Finanziamenti alle scuole: il paradosso delle onlus
Con il “ Decreto Bersani” le scuole diventano onlus e possono ricevere liberalità che i donatori detraggono dalle proprie tasse. La minore entrata per l’erario è a carico della scuola pubblica
Una delle novità introdotte dal “Decreto Bersani” sulle liberalizzazioni approvato con il Decreto Legge n. 31.1.2007 è l’equiparazione delle scuole alle onlus.
E’ giusto aver incluso tra queste categorie anche le istituzioni scolastiche. Esse, secondo il legislatore autonomistico (art.21, comma 5, legge n. 59/97),svolgono attività di istruzione, di formazione e di orientamento e quindi non hanno scopo di lucro.
Il “Decreto Bersani” è stato, dunque, lo strumento legislativo di modifica del nostro sistema fiscale regolato dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (T.U.I.R) n. 917, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica il 22.12.1986 affinché riconosca le erogazioni liberali prevalentemente per gli enti non profit (senza scopo di lucro), onlus, fondazioni o associazioni riconosciute che hanno per oggetto la tutela dei beni artistici e del paesaggio o, università ed enti di ricerca scientifica.
A partire dal 2007 chi dona o versa somme alle scuole a titolo di “erogazione liberale” avrà agevolazioni fiscali in sede di dichiarazione dei redditi con modalità che variano a seconda che il donatore sia un privato o una impresa. I privati potranno usufruire di una detrazione fiscale pari al 19% fino a 2.500 euro di donazione, nel caso delle imprese invece, la donazione potrà essere detratta nel limite del 2% del reddito dichiarato e comunque per un importo max di 70.000.
Con il “Decreto Bersani, quindi, in linea teorica dovrebbero arrivare più soldi alle scuole.
Il Ministro ha espresso una valutazione positiva per questo provvedimento che a suo parere avrebbe portato nelle casse vuote delle scuole i soldi di generosi benefattori.
A dirla così sembra non solo una trovata geniale ma anche il giusto riconoscimento giuridico alle scuole come enti no profit.
Le dolenti note
Ma dove cominciano le “dolenti note” e i problemi?
Ce ne siamo già occupati
in precedenza, ma qui proponiamo due conti.
Nel caso specifico
non si è tenuto conto che le emergenze
finanziarie della scuola sono ben altre, tanto che si è pensato di far pagare allo stesso sistema scolastico il prezzo delle facilitazioni riconosciute ad altri soggetti.
Vediamo in concreto di cosa stiamo parlando.
Sappiamo che la nostra Costituzione (art.81) prevede che tutte le leggi che comportano costi, e assimilare le scuole alle Onuls è un costo, devono anche indicare i mezzi per farvi fronte. Fin qui la situazione è “
de plano” se non fosse per il fatto, che questi maggiori costi 54 milioni di euro per il 2008 e di 31 milioni di euro a partire dal 2009, vengono pagati dal sistema scuola.
Tagli subito per entrate incerte
Vediamo come avviene la provvista:
1. Si prelevano i 54 milioni di euro, che servono per il 2008, dalle contabilità speciali degli uffici scolastici provinciali dove erano giacenti i fondi delle scuole sottratti da Tremonti con il suo primo decreto “tagliaspese”. Tali voci finanziavano gli interventi per la qualità dell’offerta formativa (formazione, legge autonomia scolastica, integrazione alunni diversamente abili, funzionamento ecc);
2. Si riducono per 31 milioni di euro gli interventi a favore del sistema scuola previsti dalla Finanziaria 2007 (art. 1, comma 634) su voci come: obbligo scolastico, istruzione e formazione, legge 626/96, ampliamento offerta formativa, ecc.. Da queste riduzioni resta esclusa la scuola non statale che è finanziata dall’art. 1, comma 635 della Finanziaria 2007 che non viene richiamato nel Decreto Bersani.
Così, tanto per cominciare, si sottraggono alle scuole 85 milioni di euro che, vista l’emergenza stipendi, potevano essere utilizzati ad esempio per incrementare il budget delle supplenze.
Ma per ritornare ai potenziali donatori è interessante sapere cosa è successo finora nelle scuole.
Finora le scuole hanno ricevuto dei contributi quasi esclusivamente dalle banche che gestiscono il loro servizio di tesoreria.
Infatti, l’istituto cassiere, come si chiama in gergo, che riscuote e paga per conto della scuola, si impegna in molti casi, pur di accaparrarsi questo servizio, a versarle un contributo annuale.
Non dimentichiamo che la scuola è sempre un buon cliente per il sistema bancario privato nonostante il saccheggio dei bilanci che, progressivamente nell’arco di cinque anni, si è abbattuto su supplenze, funzionamento didattico ed amministrativo e fondi per il miglioramento dell’offerta formativa.
Ad esempio, un istituto superiore con circa 30 classi che può arrivare ad una giacenza media annuale di 700.000 euro, riceve dalla sua banca un contributo annuale che si aggira sui 5.000 euro, una direzione didattica che ha giacenza media inferiore non riceve quasi mai più di 1.000 euro. Considerato che un istituto scolastico, al di là di questo contributo della banca, raramente riceve con continuità donazioni da altri soggetti privati o imprese è ragionevole ritenere che, se ogni scuola riceve in media 2.500 euro moltiplicati per 10.769 quale è il numero delle istituzioni scolastiche, non si superano i 27 milioni di euro in un anno.
Il donatore improbabile
Ma anche a voler ammettere che d’ora in poi aumenteranno le donazioni, è del tutto impensabile che queste possano superare i finanziamenti (85 milioni di euro) che sono stati sottratti alla scuola statale in anticipo.
Anche la Corte dei Conti solleva perplessità sulla reale possibilità delle scuole di reperire risorse aggiuntive sotto il profilo dello “sponsoring” che in una indagine sulla riorganizzazione dell’amministrazione scolastica dello scorso febbraio scriveva :
“L’analisi delle relazioni ha inoltre evidenziato una scarsa capacità da parte delle Istituzioni scolastiche di attrarre finanziamenti da parte di privati o di altri Enti”.
Soldi pubblici e profitti privati
Ma se la scuola ci rimette, ci chiediamo: chi ci guadagna?
Il Decreto sulle liberalizzazioni di Bersani mette sullo stesso piano la scuola statale ed altri soggetti come le banche, i privati e le scuole non statali. Quest’ultime, infatti, sono state assimilate alle onlus proprio come le scuole statali!
Noi siamo convinti che l’uso e la destinazione delle risorse non sia mai un fatto neutro, ecco perché esprimiamo tutta la nostra contrarietà a provvedimenti che nel sottrarre risorse al sistema pubblico di istruzione ampliano, invece, le opportunità per i soggetti privati.
Roma, 11 giugno 2007
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