostenibile (1 a oltre 380, a fronte di un rapporto 1 a 30 negli altri atenei). Questa crescita strutturale dei costi potrà esser ammortizzata solo se gli attuali margini di profitto saranno mantenuti nel tempo, con un consolidamento ed anzi una continua espansione degli iscritti. Per assicurarsi questo risultato, questi atenei devono allora mantenere e stabilizzare il proprio vantaggio competitivo con il resto del sistema universitario nazionale: cioè, oltre ad assicurarsi standard di favore (come gli ha regalato la Ministra Bernini, cambiando la normativa di riferimento che era stata definita dalla precedente Ministra Messa), hanno bisogno di altre due cose. Primo, che si modifichi l’attuale legge e si permetta un vero e proprio sdoganamento formale degli esami on line (in quest’anno accademico tuttora portati avanti fuori e contro la normativa, nonostante i nostri richiami e le preoccupazioni del Ministero): il modello di business delle sedi distaccate e dell’accompagnamento agli esami, le decine di migliaia di iscritti ad un singolo corso di laurea, possono infatti reggere solo se si riesce a far sopravvivere un sistema di esami on line, standardizzato e su risposte multiple, da accompagnare con relative supporti e panieri. Secondo, ma non secondario, serve che i corsi di laurea che si possono offrire on line si moltiplichino, in particolare in alcuni settori professionali. Oggi la normativa esclude un offerta telematica o prevalentemente telematica di corsi che hanno specifici obbiettivi formativi professionali, particolari attività pratiche e di tirocinio, la frequenza di laboratori ad alta specializzazione o che sono disciplinati da particolari disposizioni normative italiane o dell’Unione Europea (come ad esempio Medicina). Il mercato dei 24, 30 o 60 CFU per gli insegnanti, la Link Campus University Experience; i corsi più gettonati di Multiversity (vedi Scienze Motorie L-22) indicano infatti con evidenza che un’area di espansione decisiva è quello su specifiche filiere professionali. Per questo, si preme oggi per forzare gli attuali argini della normativa, romperli e poter dilagare in nuovi settori con la formazione on line.
La fucina dei gruppi di lavoro ministeriali è sempre a disposizione e teniamo quindi che a breve usciranno quindi nuove disposizioni e nuove proposte di legge. Lanciamo allora oggi un allarme a tutta la comunità universitaria, al CUN, ai Magnifici rettori che in questi mesi hanno speso parole chiare sui rischi delle telematiche, al mondo dell’informazione e a quello della politica: il momento di prendere posizioni inequivocabili e contrastare queste derive è ora, prima che sia troppo tardi.
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