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Annamaria Poggi conclude i lavori della sessione della mattina. Professore di diritto costituzionale, dal 2002 è preside della facoltà di scienze della formazione dell'università degli studi di Torino. Numerose e importanti le sue pubblicazioni sui temi dell'autonomia, della decentralizzazione e del federalismo.

Riprendere il cammino dell'autonomia scolastica

 

Non è possibile pensare l'autonomia delle istituzioni scolastiche senza inquadrarle nel contesto delle altre autonomie. Il federalismo è un processo storico e non muove da modelli ideali non contestualizzati. Esso si sviluppa inevitabilmente secondo i processi storici e le necessità di un Paese e non può essere postulato facendo riferimento ad altre realtà. In Italia il federalismo deve confrontarsi con la forza delle autonomie territoriali.

Il processo di autonomia delle istituzioni scolastiche iniziato nel 1997 prevedeva un vero e proprio patto tra autonomie e l'autonomia scolastica era considerata perno delle altre autonomie territoriali, strumentali alla realizzazione dell'autonomia scolastica. Già sul nascere quel disegno inizia a perdere la sua impostazione iniziale, perché la legislazione successiva, posponendo l'autonomia scolastica (1999) a quella degli EE.LL. (1998), ha rovesciato il processo logico sotteso al disegno iniziale. La stessa legge di modifica del Titolo V della Costituzione non ha sciolto la questione delle priorità lasciando insoluto ogni nodo.

Oggi assistiamo ad una ripresa del centralismo burocratico che storicamente non è un segno di forza dei governi, bensì di debolezza. Assistiamo al paradosso del fallimento dell'obiettivo del conseguimento dell'uguaglianza delle opportunità in un sistema centralizzato. Il federalismo si presenta come uno strumento utile per conseguire su tutto il territorio nazionale uguaglianza di opportunità rimuovendo i fattori sfavorevoli per il raggiungimento del LEP. Sarebbe fuorviante concepirlo in una chiave di lettura che vede il Nord e il Sud contrapposti ed identificando solo in una parte del Paese i problemi. Non esiste, infatti, uniformità di situazioni in ciascuna parte d'Italia.

Nel 2006 il Master Plan prevedeva una mappatura delle competenze tra Stato e Regioni e la definizione di alcune norme generali per l'attuazione del Titolo V della Costituzione. Esso ha previsto anche la costituzione di un tavolo tecnico che in questi anni ha lavorato producendo una bozza di intesa che ha esplicitato le funzioni reciproche di Stato e Regioni, le modalità di trasferimento delle funzioni e delle necessarie risorse dal centro alla periferia. In questa proposta, che valorizzava la presenza dei dirigenti scolastici all'interno dei processi decisionali, era anche previsto che le Regioni potessero avviare in tempi diversi le intese con lo Stato, nell'ambito di un quadro legislativo di riferimento valido per tutti. Quella Bozza oggi è ferma perché il MIUR l'ha respinta, nonostante il parere favorevole dato dal MEF e dalla FP. Il pericolo è che, in assenza di un accordo quadro, le intese si definiscano separatamente tra lo Stato e le singole regioni, con il conseguente trasferimento di risorse sottratte alla comunità. La Legge Calderoli sul federalismo fiscale prevede, per il settore dell'istruzione, che vengano definiti i LEP, ma non è chiaro quali attori andranno a definirli e quali siano quelli irrinunciabili. Senza un accordo a livello nazionale il rischio è quello di accentuare le disparità e le differenze piuttosto che colmare i vuoti.

 

Occorre pertanto riprendere immediatamente il cammino dell'autonomia scolastica che focalizzi l'attenzione sulla valorizzazione delle reti di scuole strutturate normativamente, ma lasciate alla libera iniziativa delle istituzioni scolastiche appartenenti ai diversi territori. Sarà necessario inoltre che le scuole sviluppino sistemi interni di autovalutazione e che insieme agli altri soggetti possano dare vita a fondazioni, concepite in un'ottica diversa da quelle del disegno di Legge Aprea.

In conclusione, dice la Poggi, occorre affermare con forza che nulla potrà restituire ai processi la giusta direzione se non si passa da una posizione di "resistenza" ad una volontà propositiva che si concretizzi in iniziative, proposte documentali ed operative.

In questa direzione il sindacato può rappresentare una risorsa fondamentale in termini di risorse intellettuali e operative.

Il video dell'intervento