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Il documento della Cgil scuola in Svizzera sulla certificazione

Intorno al tema della certificazione delle conoscenze della lingua si sta sviluppando un interessante dibattito tra gli operatori del settore Estero

17/03/2004
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Intorno al tema della certificazione delle conoscenze della lingua si sta sviluppando un interessante dibattito tra gli operatori del settore Estero. La CGIL-Scuola in Svizzera ha elaborato un ampio documento in cui si evidenziano tutti gli aspetti problematici che vanno emergendo nella prima introduzione della certificazione. Al di là dei riferimenti alla particolare realtà della Svizzera, le osservazioni e le proposte contenute nel documento possono contribuire ad un dibattito più generale nel settore sull’evoluzione dei bisogni e dei percorsi formativi. Le riflessioni contenute in questo documento possono fornire nello stesso tempo alcuni spunti anche nell’ottica di un dibattito sul cosiddetto “portfolio” inteso come curricolo in cui possono entrare a far parte ed acquisire sempre più peso titoli e certificati conseguiti all’esterno del percorso scolastico. Per queste ragioni riteniamo utile pubblicare una sintesi del documento.

1.La certificazione: gli aspetti positivi della proposta

La certificazione delle conoscenze della lingua italiana, con attestati riconosciuti a livello europeo, rappresenta un’innovazione positiva, in quanto arricchisce il curricolo di quanti, nei corsi e nelle scuole, apprendono l’italiano, permettendo di acquisire un titolo di valore europeo, spendibile anche ai fini di una migliore collocazione nel mondo del lavoro o negli studi superiori . Essa contribuisce peraltro all’acquisizione del “Portfolio europeo delle lingue”, nuova frontiera nel percorso formativo delle nuove generazioni in Europa. Più in generale si tratta di un riconoscimento che valorizza l’ italiano come lingua europea di grande comunicazione. Per queste ragioni la certificazione rappresenta un importante incentivo alla frequenza dei corsi di lingua e cultura italiana destinati alle nostre collettività all’estero, ma può diventare la chiave per favorire sempre di più l’apertura dei corsi anche a cittadini di altre nazionalità.

2. La certificazione come offerta aggiuntiva rispetto a curricula integrati

Tuttavia è importante che nella specifica realtà dei corsi la certificazione venga introdotta in modo oculato e attento alle diverse sfaccettature che questo intervento presenta nelle diverse realtà europee, la sperimentazione deve essere preceduta ed accompagnata da una riflessione nei Collegi dei docenti sulle finalità e sull’impostazione delle attività corsuali. Tale riflessione non può non partire dalle considerazioni sulla piena integrazione delle lingue e delle culture di origine nei curricula locali e quindi sulla funzione primaria dei corsi come sostegno alla scolarizzazione dell’obbligo, all’interno di un processo formativo “integrato” che comprenda la lingua e la cultura di origine come elementi costitutivi fondamentali. In quest’ottica il riconoscimento visibile e concreto dei corsi resta in primo luogo il voto o il giudizio di italiano sul documento di valutazione rilasciato dalle scuole dei paesi ospitanti, che deve essere preso in considerazione come effettivo elemento di valutazione negli snodi selettivi del sistema scolastico locale. Nella prospettiva dell’integazione delle lingue e culture di origine, la proposta della certificazione va considerata come un incentivo che interviene ad integrazione del voto rilasciato sul documento di valutazione locale, qualificante in termini di arricchimento del curricolo rispetto alle tradizionali forme di valutazione scolastica. In quanto offerta aggiuntiva e comunque facoltativa, essa non può essere rivolta alla generalità delle allieve e degli allievi, ma va valorizzata soprattutto per incentivare lo studio dell’italiano al termine del ciclo dell’obbligo scolastico, nella fascia di “obbligo formativo”fino ai 18 anni. Inserita precocemente essa non solo entra in qualche modo in conflitto con le tradizionali forme di valutazione, ma rischia di condizionare l’impostazione didattica dei corsi, riducendoli ad un insegnamento di lingua straniera con un conseguente “taglio” delle componenti culturali del curricolo.

3. Procedure nel rispetto delle norme contrattuali

L’introduzione di forme di certificazione richiede una necessaria fase sperimentale e va quindi avviata con una puntuale attenzione per tutte le implicazioni di ordine giuridico e contrattuale che tale prospettiva comporta. In questo senso è fondamentale riconoscere che per i docenti a t.i. la preparazione degli allievi richiede un impegno che esula dalle loro specifiche funzioni, con una serie di carichi aggiuntivi e volontari che vanno “giustificati” alla luce delle norme contrattuali. Pertanto il coinvolgimento degli insegnanti a t.i. può essere attivato esclusivamente attraverso progetti di miglioramento dell’offerta formativa ai sensi del CCNIE/ 2001 e quindi come attività da collocare in orario aggiuntivo. Il coinvolgimento degli insegnanti a carico degli enti gestori può invece essere sollecitato avvalendosi degli spazi aperti nei “progetti significativi” previsti dalla circolare 13 dellla DGPIEM/MAE del 7.8.2003. Ogni tentativo di mettere in discussione l’autonomia progettuale dei Collegi dei docenti e di generalizzare in orario curriculare la preparazione agli esami sarebbe in evidente contraddizione con i vincoli contrattuali.

