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La formazione, il sapere e la conoscenza, guardano al futuro

Dario Missaglia è da molti anni un attento osservatore e studioso dei problemi della scuola, della condizione degli insegnanti e degli studenti, ed è autore di numerosi saggi e articoli. Ha una lunga esperienza di dirigente sindacale prima nella CGIL Scuola, divenendo poi segretario nazionale della Federazione Formazione e Ricerca della CGIL nazionale. Attualmente dirige un istituto di istruzione superiore.

Inizia il suo intervento sottolineando il clima di regressione culturale che si respira nel Paese, clima al quale necessariamente dobbiamo reagire. Ma quale direzione dare al lavoro del dirigente scolastico oggi e quale direzione al lavoro nella CGIL? Si dichiara orgoglioso Missaglia, di aver incontrato sulla sua strada il sindacato. La CGIL gli ha permesso di condividere un percorso politico con tanti altri e oggi la politica è importante, fa parte del ruolo del dirigente scolastico. Forse stiamo vivendo una crisi realmente epocale e in essa è necessario interrogarsi. Innanzitutto sul fatto che la scuola, come funzione pubblica dello Stato non ha un ruolo centrale nella politica di questo paese, nè con governi di centrodestra né, con le dovute differenze, con governi di centrosinistra. Ciò ha ragioni storiche profonde, che andrebbero sondate maggiormente proprio oggi, a 150 dall'Unità d'Italia, perché è lì la radice di tanti mali di questo paese, in quella fragile unificazione, subita più che supportata dalla Chiesa. Chiesa che, ancora negli anni '50, dalle pagine di Civiltà cattolica, definiva la libertà di non andare a scuola un diritto individuale.

E ancora oggi i nodi irrisolti sono tanti, il nostro sistema produttivo non ha mai pensato alla conoscenza, come una risorsa economica per il Paese. Istruzione e lavoro sono sempre stati divisi, senza accorgersi che questi due elementi più si allontanano uno dall'altro, più si indeboliscono. E il "riordino" della Gelmini, persevera nell'errore.

 

La nostra istruzione statale non produce uguaglianza, non è un fattore di trasformazione sociale.

In questo orizzonte, l'autonomia ha rappresentato un fattore di rottura salutare, una profonda riforma culturale. Da una logica verticale, al cui apice c'era il Ministero, si è passati ad una orizzontale di condivisione. Ma tanti nodi legati all'autonomia restano irrisolti ed essere dirigente oggi, significa calarsi in questo flusso di cambiamento non ancora compiuto.

Si rischia ancora il ritorno al modello verticale, tanti direttori degli Uffici scolastici regionali, continuano a porsi in modo gerarchico nei confronti dei dirigenti.

Oggi sono tanti soggetti delle decisioni nelle scuole, in questo modello orizzontale, ma va studiato un modello di rappresentanza della scuola autonoma che abbia valore giuridico, altrimenti il rischio autoritario di affidare tutto al dirigente è grosso. È importante inoltre, secondo Missaglia, che si stabilisca un sistema di valutazione del dirigente. Come può il dirigente valutare i docenti se non è valutato esso stesso?

Insomma è tanto il cammino da fare, ma è un cammino importante, per il senso sociale che ha il lavoro del dirigente, perché a scuola possiamo produrre legami sociali, perché i giovani a scuola possono apprendere la fiducia e superare la solitudine che c'è fuori. Perché il "consumo" vive nel presente. La formazione, il sapere, la conoscenza, guardano al futuro.

Il video dell'intervento

FERMIAMO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA!

Al via la
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