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09:00

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Manca ancora mezz’ora all’inizio e la sala è pressoché vuota. Certo, anche noi webcronisti avremmo indugiato volentieri sotto lo splendido sole primaverile a sorbirci il cappuccino. Invece il dovere ci chiama: bisogna controllare gli attacchi dei computer, l’allacciamento della rete e tutte le altre diavolerie che ci permettono di andare in onda in tempo reale.

Stamattina si parla di formazione professionale. Da sempre la cenerentola del nostro sistema educativo la formazione professionale sembrava avere avuto un momento di gloria alla fine degli anni Novanta, quando sull’onda delle direttive e dei programmi europei raccoglieva l’interesse del mondo del lavoro, dei governo e degli strateghi dell’educazione permanente e degli adulti. In Italia si cominciava a parlava di percorsi comuni tra istruzione e formazione, addirittura si sistemi dialoganti. Ma quella stagione è lontana ormai secoli. Infatti con il governo di centrodestra su scuola e formazione, come si sa, la svolta è stata di 360°.

Oggi, con la legge 53/03, la divaricazione tra i due sistemi è sancita anche istituzionalmente e la formazione professionale, affidata a intese tra governo e regioni e quindi tra regioni altri soggetti del territorio, viaggia su canali estremamente frammentati.

Da qui il titolo del convegno di oggi.

L’indagine
Tra i materiali preparati per i convegnisti, una breve brochure piena di dati ci attira. “Indagine conoscitiva sui sistemi regionali di formazione professionale. Anno 2003”.
Nel 2003 sono stati stanziati 2 miliardi e trecento milioni di euro per la formazione professionale. Il 58% sono fondi comunitari, il 23% nazionali, il 18% regionali, l’1% privati. Il dato curioso è che in Sicilia il cofinanziamento regionale allo stanziamento UE è superiore allo stanziamento stesso. Un record. Si spende soprattutto per la formazione continua, seguono a distanza l’obbligo formativo e la formazione superiore, quindi ancor più lontano l’apprendistato e l’educazione degli adulti.
Chi fa formazione professionale? Sono 5.000 enti, di cui 1.400 nella sola Lombardia (scusate se è poco).
In questo settore lavorano circa 29mila persone con contratto da lavoro dipendente e ben 39mila con contratti atipici. Il maggior numero degli atipici sta in Lombardia. Il lavoro atipico ha avuto un aumento vertiginoso negli ultimi quattro anni.
L’indagine ha fotografato la realtà regionale così com’è, ha coinvolto 15 regioni su 20 ed è stato svolta dalle strutture regionali della Cgil Scuola

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