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Scuola. La distribuzione dei docenti per regione

La proposta della Conferenza delle regioni presentata oggi ai sindacati scuola. Si comincia a discutere dei parametri per calcolare l'organico. La FLC chiede che siano chiarite e condivise prima di tutto le finalità del sistema di istruzione pubblico. Superare i tagli, migliorare l’uso delle risorse.

21/09/2011
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In un incontro che si è svolto oggi, 21 settembre, la Commissione Istruzione della Conferenza Unificata ha presentato ai sindacati scuola “La proposta dei nuovi criteri di riparto degli organici del personale docente alle regioni”. Infatti, in base alla riforma del Titolo V della Costituzione la programmazione dell’offerta formativa sul territorio è una competenza esclusiva delle regioni.

Contenuti della proposta

La ripartizione tiene conto della situazione di fatto degli organici docenti al primo gennaio 2011 e si basa essenzialmente su tre parametri: 

  1. ore di lezione per classe/alunni per classe;
  2. iscritti alle scuole statali;
  3. ore settimanali per insegnante.

A questi parametri di “base” si aggiungono alcuni correttivi organizzativi e socio-territoriali:

  • alunni iscritti tempo pieno/prolungato in ciascuna regione (10%);
  • alunni iscritti nei tecnici/professionali per compresenza docenti nei laboratori (11%);
  • risultati dei test INVALSI e PISA al 4%;
  • PIL regionale 1%;
  • densità abitativa (1,5%);
  • residenti comuni montani (8,5%);
  • residenti piccole isole (8,5%).
I nodi problematici e le valutazioni della FLC

La distribuzione non parte dai bisogni della scuola reale, ma si limita a fotografare lo stato attuale, cioè l’organico dei docenti già decimato dai provvedimenti della Gelmini.
Così facendo le regioni accettano come ineluttabile la politica dei tagli e si limitano a distribuire un ben misero numero di posti, troppo pochi per le esigenze reali delle stesse autonomie locali.

I parametri proposti si limitano all’attribuzione dell’organico dallo Stato alle regioni. La proposta, però, nulla dice come avverrà la ripartizione al livello provinciale/di scuola una volta concordati/condivisi i parametri, né cosa succederà se i posti assegnati dovessero risultare inadeguati rispetto agli ordinamenti fissati da leggi nazionali e validi su tutto il territorio: orari, discipline, qualificazione del personale, numero del personale, esami, finanziamenti ecc., che sono nazionali e sono alla base dei livelli essenziali delle prestazioni.

Infine, manca una proposta sul dimensionamento della rete scolastica, sui parametri di distribuzione dell’organico ATA e sull’attribuzione delle risorse finanziarie alle scuole.

Le proposte della FLC: sistema unitario nazionale, rafforzamento dell’autonomia scolastica

L’uso di criteri oggettivi e conosciuti su tutto il territorio nazionali è un fatto positivo perché garantisce trasparenza nella distribuzione dei posti verificabile da parte dei cittadini e degli operatori scolastici. Sotto questo profilo il lavoro tecnico svolto dalla commissione è un lavoro buono. Ma il decentramento dell’istruzione necessita di un prerequisito: che sia chiara e condivisa la finalità del sistema di istruzione nazionale, i cui fondamenti devono appartenere a tutte le realtà territoriali. Allo stato attuale sono molti i bisogni insoddisfatti della scuola pubblica a causa dei tagli dissennati voluti dal Governo.

Siamo preoccupati che il processo di decentramento federalistico porti ad una maggiore frammentazione del sistema di istruzione anziché rafforzare il sistema pubblico.

A parere della FLC è necessario, nel discutere i criteri sulla distribuzione delle risorse professionali e finanziarie, individuare con chiarezza i livelli essenziali delle prestazioni a garanzia della qualità del servizio.
Per fare questo è necessario:

  • Individuare uno standard nazionale dell’istruzione valido per tutte le regioni, per evitare sperequazioni a danno degli studenti in base alle appartenenze territoriali. La scuola deve offrire dovunque una qualità media adeguata alle finalità del sistema. Serve, quindi, aprire una discussione sulle dimensioni economiche e sociali di questo standard, su chi lo deve pagare e sulle priorità programmatiche della spesa pubblica, sapendo che ci muoviamo in un'area, l’Europa, le cui identità anche economiche sono fondate sulla conoscenza.
  • Determinare gli organici e i finanziamenti, su base triennale, per garantire l’erogazione del servizio in modo programmato e stabilizzato. Attribuire alle scuole una dotazione di organico funzionale è condizione per la qualità della didattica. Il punto di partenza debbono essere gli ordinamenti a cui aggiungere un surplus di risorse per dare attuazione al piano dell’offerta formativa e rispondere alle istanze del territorio. Questo surplus serve a mettere le scuole nelle condizioni di superare alcune sofferenze “storiche”. Ad esempio, servono ad evitare la faticosissima chiamata dei supplenti saltuari che non consente un efficace rapporto didattico ed è economicamente molto dispendiosa. Sun primo passo è superare la distinzione tra organico di fatto e organico di diritto, coprendo tutti i posti vacanti in organico di fatto (sostegno e spezzoni). Le spese per le supplenze brevi si potrebbero trasformare in posti di lavoro da attribuire alle scuole.

Abbiamo chiesto che su queste proposte si apra un ampio confronto, dando la massima disponibilità a trovare insieme a tutti gli interlocutori criteri e modalità per organizzare e distribuire al meglio le risorse professionali e finanziarie alle scuole. Questo nella convinzione che il nuovo assetto istituzionale debba essere ispirato ai principi costituzionali di solidarietà e unitarietà del sistema nazionale.

La presidente della Commissione Istruzione si è dichiarata disponibile ad avviare un confronto in sede tecnica per implementare il lavoro che oggi ci è stato illustrato.

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