Regolamento sulla valutazione degli alunni: confusione, pressappochismo, incompetenza, regressione pedagogica
Il testo in discussione ha un solo obiettivo: introdurre il voto numerico, perfino nella valutazione delle prove scritte e orali. Ma lo fa in contraddizione con sé stesso e con le norme.
Lo schema di Regolamento per il coordinamento delle leggi vigenti per la valutazione degli alunni, in attuazione della legge 169/2008 art. 3, è un testo che si muove all’insegna della regressione culturale, del pressappochismo pedagogico, della confusione organizzativa e dell’incompetenza in fatto di valutazione.
Essendo unico lo scopo, quello di giustificare l’ introduzione del voto numerico espresso in decimi, il Regolamento pensa, senza credere di pagare pegno, di poter usare i termini della migliore pedagogia che in questi ultimi decenni ha portato alle schede valutative e ai giudizi descrittivi della legge 517/77.
E allora, ecco nell’articolo 1 espressioni come “ la valutazione è, per la scuola, una verifica dell’efficacia delle azioni messe in atto per favorire il raggiungimento di livelli adeguati di apprendimento per ciascun alunno”, come la valutazione “abbia prevalentemente finalità formativa e concorra al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo di ciascun alunno” come “una valutazione adeguatamente formativa e di qualità non rileva solamente gli esiti, ma pone attenzione soprattutto ai processi formativi, è strettamente correlata alla programmazione delle attività e degli obiettivi”, come “si realizza attraverso l’osservazione continua e sistematica dei processi di apprendimento”, come “promuove una riflessione continua dell’alunno come autovalutazione”.
Dopo questa opportuna sequenza di espressioni corrette giunge al comma 8 dello stesso articolo un “colpo” inatteso e contraddittorio, laddove si dice che i docenti, a proposito del voto espresso in decimi “ ne estendono l’uso alla pratica quotidiana”.
Già il CNPI, sia nella versione di parere favorevole sia in quella di parere sfavorevole, ha fatto rimarcare questa incongrua “estensione” all’uso quotidiano, che poi vuol dire utilizzare il voto anche nelle prove scritte e orali.
Per quanto ci riguarda sosteniamo che è lo stesso articolo 1 a non consentire tale estensione perché il voto espresso in decimi è incompatibile con i principi appena richiamati. Il voto numerico, infatti, è sommativo, sanzionatorio, non attento ai processi, sconnesso dalla programmazione e non finalizzato al successo di ciascun alunno.
Non solo, ma è soprattutto l’autonomia didattica e professionale, pure richiamata nel comma 8 dell’articolo 1, a consentire ai Docenti di non essere tenuti all’utilizzo del voto nelle prove scritte e orali, essendo obbligatorio, secondo la stessa legge 169/2008, esclusivamente per la registrazione nelle schede delle valutazioni periodiche (tri/quadrimestrali) e finali.
Del resto in materia di individuazione “di modalità e criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale” (art. 4 comma 4 sull’autonomia didattica), di scelta delle “metodologie e degli strumenti didattici” (art. 4 comma 5 sull’autonomia didattica) come anche in tema di “progettazione formativa e ricerca valutativa” (art. 6 comma 1 sull’autonomia di ricerca sperimentazione e sviluppo) il Regolamento dell’autonomia (DPR 275/99) attribuisce alle scuole libertà piena sull’argomento.
Su tale questione è la legge dell’autonomia tutelata costituzionalmente a non sopportare intrusioni da parte del Ministro o di chicchessia.
Naturalmente sul fatto che
un solo voto inferiore a sei, nella scuola media, in ciascuna disciplina o gruppo di discipline, possa determinare la bocciatura dell’alunno ricordiamo le osservazioni che abbiamo ricevuto e pubblicato sul sito da parte di alcuni Dirigenti Scolastici che sottolineavano l’incentivo alla menzogna collettiva che si produrrà nei Consigli di classe se non si vogliono decimare gli alunni in sede di valutazione finale.
Più fortunati, a questo punto, gli alunni della secondaria superiore che almeno possono fruire del sistema dei debiti.
