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Mario Ricciardi è professore presso l'Università degli Studi di Bologna, componente del comitato direttivo e già vicepresidente dell'associazione italiana per lo studio delle relazioni industriali (AISRI). Promotore e coordinatore della Summer school per esperti latino americani in problemi del lavoro. È stato per molti anni componente del Comitato direttivo dell'ARAN, titolare della contrattazione del comparto scuola. È anche autore di numerosi saggi e articoli sui problemi delle relazioni industriali e del lavoro.

La contrattazione di scuola dopo la riforma Brunetta

Il prof. Ricciardi comincia il suo intervento ringraziando dell'invito, ma con un pizzico di ironia fa presente che si tratta di un invito pesante perché la materia è incandescente.

L'argomento della contrattazione integrativa, di cui dobbiamo occuparci dice, è reso particolarmente complesso dal contesto in cui si inserisce. Da un lato, infatti, la legge 150/2009 è dominata da una vera furia di azzeramento dell'impianto preesistente, e da una frenesia di fare presto, senza rispettare le norme esistenti, i contratti, i diritti e i doveri consolidatisi nel tempo. Questo determina una serie di problemi interpretativi che per la prima volta si verificano nel pubblico impiego in modo così marcato, perché in precedenza i cambiamenti normativi, che pure vi erano stati lasciavano spazio a periodi di decantazione, e soprattutto si ponevano in continuità con la normativa preesistente.

Questa volta, invece, per Ricciardi ci troviamo di fronte a un legislatore in preda a una sorta di frenesia, come se temesse che il trascorrere del tempo giochi a suo sfavore. A complicare ulteriormente il quadro, c'è poi stato l'arrivo, praticamente a ridosso del decreto 150, della manovra d'estate che ha azzerato o almeno congelato gran parte delle norme della riforma della pubblica amministrazione.

Tutto questo ha determinato una serie di torsioni e di forzature, anche giuridiche, che hanno reso questa fase un vero e proprio percorso di guerra, nel quale la contrattazione residua, che è poi quella integrativa, applicativa dei contratti stipulati nella fase precedente viene sovraccaricata di un compito improprio, quello di dare immediata attuazione alla legge, in assenza di un nuovo quadro di contrattazione nazionale, determinando probabilmente un risultato esattamente opposto rispetto a quello voluto, quello cioè di far diventare la contrattazione del pubblico impiego una specie di abito di arlecchino.

Sono numerose le norme che pongono interrogativi ai quali non è facile dare risposte certe. Una è sicuramente quella contenuta nell'art. 34, che stabilisce che le determinazioni inerenti all'organizzazione degli uffici e alla gestione dei rapporti di lavoro siano assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione, fatta salva la sola informazione ai sindacati. Si precisa che vi rientrano la gestione delle risorse umane e la direzione e la organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici. Ma il successivo art. 54 afferma che sono contrattabili le materie direttamente pertinenti il rapporto di lavoro. Stabilire con precisione questo confine è molto difficile. Infatti, la stessa circolare n. 7 che dice delle ovvietà si guarda bene dallo stabilire questo confine. È impensabile che siano i negoziatori (Dirigente scolastico e RSU) a farsi carico di determinare quali sono le materie di organizzazione.

Un dato è certo, una circolare non può sovvertire l'ordine gerarchico dei contratti: nazionale e integrativo.

Inoltre la scuola è un sistema molto complesso perché al suo interno agiscono altri soggetti (es. collegio docenti) che invece non sono presenti nelle altre amministrazioni, dunque, in ogni caso la legislazione scolastica rimane un punto di riferimento non trascurabile. Il Ccnl vigente rimane al momento l'unico elemento sui cui basarsi. Ciò vuol dire che bisogna stare molto attenti a non esorbitare dalle norme contrattuali ponendo una maggiore attenzione alle regole e alle procedure. Ad esempio compilando una relazione tecnico illustrativa molto precisa e puntuale.

L'altra norma cruciale è quella contenuta nell'art. 54 comma 3, dove si afferma che, qualora non si raggiunga l'accordo per la stipulazione di un contratto integrativo, l'amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva sottoscrizione.

 

Sono due norme che, se interpretate estensivamente in senso letterale, come alcuni interpreti sembrano intenzionati a fare, potrebbero, se non paralizzare, certo ferire gravemente la contrattazione integrativa. È evidente che dare all'amministrazione la possibilità non solo di decidere unilateralmente, prescindendo dal confronto con il sindacato e le RSU, ma anche di decidere unilateralmente senza avere contrattato, significa uccidere la contrattazione.

Si tratta di norme che suscitano diversi interrogativi e perplessità, alcuni più d'ordine generale e "politico", altri invece di natura più tecnica, che richiedono, per essere risolti, una serie di valutazioni sul sistema delle fonti, i rapporti tra livelli contrattuali e, soprattutto, una forte dose di buon senso in coloro che sono chiamati ad applicarle, senza forzature "decisioniste", assolutamente fuori luogo, ma anche con grande attenzione al rispetto delle prerogative e delle competenze definite dai contratti nazionali di lavoro.

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