Sperimentazione percorsi quadriennali della scuola secondaria di II grado: Ministero in fuga
Alla Ministra Giannini non interessa alcuna discussione né con i sindacati né con gli organi consultivi istituzionali.
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Come già ampiamente rendicontato su questo sito, nell’ultima riunione del Consiglio Superiore della Pubblica istruzione (CSPI) era in discussione lo schema di decreto ministeriale sull’attivazione di una sperimentazione nazionale relativa all’avvio, nel prossimo anno scolastico, di 60 classi prime delle varie filiere della secondaria di II grado con percorsi di durata quadriennali. Elementi distintivi della sperimentazione erano:
- la costituzione di classi con un numero ridotto di studenti (da 15 a 25)
- il raggiungimento degli obiettivi specifici di apprendimento e delle competenze previsti dai vigenti ordinamenti per il quinto anno di corso, entro il termine del quarto anno
- l’insegnamento di tutte le discipline previste dall'indirizzo di studi di riferimento anche attraverso il ricorso alla flessibilità didattica e organizzativa consentita dalla normativa sull’autonomia scolastica
- l'insegnamento di almeno una disciplina non linguistica con metodologia CLIL, a partire dal terzo anno di corso
- l’adeguamento e rimodulazione del calendario scolastico e dell'orario settimanale delle lezioni
- la partecipazione degli studenti a progetti di valorizzazione delle eccellenze, internazionalizzazione e mobilità studentesca.
Con un comportamento di una gravità senza precedenti, dapprima i rappresentanti dell’Amministrazione si sono presentati a ranghi ridottissimi e dopo, con l’attiva collaborazione dei rappresentanti dell’ANP, hanno fatto mancare il numero legale necessario per esprimere un qualsivoglia parere.
Ma quali erano i punti su cui si chiedeva di discutere?
Innanzitutto quali fossero le motivazioni, le finalità e il quadro valoriale della sperimentazione. Il “Piano nazionale di innovazione ordinamentale per la sperimentazione di percorsi quadriennali di istruzione secondaria di secondo grado” non prevede alcuna sostanziale innovazione né dei piani di studio, né delle discipline, né dei contenuti culturali. Di fatto il perimetro appare quello angusto, e con fondamenti educativi labili o inesistenti, che prevede di realizzare sic et simpliciter quanto previsto dagli attuali ordinamenti in quattro anni invece che in cinque. Tutto questo sarebbe attuato in primis attraverso una rimodulazione del monte ore annuale utilizzando gli strumenti dell’autonomia didattica e organizzativa e le quote di curricolo riservate alle singole istituzioni scolastiche.
Inoltre, poiché lo schema di decreto sembra disegnare percorsi elitari per studenti “eccellenti” (ignote le modalità di iscrizione dei ragazzi che pure rientrano nell’obbligo di istruzione; del tutto bypassata la tematica della disabilità; indicazione, tra i requisiti di accesso alla classe, della disponibilità degli studenti a partecipare a progetti di valorizzazione delle eccellenze, di internazionalizzazione e mobilità studentesca, ecc.), si chiedeva di costituire le classi secondo le normali procedure con un rafforzamento degli elementi di equità e parità di accesso:
- escludere a priori requisiti discriminatori e qualsiasi forma di selezione degli studenti utilizzando lo strumento del sorteggio nel caso di numero di richieste eccedenti
- prevedere che gli studenti disabili, nel numero previsto dalle norme vigenti, abbiano priorità nell’accesso alle classi sperimentali
- prevedere classi costituite secondo i parametri numerici ordinari
Infine, premesso che la totale assenza di un’attenta valutazione delle inevitabili conseguenze ed effetti su tutto il percorso scolastico della riduzione di un anno della secondaria di II grado, potrebbe accentuare una rigida separazione e incomunicabilità dei cicli scolastici, si chiedeva di:
- conoscere gli esiti da un punto di vista qualitativo e quantitativo, delle sperimentazioni dei quadriennali avviate negli scorsi anni in scuole statali e paritarie
- aprire un’ampia discussione che veda la partecipazione e il coinvolgimento di tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti, tenuto conto dell’importanza da un punto di vista politico, sociale, pedagogico e culturale della problematica connessa alla durata dei cicli scolastici.
A fronte di opinioni diverse, ma che dovevano essere discusse anche nel CSPI, abbiamo assistito ad uno spettacolo indecoroso e irresponsabile. È ormai chiaro a tutti: quando si tratta di scelte importanti, a questa ministra non interessa alcuna discussione né con i sindacati e neanche con gli organi di rappresentanza professionale istituzionalmente previsti. L’incapacità di confrontarsi anche aspramente con chi la pensa diversamente e prendere decisioni in oscuri gruppi di lavoro senza una valutazione condivisa delle sperimentazioni, sono tratti emblematici, da un lato, della debolezza politica e culturale in cui versa il MIUR e, dall’altro, di un’idea autoritaria che nega spazi di partecipazione. Continueremo la discussione sulle nostre opinioni nelle scuole coinvolgendo dirigenti scolastici, docenti e personale ATA.
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