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Fiorella Farinelli, ricercatrice ISFOL, si occuperà di descrivere "lo stato dell'arte" in Italia: "Il mio mandato è quello di fare l’elenco ragionato di tutti i segmenti di offerta formativa per gli adulti che sono presenti. In questo modo si rischia di fare un ragionamento superficiale, che si può evitare se teniamo uno sguardo di carattere territoriale nel vedere l’offerta e ne facciamo l’analisi. Questo sguardo territoriale dovrebbe essere proprio dei Comuni, che hanno le competenze per individuare le priorità. Ci sono anche le Organizzazioni Sindacali su tutte le offerte formative, nelle varie forme: i sindacati confederali, gli enti bilaterali, i sindacati scuola.

Innanzi tutto sappiamo che l’offerta formativa per adulti, si è molto sviluppata, sia per il conseguimento di titoli di studio e qualifiche, sia per la formazione cosiddetta non formale, cioè non destinata al conseguimento di titoli. Esiste inoltre la legge 53/2000, che garantisce la certificazione di qualsiasi formazione, anche non formale, che non si riesce ad utilizzare in pieno; basti pensare a quanto sarebbe dirompente l’impatto che la certificazione della formazione non formale, avrebbe rispetto alla formazione formale, cioè quella che consente il conseguimento di titoli di studio.

Abbiamo verificato che l’offerta formativa realizzata è importante, perché ha trainato la domanda. Nella maggior parte dei casi il tipo di domanda di educazione per adulti, non è di carattere risarcitorio, ma proviene da diplomati: dal 60% all’80% degli utenti sono diplomati, ciò significa che essa è richiesta per arricchimento personale. Un esempio: i CTP hanno il 15% di utenti che non hanno raggiunto un titolo di studio e l’85% di diplomati. Il problema serio è che nel nostro Paese c’è un basso livello di istruzione. Consideriamo anche che dentro l’utenza dell’educazione degli adulti più della metà sono lavoratori, ne consegue che essa non è scollegabile dalla formazione continua.

I corsi fatti dai vari enti ed istituzioni (comuni, università popolari, centri di formazione, istituti privati, …)indicano che non c’è programmazione, e quindi esiste uno sperpero di risorse. Lo sguardo sul territorio dovrebbe servire per ovviare tale mancanza, come pure per evitare interferenze, sovrapposizioni e mancanza di coordinamento.

Rispetto al post-Lisbona: nel 2010 almeno il 10% degli adulti dovrebbe essere in formazione continua; oggi in Italia siamo al 4%.

Un altro aspetto importante è l’informazione dell’offerta formativa. Alcuni comuni lo fanno molto bene (ad esempio il Comune di Firenze), con elenchi ragionati, dando l’indicazione delle varie specifiche, i tempi, le modalità, i costi.

Vediamo ora le offerte formali di formazione.

- i CTP: sono 529 centri, una risorsa straordinaria, con 414.000 iscritti nell’ultimo anno; essi fanno: a) alfabetizzazione linguistica degli immigrati, e deve ampliarsi ancora

b) corsi per drop-out: spesso integrati con la formazione professionale, non è molto apprezzata, ma comunque è importante

c) orientamento sulle scelte delle diverse offerte formative

- i corsi serali : sono 40-50 mila gli individui che hanno utilizzato questi corsi negli ultimi 5 anni, quindi in realtà sono poco utilizzati; bisognerebbe utilizzare quelle norme che permettono di costruire curricoli particolari che consentono, con la certificazione dei crediti già acquisiti, e con la formazione non formale, di abbreviare i percorsi per il conseguimento dei titoli.

- gli IFTS : nascono come percorso alternativo alla formazione accademica, sono molto costosi e con percorsi molto pesanti; più del 30% dell’utenza ha più di 30 anni di età, quindi è utenza adulta.

- le università : sono il pezzo più debole del sistema, perché hanno moltiplicato tantissimo le cattedre, ma non a favore dell’educazione degli adulti; hanno istituito i master, ma solo per introitare risorse economiche; è l’istituzione più rigida.

Fa parte del settore formale anche la Formazione Professionale, che comprende l’offerta delle Regioni su richieste particolari o individuali.

Le offerte non formali sono realizzate in gran parte dalle università popolari e dalle università della terza età: seguono i corsi soprattutto giovani, hanno buoni percorsi molto apprezzati e seguiti.

Esiste la formazione del privato sociale, rivolta ai propri quadri (ad esempio la Caritas). Esiste infine la formazione erogata dai Comuni: ad esempio corsi di fotografia, di informatica, di beni culturali. Sono corsi che non riusciranno ad essere accreditati dal sistema regionale, ad esclusione di quanto fatto dalle scuole civiche. I Comuni hanno anche in questo campo il ruolo di finanziatori, forniscono spazi, aule , servizi di supporto.

Se il quadro della formazione degli adulti rimane così, ne resteranno esclusi sempre i soggetti più deboli, che non conoscono le opportunità esistenti. I servizi per l’l’impiego, i centri di orientamento potrebbero farsi presidi sul territorio per l’educazione degli adulti a favore delle fasce deboli. Esiste un tessuto di ricchezza grandissima, di cui i soggetti più deboli non possono fruire, se non c’è chi connette ciò che esiste ed orienta l’utenza. Dobbiamo tendere a questo, è una lezione lasciata dalle 150 ore: mettere al centro le persone.

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