In 60.000 a Bruxelles per dire no alla Bolkestein e per difendere la coesione sociale dell’Europa
Cielo grigio su…. ma strade piene di colori giù, sabato scorso a Bruxelles: rosso, verde, arancione, bianco, blu.
Cielo grigio su…. ma strade piene di colori giù, sabato scorso a Bruxelles: rosso, verde, arancione, bianco, blu. La “multiculturalità” del sindacalismo europeo ha risposto compatta all’appello della CES ed è scesa in piazza unita intorno a un obiettivo unico: impedire la privatizzazione e la mercantilizzazione dei servizi sociali pubblici ( e tra questi naturalmente la scuola, l’università, la ricerca e tutti gli altri settori della conoscenza), prevista dalla direttiva Bolkestein. “Bolkestein=Frankestein” c’era scritto sui cartelli verdi del sindacato cattolico CSC, particolarmente forte nel Belgio fiammingo, che, con una musica rock a tutto volume da far invidia al più radicale dei nostri centri sociali, apriva il corteo con un camion dove giovani in gabbia, come animali in vendita, simboleggiavano la condizione dei giovani lavoratori europei schiacciati dalla prospettiva del dumping sociale che sarà provocato dalla norma del “paese d’origine” (applicazione all’estero delle norme sul lavoro presenti nel paese d’origine, altro aspetto della Bolkestein). Seguivano i “rossi” dell’altro sindacato belga, la FGTB, e poi, nel corteo, altri “rossi”: i tedeschi della DGB( con una rilevante presenza dei metalmeccanici della IG Metall), gli italiani della CGIL, i francesi della CGT (tantissimi, scaricati già in corteo dai numerosi treni che arrivavano dal vicino confine francese !), gli spagnoli dell’UGT, della USO e delle Comisiones Obreras, gli sloveni dello SSS. Numerosissimi anche gli “arancioni” olandesi della FNV e quelli francesi della CFDT: evidentemente oltre ai belgi la parte del leone l’hanno fatta i paesi confinanti. E poi la bandiere a strisce biancoverdi della CISL, e le bandiere blu della UIL , ma anche, più o meno con lo stesso colore, i palloncini del Sindacato Liberale belga. E poi le bandiere bianche dei polacchi di Solidarnosc, dei sindacati cechi, di quelli slovacchi, della FSU francese, dell’Unef (il sindacato degli studenti francesi).
E numerosissimi i palloni: una vera e propria guerra tra chi sfoggiava il più grosso, il più alto, il più colorato.
60.000 persone hanno detto gli organizzatori, ma potevano essere anche di più: il corteo ha cominciato a sfilare mezz’ora prima del previsto per fare spazio ai partecipanti che cominciavano ad arrivare e tre ore dopo alla meta non era arrivato che mezzo corteo. Dietro continuavano a snodarsi le delegazioni sindacali e lo spezzone di movimenti più svariati, lungo un percorso dritto dalla Gare du Midì alla Gare du Nord che lambiva il piccolo centro storico della capitale belga.
''Il successo della manifestazione di oggi e' andato oltre le aspettative - ha dichiarato Walter Cerfeda, oggi segretario della CES-. Aspettavamo 50.000 persone e la polizia ci dice che ne sono arrivate oltre 60.000. Questo vuol dire che le preoccupazioni di un'Europa che cambia linea, che possa introdurre scelte di carattere liberista piuttosto che improntate al modello sociale, sono molto sentite''. Secondo
Cerfeda, la direttiva Bolkestein ''e' stata l'elemento caricatore di questa preoccupazione, ma si sente nell'aria il rischio di un cambio genetico dell'Europa, di un cambio d'identita' verso politiche che pensano di lanciare l'Europa sulla deregolamentazione sociale, mentre tutti i paesi piu' evoluti d'Europa confermano che la coesione sociale e' il fondamento dello sviluppo''.
Se da una parte '”e' una manifestazione propositiva - ha osservato -, dall'altra e' ferma, alla vigilia del vertice di primavera, per dire che il sindacato non e' disponibile ad accettare possibili cambiamenti strategici nel futuro competitivo d'Europa. L'Europa - ha concluso Cerfeda - non riprendera' il suo peso assomigliando un po' di piu' all'America, ma trovera' il suo spazio confermandoli compromesso tra competitività e coesione sociale.”
Roma, 21 marzo 2005
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