FLC CGIL

15:00

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Si riprende nel pomeriggio con i gruppi di lavoro. Presentiamo le schede di presentazione dei lavori:

CONOSCENZA, SVILUPPO, LAVORO

Siamo al cuore della strategia della CGIL.

Il lavoro è il punto di vista a partire dal quale avanziamo le nostre proposte programmatiche, lo sviluppo e la sua qualità sociale sono l’obiettivo che perseguiamo, la conoscenza è la risorsa fondamentale e insieme il motore che lo alimenta.

La CGIL per prima attraverso per prima ha denunciato il rischio di declino del paese ed è stata protagonista delle lotte contro il modello di sviluppo basato sulla riduzione dei costi e dei diritti.

Il fallimento di questo progetto, attestato da tassi di crescita dell’economia fermi ormai da quattro anni, rivela la dimensione strutturale della crisi economica del paese, il cui modello di specializzazione produttiva è obsoleto, sempre più esposto alla concorrenza dei paesi emergenti.

L’economia italiana è compressa in una sorta di morsa competitiva, perde sia sul terreno dell’innovazione nei confronti dei paesi sviluppati che hanno investito in formazione e ricerca, sia sul terreno dei bassi costi perchè le produzioni mature possono essere realizzate altrove a costi per noi irrealizzabili.

Per andare oltre il declino non ci sono scorciatoie ma un'unica strada che passa da Lisbona, dove nel 2000 l’Unione Europea ha indicato gli obiettivi da raggiungere entro il 2010 per fare dell’economia europea la più dinamica e competitiva del mondo.

Le scelte di Lisbona sono il risultato di un’Europa che vede arretrare la sua competitività, la sua capacità di crescita e di creare posti di lavoro (l’Italia si distingue in termini negativi) e che individua come unica soluzione possibile per tornare a crescere la qualità dello sviluppo.

Per competere nel mondo globalizzato l’Europa ha deciso di puntare sulla formazione, la ricerca e l’innovazione attraverso tre obiettivi strategici: migliorare qualità e efficacia dell’istruzione, facilitare l’accesso a tutti, aprire i sistemi formativi al mondo.

Di qui gli obiettivi concreti che ogni paese deve raggiungere entro il 2010: almeno il 30% di servizi educativi per l’infanzia (l’Italia è al 7-8%), almeno l’85% di giovani per fascia di età che raggiunge il diploma di secondaria superiore (l’Italia è a circa il 75%), un tasso di abbandono scolastico inferiore al 10%, almeno il 12,5% della popolazione attiva (tra 25 e 64 anni) di partecipazione all’ educazione degli adulti (l’Italia è al 4%), investimenti per la ricerca pari al 3% del PIL (l’Italia è all’1%).

Il deficit formativo italiano è pesante, per reagire al declino non c’è tempo da perdere, si deve investire in modo prioritario nel capitale umano, innalzare i livelli di sapere di tutti quale motore fondamentale dello sviluppo.

Occorrono risorse e riforme per rendere più inclusivo il nostro sistema formativo e per rilanciare la ricerca e l’innovazione: di questo parla il nostro programma.

Con il gruppo di lavoro di oggi vogliamo ulteriormente approfondire le connessioni tra conoscenza e sviluppo.

In particolare vogliamo affrontare la questione di come superare il circolo vizioso che si è creato tra economia depressa e richiesta di manodopera dequalificata e che ostacolo lo sviluppo di politiche centrate sulla formazione, la ricerca e l’innovazione.

Occorre valutare, a questo proposito, quale ruolo possono svolgere la programmazione negoziata e i patti territoriali per lo sviluppo, a supporto dei quali le parti sociali e il coordinamento delle regioni stanno raggiungendo una significativa intesa.

Si tratta di realizzare intese finalizzate a costruire la rete in grado far agire in modo coordinato università, centri di ricerca, imprese, sistema creditizio in modo far diventare il sapere innovazione e trasferimento tecnologico e da coniugare le conoscenze formali con i saperi informali e le vocazioni storiche di quel determinato territorio.

Dobbiamo poi domandarci quale formazione serve per il lavoro nell’economia della conoscenza.

La qualità dello sviluppo si basa sulla qualità del lavoro, le risorse strategiche per la competitività e lo sviluppo dipendono sempre più dalle conoscenze e competenze delle presone che lavorano, contano più le teste ben fatte dei lavoratori ben addestrati.