Per quanto riguarda il voto di condotta che dovrebbe raddrizzare la schiena alla nostra adolescenza bullista e insofferente alla disciplina e che, se insufficiente, determinerà la bocciatura del discolo, sarà il Ministro a dirci, stabilendo i criteri, quando si deve attribuire un voto inferiore a sei. Con buona pace, anche per questo passaggio, benché previsto dalla legge 169/2008, dell’autonomia delle singole scuole.
Nel Regolamento si sottolinea come il voto di condotta concorre a determinare “la media” dei voti, mentre nella legge si parla di “valutazione complessiva” dello studente. E’ una interpretazione arbitraria della stessa legge che almeno non dava al voto sul comportamento il potere di determinare la media (un 10 in condotta ha così il potere di elevare quattro voti bassi).
Capitolo a parte è poi la certificazione delle competenze che viene introdotta alla conclusione della scuola primaria e secondaria di primo grado, sempre in ragione di quanto previsto nell’articolo 3 della legge 169/2008.
E’ un vero e proprio pasticcio: a) il Regolamento ripete ciò che la legge impone prevedendo una certificazione perfino per le scuole elementari; b) prevede un voto numerico anche per le competenze (unico paese europeo, sottolineavano i Consiglieri di Valore Scuola al CNPI) quando si sa che occorre esprimersi per esse in livelli; c) per riparare a ciò si dice che le competenze potranno essere espresse in numero contenuto di livelli (a questo punto pochi numeri e non tutta la scala decimale); d) questo numero contenuto di livelli dovrà riguardare l’accezione positiva; e) si prendono in considerazione perfino gli esiti dell’esame conclusivo del primo ciclo, quando si sa che le competenze sono ben altro affare rispetto alle prove di esame; infine f) si preannuncia un Decreto ministeriale che, tanto per abbondare, non solo confezionerà modelli per la certificazione delle competenze ma anche per la certificazione delle conoscenze e delle capacità.
E’ proprio da vedere come con i numeri si certificheranno le competenze e poi le singole componenti delle competenze quali sono le capacità e le conoscenze.
Unica nota positiva è che l’art 7 al comma 3 riportando correttamente le norme vigenti esclude che negli scrutini finali l’ Insegnante di religione cattolica possa con il suo voto determinare promozione o bocciatura, pur partecipando alle valutazioni per gli alunni avvalentisi. Infatti, qualora il suo voto dovesse risultare determinante per la promozione e la bocciatura, esso cessa di essere voto e si trasforma in giudizio motivato da iscrivere a verbale.
Circa la valutazione degli alunni stranieri da iscrivere alla scuola media superiore viene precisato che essi, se provvisti di documentazione di studi pregressi per almeno otto anni nel paese di provenienza, devono essere sottoposti all’accertamento di competenza linguistica italiana che attesti il raggiungimento del livello A1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento del Consiglio d’Europa. Rimane priva di risposta la domanda: e se il livello A1 non è in possesso dell’alunno che succede? Lo si respinge?
Per quanto riguarda altri argomenti (valutazione alunni con disabilità, valutazione adulti, alunni in ospedale, esami di idoneità nel primo ciclo, monitoraggio e valutazione degli apprendimenti) il regolamento sembra effettivamente fare quello che la legge prevede,e cioè il coordinamento delle norme vigenti.
Per il resto, come abbiamo sopra argomentato, molto è da fare per limitare i danni praticando l’autonomia professionale dei Docenti e l’autonomia organizzativa e didattica, di ricerca e sviluppo delle istituzioni scolastiche.
Si pone, peraltro, oggi il problema dell’applicabilità del voto numerico sulla scheda a partire dal primo quadrimestre. Va da sé che senza l’approvazione definitiva del Regolamento (e ciò vale per tutti i regolamenti su tutti gli argomenti, organico e riassetto ordinamentale, e quindi anche per il Regolamento sulla valutazione) si deve procedere con la normativa vigente, tenuto conto che l’impostazione del lavoro docente ha proceduto secondo la normativa attuale.
La stessa CM 100/2008 contiene solo professioni di fede in un verbo legislativo che non si è ancora concretizzato in atti e che nulla ha che fare con i processi concreti, rimanendo in ogni caso in capo al Collegio dei docenti la decisionalità in merito.
Roma, 13 gennaio 2009
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