DdL Bernini-Meloni sul precariato universitario: la FLC segnala il rischio di annullamento di una riforma PNRR
Una lettera spedita alla Commissione Europea
In queste settimane si è avviata la discussione sul Disegno di Legge di iniziativa governativa sulla valorizzazione e promozione della ricerca, il cosiddetto DdL Bernini/Meloni sul pre-ruolo in università, enti di ricerca e AFAM (A.S. 1240) alla VII Commissione permanente del Senato (Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport).
Nell’audizione alla Commissione dello scorso 19 novembre 2024, nella memoria scritta depositata in tale sede, come nelle iniziative e nelle mobilitazioni diffuse in questo periodo in diversi atenei, la FLC CGIL ha sottolineato come questa proposta di legge moltiplichi le figure del precariato della ricerca, re-introducendo, allargando e radicalizzando quella terra di mezzo tra contratto collettivo e stato giuridico composta da rapporto di lavoro atipici, scarsamente retribuiti e soprattutto senza tutele, diritti e rappresentanza. In particolare, il governo intende sviluppare un sistema a tutele decrescenti, istituendo diverse figure tra cui in particolare un contratto post-doc, una borsa di assistenza di ricerca senior e una borsa di assistenza di ricerca junior.
Il mondo del precariato della ricerca nelle università, dopo la cosiddetta riforma Gelmini (le legge 240 del 2010), è stato popolato da oltre 20.000 lavoratori e lavoratrici, distribuiti in media tra circa 15.000 Assegnisti di ricerca (una collaborazione coordinata e continuativa, esentasse e quindi senza capienza e welfare fiscale, con contributi previdenziali in gestione separata e quindi difficilmente esigibili), 4.500 Rtd-a (ricercatori a tempo determinato, con contratti 3+2), alcune migliaia di borse (senza particolari inquadramenti, con durate, retribuzioni e impegni molto variabili), che si incrociavano per larga parte con oltre 27/30.000 docenze a contratto (annuali, una parte gratuite e una parte retribuite da 25 euro all’ora, compreso esami, ricevimento e tesi). Una realtà a cui si aggiungeva varia umanità, inquadrata come tecnici sotto-inquadrati, partite IVA, dottorandi, collaborazioni occasioni per mansioni di assistenza tecnologica o amministrativa alle ricerche e ai relativi progetti. Il PNR e il PNRR hanno moltiplicato questa realtà, portando gli RTD-a a superare le 9.000 posizioni e gli Assegni di ricerca le 23.000 posizioni, senza alcune prospettiva per il futuro.
Nel 2022 la cosiddetta riforma Verducci aveva in realtà delineato un cambiamento strutturale. Il Decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 [Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)], convertito con modificazioni nella legge 29 giugno 2022, n. 79, ha previsto due sostanziali interventi: l’abolizione dell’Assegno di ricerca e la sua sostituzione con il nuovo Contratto di ricerca (un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, biennale, esclusivamente dedicato alla ricerca e con una retribuzione inserita nel CCNL); la condensazione del Ricercatore a tempo determinato di tipo a e di quello di tipo b (una tenure track di tre anni, trasformata al termine in una posizione di Professore Associato con l’acquisizione dell’Abilitazione Scientifica Nazionale) in un'unica figura, una tenure track di sei anni, trasformabile in PA dal terzo anno. Pur non riducendo la previsione di figure precarie e, nel complesso, non riducendo i suoi tempi, pur presentando alcuni limiti e in particolare notevoli problemi nel finanziare e quindi permettere la trasformazione dei rapporti di lavoro in essere nei nuovi Contratti di ricerca, l’introduzione di un’unica figura post-dottorale pienamente riconosciuta come lavoro era un passo avanti. Si sarebbe anche potuto cogliere l’occasione del PNRR e le sue risorse per farla entrare pienamente a regime: in realtà, la scelta di prorogare sino al 2024 le precedenti figure di Rtd-a e Assegni, oltre le lentezze ministeriali nel chiudere la contrattazione sulla nuova figura, hanno impedito di cogliere quest’occasione.
La revisione del 2022, in ogni caso, ricollegava espressamente le sue misure al PNRR, in particolare alla Riforma 1.1 (Attuazione di misure di sostegno alla R&S per promuovere la semplificazione e la mobilità), nell'ambito della Missione 4, Componente 2 (Dalla ricerca all'impresa): lo richiamavano esplicitamente sia gli incipit dei due relativi commi del DL (art 14, comma 6-septies e 6-decies), sia la relativa relazione di accompagnamento [Schede di lettura parlamentari A.C. 3556). In sintesi, l’abolizione dell’Assegno di ricerca e la previsione di un’unica figura post-dottorale con esclusivi compiti di ricerca, inquadrata in un rapporto di lavoro a tempo determinato (con relative garanzie di adeguamento stipendiale, contributi previdenziali e diritti del lavoro), è stata esplicitamente indicata dal Parlamento italiano come una delle riforme previste in attuazione del PNRR.
Il nuovo intervento legislativo del governo, però, introduce nuove figure che si sovrappongono a quella del Contratto di ricerca, con flessibilità maggiori e/o costi minori che lo renderebbero sostanzialmente svantaggioso per le amministrazioni. Nello specifico:
- il contratto post-doc (proposto come nuovo articolo 22-bis della legge 30 dicembre 2010, n.240) si configura come un rapporto di lavoro con lo stesso titolo di accesso (dottorato di ricerca), la stessa configurazione normativa e sostanzialmente lo stesso parametro stipendiale del Contratto di ricerca (per Decreto Ministeriale invece che per CCNL), ma di durata inferiore (uno invece di due anni) e con compiti didattici aggiuntivi;
- l’assistente di ricerca senior (proposto come nuovo articolo 22-ter della legge 30 dicembre 2010, n.240) avrebbe esattamente le stesse caratteristiche del vecchio Assegno di Ricerca (il comma 8 del nuovo art. 22 ter proposto del A.S. 1240 è esattamente uguale al vecchio comma 6 dell’art.22 relativo all’Assegno di ricerca), con un costo inevitabilmente inferiore a quello del Contratto di ricerca;
- l’assistente di ricerca junior si configura con lo stesso inquadramento di quello Senior e un accesso anche senza dottorato, ma entro sei anni dalla laurea; tale possibilità, in realtà, esiste solo astrattamente: la strutturale sovrabbondanza di dottori e precari nel sistema universitario italiano (in relazione alle sue attuali capacità di assorbimento), a partire dagli attuali 23 mila assegnisti e circa 40 mila dottorandi che, esaurite le risorse PNRR, saranno disponibili anche a ruoli inferiori e meno retribuiti, saturerà con titoli ed esperienze maggiori qualunque possibile domanda.
Nonostante le segnalazioni avanzate nell’audizione parlamentare e in diversi incontri con delegazioni del Ministero dell’Università e della Ricerca, il governo e la maggioranza parlamentare non sembrano aver modificato i loro indirizzi sul Disegno di Legge proposto. Per questo, riscontrando la possibilità che il Contratto di ricerca introdotto come unico rapporto post-dottorale dal Decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 venga sostanzialmente aggirato e quindi smantellato, abbiamo segnalato alla Commissione Europea, a partire dalla Recovery and Resilience Task Force, il rischio di reversal sulla Riforma 1.1 e sulla sua concreta applicazione in relazione al cosiddetto pre-ruolo universitario, ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 3, del Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento Europeo e che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza.
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