Non servono quindi specializzazioni professionali precoci, rigide e settoriali, destinate ad una rapida obsolescenza per le difficoltà che incontrano ad essere trasferite e adattate al continuo mutare delle tecnologie e delle modalità della produzione.

La formazione necessaria per il lavoro che cambia deve coniugare competenze professionali e formazione culturale di base alta per ottenere quelle capacità ormai considerate diffusamente indispensabili per ogni tipo di lavoro quali la flessibilità mentale, l’autonomia decisionale, la capacità di assunzione di responsabilità.

In questo quadro appare evidente che la contrapposizione tra formazione per la cittadinanza e la formazione per il lavoro non ha più senso, così come la canalizzazione precoce e il modello duale introdotti dalla Legge 53 non rispondono alle esigenze di un paese avanzato.

Quali sono allora le caratteristiche e i percorsi della formazione per il lavoro ? Questo è l’altro tema di approfondimento del gruppo di lavoro.

Gruppo di lavoro “Conoscenza e diritti”.

Il periodo di tempo che passa dalla nascita della nuova organizzazione è stato politicamente impegnativo, siamo stati in trincea contro la politica governativa sia dentro la Confederazione per i temi generali, sia – avendo a fianco la Confederazione – sui temi specifici di nostra competenza.Il nesso tra i due piani è apparso subito chiaro: la politica seguita dal Ministro Moratti è apparsa strettamente funzionale alla politica generale seguita dal Presidente del Consiglio. La nuova gerarchizzazione degli studi scolastici e tra i docenti; il ricorrente tentativo di rifondare uno stretto controllo centrale sull’intero sistema; la decurtazione dei finanziamenti all’Università e alla ricerca pubblica; l’opposizione alla creazione di uno spazio europeo della ricerca sono solo alcuni momenti della politica complessiva del Ministero che funzionali ad un modello di sviluppo fondato sul dumping sociale e su una ricollocazione dell’Italia nella divisione internazionale del lavoro. Di qui, l’individuazione di uno dei temi della discussione nel rapporto tra conoscenza e diritti. Da un lato, la conoscenza come oggetto di diritto; alla luce del principio di eguaglianza sostanziale è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana ed è noto che il più formidabile ostacolo a questo sviluppo è appunto la mancanza di conoscenza, della capacità di leggere gli avvenimenti che influiscono sulla propria condizione lavorativa e sulla propria condizione sociale.. Ma questa tradizionale dimensione individuale del diritto allo studio, all’acquisizione della conoscenza non è più sufficiente. Oggi, dobbiamo aggiungere un’altra dimensione – che non nega, ma integra la prima – se assumiamo come modello quello della società della conoscenza, allora la diffusione di massa dei saperi critici è interesse della società nella sua interezza.

LA CONOSCENZA COME BENE COMUNE

I beni comuni costituiscono uno strumento essenziale della solidarietà sociale, per la redistribuzione delle ricchezze sociali, per l’esercizio dei diritti di cittadinanza.

E’ l’essenzialità e l’insostituibilità per la vita e per il vivere insieme di beni come l’acqua, l’aria, la terra, le foreste, ma anche pace, giustizia, conoscenza, istruzione, salute, che identificano i beni comuni.

C’è però, a livello mondiale, una forte offensiva per trasformare questi beni in merci da sottoporre a regole di mercato:

• Gli accordi GATS (accordo generale sul commercio nei servizi) si pongono l’obiettivo di estendere ai mercati molti servizi fra cui l’istruzione

• La Direttiva Bolkenstein, in discussione a livello europeo, apre alla concorrenza e alla privatizzazione istruzione e sanità

• Le leggi Moratti nella scuola, nell’università e nella ricerca si muovono dentro questa logica di mercato

Il modello sociale europeo e la nostra Costituzione difendono la conoscenza come bene universale che può riequilibrare le differenze sociali. Per questo noi ci battiamo per politiche inclusive che investano nel bene comune della conoscenza e rivendichiamo l’esclusione dell’istruzione da ogni processo di mercificazione che deriva da politiche neoliberiste, causa di disuguaglianze economiche e sociali.

Saremo a Bruxelles il 19 marzo a manifestare insieme alle altre forze sociali, per l’Europa sociale e per il ritiro della Direttiva Bolkenstein.