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Il Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università, il gioco delle tre carte della Bernini e la flessibilità nello sfruttamento dei precari

A proposito delle recenti dichiarazioni della Ministra dell’Università e della CRUI.

21/02/2025
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La Ministra Bernini, con un colpo da teatro dell’assurdo, ha smentito anche l’aritmetica elementare e sbandierato il grande successo dell’aumento del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università per il 2025. Il decreto di assegnazione di quel fondo usualmente esce a luglio: le pressioni delle mobilitazioni e del dibattito sui tagli all’università che si è sviluppato in questi mesi deve aver fatto cresce una certa ansia negli ambienti ministeriali, portando ad un’insolita politica di battute e annunci che lascia in primo luogo sbigottiti per la sua irritualità.

Il merito, comunque, non è da meno. Ci sentiamo infatti di affermare, senza tema di smentita, che si tratta di una mistificazione della realtà. Il FFO per l’anno 2023 ammontava a circa 9,2 miliardi. A questo stanziamento nel 2024, per effetto della legge di bilancio 2022 (governo precedente) si sarebbe dovuto sommare un aumento di 340 milioni, a cui nel 2025 si sarebbero dovuti aggiungere altri 50 milioni e nel 2026 ancora altri 50. Questo era infatti il Piano di assunzioni straordinarie avviato dalla Ministra Messa, che avrebbe dovuto in cinque anni allargare gli organici degli atenei di circa 8.000 docenti e 5.000 tecnici, amministrativi e bibliotecari (recuperando parzialmente i tagli del decennio precedente).

Quindi senza ulteriori interventi del governo, solo per previsione e stanziamento di precedenti dispositivi di legge, il FFO nel 2024 sarebbe dovuto automaticamente diventare di circa 9,5 miliardi nell’anno 2024 e quasi 9,6 miliardi nel 2025. Il fondo 2024 è stato in realtà di 9 miliardi nel 2024, oggi per il 2025 viene annunciato con grande giubilo che sarà di ben 9,3 miliardi. Il record come lo chiama la Ministra, è servito.  Nei due anni, come avevamo già scritto, si registra un taglio di oltre 600 milioni di euro, mentre per il 2025 in ogni caso il FFO sarà inferiore a quello che la legge del 2022 aveva previsto. In pratica, il nuovo stanziamento di quest’anno recupera semplicemente i fondi del piano straordinario negati lo scorso anno (340 mln di euro), non prevede l’ulteriore aumento di 50 mln di euro e non recupera i 170 milioni di euro di spese correnti tagliati lo scorso anno. Un record, appunto.

Facendo bene i conti, comunque, c’è dell’altro: rispetto al 2023, mancano per ogni anno più di 300 milioni di euro per coprire gli adeguamenti stipendiali del personale TA e docente, altrettanti ne serviranno dal prossimo anno. Seicento milioni di spese in più, ad organici invariati, senza contare l’aumento delle altre spese dovute all’inflazione. Dove le prenderanno gli atenei queste risorse? Facile: bloccheranno le prese di servizio (come hanno già fatto alcuni atenei per il 2025) e taglieranno un po' dagli stipendi, con l’autoriduzione del turn over (alcuni atenei hanno già deliberato in tale senso), oltre che provare ad alzare le entrate con l’aumento del gettito da tassazione studentesca (come al solito).

Un record però la Ministra Bernini lo ha raggiunto: mai nell’università italiana c’è stato un così grande numero di precari. Più di 30 mila persone, di cui al 75% assegnisti con una retribuzione lordo ente di 25mila euro annui. La Ministra però non è ancora contenta dei record e si appresta ai miracoli: diminuire la precarietà aumentando le forme di lavoro precarie. Il disegno di legge 1240, che voleva tra l’altro confermare gli assegni con le loro infime tutele e retribuzioni, è stato per ora bloccato in Parlamento per la “veemente protesta di sindacati e ricercatori”,  in verità per l’assoluta incoerenza con gli impegni presi dal nostro paese in sede europea (come abbiamo denunciato nell’esposto alla commissione). Quel disegno di legge, infatti, vorrebbe introdurre molteplici figure precarie con nessuna tutela e nessun diritto. Il suo blocco è un primo e significativo risultato della mobilitazione di questi mesi e anche dell’azione di questo sindacato, che rivendichiamo pienamente.

La CRUI, rispondendo alle ripetute e pressanti richieste pubbliche della Ministra, ha oggi dichiarato il proprio sostengo alla necessità di nuove flessibilità nel pre-ruolo universitario e specificamente nella proposta del Ddl 1240. La chiamano flessibilità anche i Rettori (sic!). Gli stati di confusione di questo organismo non solo proseguono, ma oggi si piegano alle richieste e alle volontà del governo (alla faccia di ogni difesa dell’autonomia del sistema universitario italiano). Che università volete, cari rettori e care rettrici? Quella dello sfruttamento mascherato da flessibilità? Quella dei giovani che scappano dal nostro paese? Quella dei pochi garantiti e dei tanti, troppi sfruttati? Quando chiedete flessibilità, questo è quello che avrete.

Noi non ci arrendiamo, non lo faremo mai. Abbiamo presentato un piano straordinario per la stabilizzazione dei precari dell’università su questo ci vogliamo confrontare.  Aumentare gli investimenti per avvicinarci all’Europa, eliminare il precariato salvaguardando i precari. Non abbiamo bisogno di record, propaganda e miracoli ma di politica, rispetto e verità. Per l’università pubblica di questo paese, per chi ci studia e per chi ci lavora.

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