A proposito di aumenti unilaterali.
Francia, aprile 2005
Aprile
A proposito di aumenti unilaterali.
Forse molti non lo sanno ma quando alla vigilia delle ultime elezioni abbiamo assistito alla manfrina tra Fini e Berlusconi sugli aumenti agli statali, senza che per altro le cifre fatte e che ancora non si vedono fossero mai state avanzate in sede di trattativa con i sindacati, la piece recitata dai nostri aveva avuto un’anteprima al di là delle Alpi.
In Francia i sette sindacati del pubblico impiego sono da tempo sul piede di guerra per ottenere un aumento dell’1,8% per il 2005 e dell’1,3% per il 2006, visto che il ministero della funzione pubblica insiste a voler tenere attaccate le due annate.
Insensibile a queste rivendicazioni il ministro della funzione pubblica ha deciso il 29 marzo (anche le date tornano!) un aumento “unilaterale” dello 0,8%, scaglionato in uno 0,5% a luglio e uno 0,3% in novembre, ma che si aggiunge ad un aumento dell’1% già ottenuto a dicembre 2004 (in Francia gli adeguamenti stipendiali pubblici sono praticamente annuali), a fronte di un’inflazione programmata dell’1,8% ma reale dell’1,5% (mai successo in Italia che l’inflazione programmata fosse superiore a quella reale!). L’aumento costerà 350 milioni di euro alle casse dello stato francese.
Negative le reazioni dei sindacati, che non hanno siglato alcun accordo: la Fsu ha denunciato la pitoccheria del differimento dell’ultimo scaglione, la Cfdt considerava che comunque per il 2005 il potere d’acquisto è coperto, l’Unsa sospettava che la manovra comprometterà il 2006, la Cgt ha detto invece che comunque le lotte dei mesi precedenti avevano pagato, costringendo il governo a sborsare.
In Francia, a differenza che in Italia l’aumento unilaterale è possibile dal momento che i dipendenti pubblici non sono sottoposti a un regime contrattuale. Ma sono evidenti anche altre differenze.
La prima: la consistenza percentuale degli aumenti è inferiore grazie ad una minore inflazione e ad un meccanismo di adeguamenti annui che tiene gli stipendi pubblici più vicini alle modificazioni del costo della vita.
La seconda: pochi o tanti, insoddisfacenti o no, lì i soldi si vedono, mentre da noi il balletto preelettorale degli “uniteralisti” nostrani è avvenuto su soldi che non ci sono e su aumenti che non si vedono.
La mobilitazione continua. Nonostante due mesi di manifestazioni studentesche alla fine anche la riforma della scuola francese è stata approvata. Nondimeno la mobilitazione continua e sabato 2 aprile circa 60.000 tra studenti genitori e insegnanti hanno risposto all’appello dell’associazione dei genitori Fcpe e sono scesi in manifestazione in alcune città della Francia tra cui Parigi e Tolosa. All’obiezione che la legge era stata già approvata i manifestanti rispondevano che una legge approvata si può anche abrogare. In alcune scuole gli studenti hanno organizzato referendum autogestiti e il clima dentro le scuole è ancora caldo. Tanto che la cosa preoccupa i presidi. Il sindacato di questi, Snpden, che pure fa parte dell’Unsa, federazione sindacale che appoggia gli studenti, non ha partecipato all’ultima mobilitazione. In pratica i presidi accusano i docenti di sobillare gli studenti.
Al contrario gli insegnanti sostengono che il movimento ha messo in luce una grande e inaspettata maturità degli studenti e che molte coscienze sono maturate nella lotta di questi due mesi. Effettivamente dicono i dirigenti delle due principali organizzazioni studentesche, Fidl ed Unl, in poco tempo molti studenti hanno imparato a leggere un testo di legge, a dibattere, a organizzarsi.
Nel frattempo un gruppo di genitori ha lanciato un appello perché sia fatta luce sugli avvenimenti dell’8 marzo, quando bande di casseurs provenienti dalla periferia aggredirono la manifestazione studentesca facendola degenerare. L’organizzazione degli studenti ebrei progressisti Hachomer Hatzair insiste sul tasto di un nuovo razzismo “ a rovescio” che starebbe nascendo, ma l’ipotesi trova pochi sostenitori tra gli studenti di un movimento che denuncia le misure della riforma come misure segregazioniste e discriminanti. E tuttavia tutti si interrogano sul fenomeno per certi versi nuovo e inaspettato.
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