FLC CGIL

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Le conclusioni dei nostri lavori sono affidati a Marco Broccari vice segretario generale della FLC che ha sottolineato come i contributi degli interventi hanno bene inquadrato un problema molto complesso, i temi chiave hanno differenziato le nostre proposte e la realtà non felice, troppa distanza tra quello che c'è e quello che dovrebbe esserci. La conoscenza, i saperi sono da sottolineare come aspettative di vita; ci deve essere un obbligo formativo come diritto di cittadinanza. C'è relazione tra la conoscenza e il modello di sviluppo del Paese, gli esempi di degrado sono da mettere in relazione alla carenza di formazione.

Il sistema dell'inclusione del nostro Paese deve contenere un programma di sapere. Lo scenario descritto oggi è in contrapposizione con quello che noi intendiamo, una scuola, una università di massa che hanno portato con sé una inevitabile necessità di cambiamento, c'è una caduta di sacralità dell'istruzione e di chi ci lavora. Si inserisce in questo ragionamento un adeguamento del principio di istruzione, c'è un ruolo della scuola e dell'università a cui non corrispondono le aspettative del mondo del lavoro a differenza di quello che succedeva negli anni '60. Intendiamo nel nostro percorso invertire questo processo, c'è una necessità di un recupero del processo formativo anche se oggi in molti si stanno adeguando alla situazione. La natura prevalentemente pubblica dell'istruzione negli utlimi anni sta cambiando nell'accettazione del cittadino. Il termine inclusione e lotta alla dispersione sono stati utilizzati oggi come alternativi, invece dobbiamo considerare l'inclusione come qualcosa di più forte: conquista di una condizione di cittadinanza matura. La scuola è un diritto universale a cui accedono tutti, si presenta un ambito diverso come inclusione rispetto all'Università che è sì di massa, ma non per tutti.

Ci devono esssere quindi qualità di azioni di sostegno nell'università in modo diverso rispetto alla scuola. Il diritto di apprendimento, l'obbligo a 18 anni ci fa collocare a quel punto il ruolo dello Stato. Successivamente l'impegno è diverso e quindi anche l'approccio deve essere diverso.

Integrazione dei sistemi: ragionando dell'inclusione non è giusto far carico alla scuola di impegni per azioni di recupero sulla dispersione, laddove ci deve essere un ruolo fondamentale del territorio, bisogna creare progetti di coordinamento. Il territorio deve essere strumento regolatore, non ci possono essere soluzioni uniche ma responsabilità anche politiche locali. Nell'integrità dei cicli formativi non si devono avere segmentazioni, si è creato un forte gap tra l'offerta formativa del secondo grado e l'accesso all'università.

Il tema dell'autonomia non va arricchito solo nel sistema scuola e università, ma deve svilupparsi nel sistema decisionale dall'alto, oggi il ministero mette a dura prova, e quasi vanifica, le suindicate autonomie.

Rapporto con il mercato del lavoro: un sistema formativo deve creare un accreditamento con il mercato del lavoro. Non possiamo fornire formazione che non duri nel tempo: formazione continua.

Massa e qualità: dobbiamo riconoscere che non è risolto il nodo tra istruzione di massa e qualità; una soluzione è stata l'inclusione, che non basta ancora, anche perchè contemporaneamente abbiamo avuto un abbassamento della qualità che non si può accettare. L'accesso di massa deve essere accompagnato da una qualità media dell'istruzione.

Un seminario dell'inclusione su di un territorio come quello di Napoli, mette in evidenza, come quale altra istituzione, se non la scuola, può farsi carico di una tenuta civile di un Paese con il suo rapporto quotidiano con la società.