4. La scelta dell’ente certificatore in un’offerta pluralistica

In Italia sono operanti diversi enti certificatori, di livello universitario e non, tutti a pari titolo abilitati dal Consiglio d’Europa, ma con alcune importanti differenze nell’impostazione delle prove di esame. Considerando la pluralità degli enti certificatori é necessario nella fase di prima sperimentazione potersi avvalere dei vari modelli, senza ingiustificati diritti di precedenza per alcuno degli istituti. L’adozione da parte dei singoli Collegi dei docenti di un modello da scegliere nell’ambito di una offerta pluralistica, costituirebbe un’opportunità per le prospettive future della certificazione. Essa consentirebbe infatti di valutare il diverso impatto dei vari modelli e di individuare per il futuro quello (o quelli) più adeguato alla forte specificità dell’ utenza. Per questa ragione non si possono non condividere le perplessità per le modalità con cui l’Ambasciata ha avviato in Svizzera il percorso della certificazione. I rilievi critici della CGIL-Scuola si riferiscono in particolare al tentativo di accreditare il modello PLIDA- Dante Alighieri, come modello prevalente se non esclusivo senza essere passati attraverso una adeguata valutazione di tutti gli enti certificatori.

5 Riaffermare l’autonomia progettuale dei Collegi dei docenti

La sperimentazione della certificazione sta evidenziando una nuova problematica conseguente alla Circolare n.13 del MAE, DGPIEM, del 07. 08.2003. La Circolare in questione da una parte intende fissare un quadro di più stringenti regole sul versante amministrativo-gestionale per gli enti gestori, dall’altra prefigura una loro più autonoma e dinamica capacità d’iniziativa sul versante dell’innovazione e della valutazione dei corsi. Tale interpretazione non trova a nostro avviso riscontro nei vari passaggi che si sono sin qui succeduti nell’iniziativa dell’Ambasciata. Nei vari passaggi che si sono sin qui succeduti risulta infatti precipuo il ruolo dell’Ispettorato Tecnico Scolastico, mentre appare di puro supporto il ruolo riservato agli enti gestori. Come CGIL-Scuola riteniamo prioritario ribadire, anche nel nuovo scenario determinato dalla Circolare 13, la centralità dell’autonomia progettuale dei Collegi dei docenti, il cui ruolo è esplicitamente richiamato nel Capo X del CCNL e specificato , per ciò che concerne il miglioramento dell’offerta formativa, dal CCNIE/2001. Ogni tentativo di “esautorare” i Collegi dei docenti, sia in nome di un interesse dell’Amministrazione MAE, sia nell’ambito di progetti degli enti gestori, va contrastato e respinto. Al contrario, partendo dall’elemento irrinunciabile dell’autonomia progettuale del Collegio dei docenti, proprio in ragione del quadro complesso che si va determinando nella gestione e nell’amministrazione dei corsi, diventa decisivo operare in un’ottica di raccordo tra i diversi soggetti.

6. Un percorso da rivedere

Alla luce delle osservazioni e delle riserve rappresentate, la CGIL-Scuola in Svizzera chiede che con urgenza si corregga il percorso finora seguito. Il primo passo è quello di avviare in tutti i Collegi dei docenti un’approfondita discussione sul tema, fondata su una precisa e circostanziata ricognizione del contesto linguistico e culturale in cui operano i corsi, quale premessa imprescindibile per individuare i destinatari della proposta e per definire le modalità operative della certificazione. Il secondo passo è il riconoscimento che l’ eventuale adozione da parte dei Collegi di un modello di certificazione debba avvenire sulla base di un’offerta pluralistica e non predeterminata dei diversi enti certificatori.

Il terzo passo è quello di ripristinare una corretta procedura nella formulazione dei progetti nell’ambito delle norme del CCNL 2002-2005 e del CCNIE 2001, nel pieno rispetto della funzione docente. La materia non può comunque non coinvolgere le OO.SS., in considerandone dei vari aspetti a pieno titolo oggetto delle relazioni sindacali con il Ministero degli Affari Esteri e con i vari livelli dell’Amministrazione .

Zurigo, 18 febbraio 2004

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