La visita del Papa alla Sapienza
Intolleranti veri e falsa democrazia.
I fatti dei giorni scorsi relativi alla visita del Papa alla Sapienza rivelano un clima preoccupante di intolleranza e di assenza di senso dell’equilibrio.
I fatti: il Rettore della Sapienza invita il Papa a presenziare all’inaugurazione dell’Anno Accademico; un gruppo di docenti manifesta, con lettera interna al Rettore, un giudizio di inopportunità circa tale invito. E’ del tutto evidente che in questi primi due atti, del tutto legittimi, si scorge una divaricazione culturale sulla quale sarebbe stato opportuno quanto meno riflettere con ponderazione. Il Papa accetta l’invito, viene reiterata la contrarietà a tale scelta, e su di essa comincia a montare un’opposizione attiva da parte di organizzazioni studentesche che annunciano proteste.
Certamente il Papa non ha colpe se accetta un invito, né si può imputargli di manifestare le proprie opinioni, che sono note, e che rappresentano per l’appunto la ragione per la quale l’invito è considerato inopportuno. Né si può far carico a docenti e studenti di rifiuto del dialogo o di prevaricazione, se leggono nella presenza di questo Papa un messaggio contrario alla loro visione di sviluppo umano, di cultura e di scienza. Non ci pare che fin qui si sia violata alcuna regola di democrazia: chi non è d’accordo contesta tale scelta con metodi che sono propri della nostra dialettica sociale. Peraltro, l’accusa di non voler permettere al Papa di parlare appare quanto meno singolare, visto che parla tutti i giorni su tutti i media.
A nostro avviso la responsabilità dell’accaduto va posta in capo al Rettore e all’Università: sarebbe stato saggio pesare accuratamente le ragioni del dissenso, che non sono evidentemente banali, perchè attengono a radici culturali e sensibilità profondamente diverse. In discussione non è il diritto del Papa a parlare, cosa che fa, come si è detto, quando e dove vuole, e rispetto a cui un discorso alla “Sapienza” nulla toglie e nulla aggiunge. In discussione è una scelta che assume un valore simbolico, o almeno così viene percepita, nell’ospitare nella massima sede della cultura laica il rappresentante di una cultura confessionale che in tante occasioni si pone in esplicito conflitto con la moderna visione di scienza. Era compito degli organi di governo dell’Università evitare di creare l’occasione perché tale conflitto potesse manifestarsi esplicitamente sotto forma di contestazione attiva.
Ma l’aspetto politicamente più preoccupante riguarda la gestione della vicenda: per giorni interi, giornali e telegiornali hanno riempito le prime pagine con reportage martellanti. Tutte le altre notizie sono evaporate, e perfino l’emergenza rifiuti in Campania è stata relegata in sesta pagina. E’ quella che Marco Travaglio chiama “ la scomparsa dei fatti”.
E quando il Vaticano, con antica prudenza, ha deciso di annullare la visita, il Parlamento italiano è stato attraversato da una discussione con toni da crociata, piena di un’insensatezza politica da far venire i brividi, e i cui strascichi continuano in questi giorni a manifestarsi: c’è chi ha chiesto il licenziamento dei docenti “colpevoli” di lesa Maestà; e in Parlamento l’opposizione mette in discussione la nomina a Presidente del CNR del prof. Majani, fisico dal curriculum impeccabile, perché firmatario della lettera.
Mette addosso sconforto e tristezza pensare che cosa sarebbe accaduto in condizioni analoghe in un Paese “normale”, mettiamo la Francia o l’Inghilterra. Ci auguriamo che la comunità universitaria abbia la lucidità, l’autorevolezza e il buonsenso di riportare i fatti alle loro vere dimensioni e ragioni, e che non abbandoni quei docenti al linciaggio morale degli spiriti animali.
Roma, 18 gennaio 2008
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