Manuali di economia marxisti.
Francia, Agosto 2004
Manuali di economia marxisti.
Anche in Francia come in Italia libri di testo sotto accusa. Ma lì non sono i libri di storia, bensì quelli di economia e l’accusa non viene ( meglio veniva visto che la notizia risale al marzo scorso) dal ministero dell’istruzione bensì da quello dell’economia che giudica i testi scolastici “ marxisti”.Per questo ha proposto all’Istituto dell’Impresa, una specie di circolo che raggruppa esponenti del grande padronato francese, di far frequentare ai professori officine e laboratori e non i corsi di marxismo con cui normalmente si aggiornano. Chissà se questo ministro è sopravvissuto al rimpasto governativo successivo alla disfatta elettorale della destra alle regionali o se ha dovuto lasciare la carica, come ha fatto il ministro dell’educazione?
Tirate le somme del dibattito nazionale.
La commissione nazionale presieduta da Claude Thelot e incaricata di tirare le somme del grande dibattito nazionale sulla scuola svoltosi l’inverno passato ha finito i suoi lavori. Le conclusioni ancorché non ufficiali sono state anticipate da Le Monde. Nella sostanza le conclusioni propongono di tornare indietro sull’obiettivo dell’80% dei dicottenni diplomati di puntare invece sulla diffusione delle conoscenze fondamentali: il cosiddetto zoccolo comune costituito da lingua, matematica, educazione civica, inglese e nuove tecnologie. Si propone inoltre di istituire un Alto Consiglio dell’Educazione composto d personalitàestranee al sistema educativo. L’organizzazione della scuola dovrebbe articolarsi su tre cicli: dai 3 ai 7 anni, dagli 8 agli 11 e dai 12 ai 18, per attenuare le rotture tra i diversi gradi di scuola. I licei dovranno mantenere le tre filiere (generale, tecnologico e professionale) ma il primo anno dovrebbe essere uguale per tutti e gl’indirizzi dovrebbero essere scelti solo nel secondo anno. Viene proposta però anche una politica di “dicriminazione positiva” in cui il 25% dei crediti formativi sia determinato dalle caratteristiche dell’alunno e per cui nelle scuole più difficili la nomina del personale preveda il parere del preside e dove le scuole che risultano troppo segreganti vengano chiuse. Si propone anche un margine di autonomia pedagogica e finanziaria delle scuole pari all’8-10% del budget e la separazione di stato giuridico tra docenti e capi di istituto. La professione docente dovrebbe considerare anche quelle attività che vanno oltre l’insegnamento, con un aumento dell’orario ufficiale variante da 4 a 8 ore per sostegno e organi collegiali. Tutto questo lavoro dovrebbe mettere capo ad una legge di riforma prevista per il 2005.
Settimana di quattro giorni.
La Francia è l’unico paese a praticare nella scuola primaria la settimana di quattro giorni: la praticano circa un terzo delle scuole. E questa “fantasia” viene criticata dalla aggiorna degli studiosi che la imputano più agli interessi degli insegnanti che a quelli dei bambini, in quanto aumenta i ritmi di apprendimento dei singoli bambini. Per questo in alcune zone la “settimana corta” è stata compensata iniziando le lezioni alla fine di agosto e terminandole un po’ dopo la metà di giugno, ma per lo più il taglio si scarica su un aggravio di frequenza giornaliero. In Francia infatti si devono fare936 ore di lezione all’annoe si tratta di una delle quote più alte a livello europeo insieme ad Italia (980) e Paesi Bassi (940) e non vi è neppure una differenza tra le diverse età: dalla materna alla primaria tutti, bimbi e docenti, fanno 26 ore settimanali. La decisione se ridurre o meno le giornate viene presa dall’ispettore periferico su proposta del consiglio della scuola, ma si è già visto che dopo averla sperimentata difficilmente viene smontata anche quando ispettori ed amministrazioni periferiche non sono d’accordo.
Ma studiare serve a lavorare?
L’occupazione di giovani neodiplomati è incredibilmente crollata nel pese d’oltralpe. Il tasso di occupazione dei diplomati del liceo è passato dal 69,8% nel 2002 al 57,8% nel 2003. 12% in meno, ma peggio va coloro che hanno solo una qualifica professionale che crollano del 13%, mentre i diplomi professionali crollano del 10%. Va un po’ meglio agli apprenditi che frequentano i corsi in alternanza: il loro tasso è sceso “appena” dal 75,9% al 69,2%. Secondo i commentatori incide su questo crollo l’abolizione del programma diimpieghi giovanilia suo tempo avviato dai governi socialisti e bloccato dalla destra. Unico dato positivo lo scarto tra il tasso di inserimento maschile e quello femminile che è passato dal 6,3% al 3,7%.