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Dario Missaglia, Segretario Generale Federazione Formazione e Ricerca Cgil

Non voglio aggiungere una sola parola alle analisi fatte. Le condivido. Se pensiamo agli scenari presenti e futuri sappiamo che questo governo durerà ci saranno macerie e declino per la scuola. Perché c’è l’idea che la responsabilità pubblica non sia un valore. E noi dobbiamo, invece, ripartire da qui, a costo di passare da conservatori. Come per la cultura, non ci siamo portati e si vede. Noi dobbiamo costruire nuova attenzione civile sulla scuola, perché la scuola da sola non ce la fa a reggere questa sfida. Il Governo vuole che la scuola si chiuda. Noi pensiamo ad una scuola che si apre, che tesse relazioni con il territorio. E non dobbiamo vedere scissioni tra scuola e formazione perché stanno insieme. Dobbiamo costruire queste relazioni tra scuola e società civile, un nuovo patto tra scuola e cittadino. La scuola è il vero antidoto alla solitudine, alla rottura della coesione. Abbiamo un lavoro duro, ma possiamo farcela.

Guglielmo Epifani, Segretario Generale Cgil

Concludendo i lavori della conferenza Epifani ha spiegato i nessi che legano l’impegno della Cgil confederale e quello della categoria. Il tema dei diritti – ha detto – è alla base della nostra identità e delle nostre politiche rivendicative, e su questo abbiamo mobilitato centinaia di migliaia di persone.Ma il nostro lavoro di questi ultimi anni è centrato anche sul modello sviluppo, perché siamo impegnati in una grande battaglia contro il declino del nostro paese. Le due questioni, i diritti e il modello di sviluppo, sono due facce della stessa medaglia.

Siamo impegnati per quali diritti? Non solo quelli tradizionali, individuali e collettivi, di chi lavora, ma anche i diritti civili e di cittadinanza. Avere questa visione ampia non solo non ci fa perdere la nostra identità di sindacato, ma ci consente di impedire che venga difeso un diritto a scapito di un altro, o che essi vengano contrapposti.Ecco perché noi possiamo parlare ai lavoratori e ai disoccupati, ai giovani e agli anziani.

I diritti appartengono alle persone in quanto tali, senza distinzione di territorio, di razza, di religione: questo è il frutto delle grandi battaglie democratiche e civili dell’epoca moderna. Il diritto della persona è un principio universale.

Chi garantisce l’esercizio dei diritti? Certamente le rappresentanze sociali, ma soprattutto le istituzioni pubbliche, dai livelli locali fino a quelli transnazionali. Per questo noi abbiamo chiesto che l’insieme dei diritti sanciti nella Carta di Nizza entri a pieno titolo nella prossima Costituzione europea.

Perché ho detto che diritti e sviluppo sono due facce della stessa medaglia? Perché un paese in difficoltà di sviluppo fa fatica a garantire anche i diritti più basilari, come l’istruzione e la salute.

Noi mettiamo insieme queste due battaglie perché siamo preoccupati per il futuro dell’Italia. Quando l’autunno scorso parlammo di declino del nostro paese fummo rampognati da chi oggi usa quella stessa definizione. Il nostro paese sta perdendo nella competizione mondiale perché non investe in ricerca, in innovazione, in tecnologia, ha migliaia di posti di lavoro a rischio – non solo alla Fiat... e in questa situazione c’è chi, come Confindustria, pensa che si possano ridurre i diritti. Siamo al 32° posto nella classifica dei paesi industrializzati e quelli che ci precedono hanno un costo del lavoro superiore al nostro, un welfare più diffuso del nostro. Non è vero che l’Italia non si sviluppa perché non si può licenziare, è vero che il nostro sistema produttivo e imprenditoriale non ha mai scommesso sulla qualità.

All’interno di questo ragionamento spiego il valore confederale dell’impegno del nostro sindacato sulla scuola e di tutte le battaglie che, come categoria, state conducendo. Prendiamo la legge Moratti: il modello formativo che propone ci fa tornare indietro di cinquant’anni: la divisione dei saperi corrisponde a un modello produttivo, quello fordista, che ora non c’è più. Che senso ha tornare indietro? Questo governo non sa guardare al futuro, e chiamano noi conservatori!

Non ci spaventiamo se la legge sarà approvata, l’importante è non fare perdere forza alle nostre ragioni. Noi siamo per la scuola pubblica, non perché siamo contro la privata, ma perché la scuola pubblica è un luogo dove si realizza la vera uguaglianza delle chances, un luogo di pari opportunità: questa una battaglia liberale e democratica.

Epifani ha concluso il suo intervento ribadendo la posizione della Cgil contro la guerra: in tutta questa vicenda – ha detto - emerge solo la logica del più forte.

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