18.10.00
L'esclusione degli adulti
Bice Tanno, Cgil Roma-Lazio, ci ha consegnato la sintesi del suo intervento che pubblichiamo di seguito. In allegato, invece, le sue slide di presentazione.
Nel 2006, viene pubblicato il terzo rapporto annuale della Commissione europea, che considera gli obbiettivi strategici di Lisbona riguardanti la qualità e l'efficacia dei sistemi, l'accesso all'istruzione e alla formazione e l'apertura dei sistemi al mondo esterno.
La partecipazione al lifelong learning non è del tutto in linea con gli obbiettivi fissati ed è molto diversificata nei singoli paesi europei. Alcuni hanno raggiunto e superato il 12,5% fissato (Svezia il 34%, Regno unito il"9,1%, Danimarca il 27,6%), altri sono molto lontani dagli obbiettivi fissati (Ungheria, Slovacchia e Grecia intorno al 5% Bulgaria e Romania sono intorno al 2%) . L'Italia nel 2005 si colloca al 5%.
Nel 2008, la C.E. fissa gli obbiettivi approvati e sottoscritti da tutti i ministri dell'istruzione da raggiungere nel 2010: l'EdA deve coinvolgere il 12,5% della popolazione. Nonostante l'impegno della Commissione europea niente è stato fatto dal governo Berlusconi per garantire la istruzione e formazione degli adulti - che in Italia nel 2010 raggiunge solo il 6,9% - anzi possiamo affermare che tutto tende a impoverire e demolire ciò che era stato fatto negli anni precedenti.
Sia per promuovere la cittadinanza attiva, sia per aumentare le possibilità di ingresso o reingresso al lavoro, è fondamentale rilanciare la "nostra" proposta di legge di iniziativa popolare "Diritto all'apprendimento permanente", giacente in Parlamento, che garantisce il diritto all'apprendimento per tutti, italiani e migranti..
L'educazione formale degli adulti si attua nei CtP e nelle scuole serali. Negli ultimi anni il taglio agli organici, l'assenza di una normativa definita per i Cpia hanno prodotto una significativa riduzione dei corsi per gli adulti, e in particolare di tutti quelli funzionali e quelli modulari che consentivano l'apprendimento della lingua come L2.
Nel Lazio tra il 2007 e il 2009 la partecipazione ai corsi Ida è passata da 52.687 (nel 2007/2008) a 44.159 (nel 2008/2009), con una presenza di migranti che diminuisce da 13.384 a 12.746.
Il dossier immigrazione 2010 informa - su dati ISTAT - che i migranti presenti nel Lazio a fine 2009 sono 497.940, e stimati quest'anno 565.000. I residenti nel Lazio rappresentano l'8,8% della popolazione.
La bassa partecipazione ai corsi EDA evidenzia che anche in questo ambito i più penalizzati appartengono alle fasce più deboli della popolazione e quindi i migranti. Certamente uno dei fattori che influisce sulla bassa partecipazione dei migranti ai corsi per adulti è da individuare nel D.L sulla sicurezza e l'introduzione del reato di clandestinità.
D'altro canto il ministro Maroni e il governo con il Piano per l'integrazione nella sicurezza. Identità e incontro, impongono ai migranti richiedenti il permesso di soggiorno di sottoporsi a un test di lingua italiana (la cui certificazione è a pagamento) e di educazione civica: come si conciliano i tagli all'organico dei ctp con la necessità di frequentare corsi di lingua italiano? Saranno assegnate, prioritariamente, all' EdA le risorse mirate del Fondo sociale europeo per l'integrazione dei migranti ? Per ora abbiamo solo notizia di una rincorsa da parte di molte associazioni per organizzare corsi di L2.
La Cgil e la FLC debbono fortemente rivendicare il diritto allo studio, nei contratti di lavoro, per consentire ai lavoratori di usufruire delle150 ore di studio, conquistate dalle lotte dei lavoratori molto tempo fa.
Tutti gli studi sulle forze di lavoro e sulle competenze di base degli italiani evidenziano l'estrema necessità di formazione.
Il Censis nel suo ultimo rapporto del 2010, "I percorsi di formazione", analizza se c'è coerenza fra professione svolta e conoscenze e competenze possedute per chi ha frequentato corsi di formazione professionale; e inoltre se i migranti che vivono e lavorano nel nostro paese (che hanno generalmente competenze e conoscenze medio alte acquisite nei paesi di provenienza) - siano in possesso di un requisito essenziale per l'integrazione nel mercato del lavoro, quale la conoscenza della lingua italiana.
Alla luce delle considerazioni e dei dati analizzati è evidente che i problemi che ci siamo posti riguardano sia i lavoratori italiani che i non italiani, e che la loro soluzione non è più rinviabile.
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