Sezioni unite della Corte di Cassazione: la mensa scolastica è un momento imprescindibile della “comunità educante”
Annullata la sentenza della Corte d’Appello di Torino che nel 2016 aveva consentito alle famiglie di fornire un pasto alternativo a quello predisposto nella mensa della scuola, prevale la visione di contesto educativo che abbiamo introdotto con l’articolo 24 del CCNL.
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Riconosciuto dalla suprema corte il valore solidaristico di un pasto consumato in comune in un contesto educativo come quello scolastico. La sentenza sottolinea come l’istituzione scolastica non possa essere considerato come “un luogo dove si esercitano liberamente i diritti individuali degli alunni né il rapporto con l'utenza è connotato in termini meramente negoziali”, la scuola è invece “un luogo dove lo sviluppo della personalità dei singoli alunni e la valorizzazione delle diversità individuali devono realizzarsi nei limiti di compatibilità con gli interessi degli altri alunni e della comunità”.
Leggi la sentenza
Si tratta del concetto di “comunità educante”, che per la prima volta nell’ultimo rinnovo del febbraio 2018, viene inserito nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, ha una dimensione valoriale di prima grandezza: nella scuola al centro dell’attenzione è l’alunno, ogni azione di ogni soggetto che opera nell’istituzione ha come principio e fine il minore in formazione, soprattutto per il valore formativo di tutte le azioni che si svolgono dentro le pareti delle istituzioni scolastiche, comprese quelle relative al momento della mensa.
Non a caso, l’articolo 24, che definisce la comunità scolastica, allargando l’orizzonte, comprende anche le famiglie, gli alunni e gli studenti. Da questo punto di vista insegnanti, dirigenti, personale ATA, ma anche genitori e figure familiari allargate, pur realizzando il loro compito da prospettive e mission diverse, sono necessariamente portati a rendere le loro azioni funzionali a finalità educative condivise, in quanto perseguono, appunto, un fine educativo.
Come FLC CGIL, non siamo estranei alla battaglia contro i ticket mensa troppo cari, che in alcuni contesti, più svantaggiati, rappresentano il vero limite alla frequenza della scuola a tempo pieno, tanto che proprio per questa carenza, molte scuole hanno dovuto rinunciare alla richiesta di più tempo scuola.
Infatti, come denunciato da una recente ricerca di Save the Children, per un alunno italiano su due la mensa scolastica è un “lusso”, per cui ben la metà dei bambini non ha accesso al servizio mensa necessario a garantire almeno un pasto adeguato al giorno a tutti i bambini in povertà.
Ciò che ad alcuni può avere il sapore del cibo scotto o di scarsa qualità per altri è il solo pasto completo della giornata. Anche per questo, il pasto consumato nella mensa della scuola, insieme ai compagni, unisce: unisce il gruppo classe, unisce i piccoli ai più grandi, i residenti e gli stranieri e se, si riuscisse ad avere finanziamenti dedicati per tutti i Comuni unirebbe tutte le parti del nostro Paese. Insomma, la mensa, così come la immagina la sentenza della Cassazione, potrebbe essere lo strumento per garantire i diritti enunciati dalla Costituzione: pari opportunità e istruzione garantita a tutti.
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