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Nel corso della mattinata, hanno dato il loro contributo alla discussione Mauro E. M. D'Arcangelo, ricercatore CRA, Nicola Catalano, ricercatore ISFOL, Laura Beranzoli , ricercatrice INGV, Aldo Amore, ricercatore CNR, Gaetano Borrelli, ricercatore ENEA, Elvio Cipollone, ricercatore APAT, Marina Camusso, ricercatrice CNR, Monique Mancuso, ricercatrice precaria CNR Messina, Luciano Di Fiore, ricercatore INFN, Aldina Venerosi, ricercatrice ISS, Nicoletta Di Bello, ricercatrice INVALSI, Simone Cappello, ricercatore precario CNR Messina.

Ecco le sintesi di alcuni interventi

Mauro E. M. D'Arcangelo, ricercatore CRA Unità di Viticoltura (Arezzo)

"Il mio intervento ha lo scopo di sottolineare le tesi già espresse da Paola Verrucchi relativamente alla necessità di più ricercatori ed informarvi sul CRA.

Il CRA, Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura, nasce nel 1999 grazie al Decreto legislativo 454/99 con l’intento di riunire sotto una unico Ente i 23 Istituti Sperimentali del Ministero Agricoltura, l’Ufficio Centrale di Ecologia Agraria (UCEA), il Laboratorio Centrale di Idrobiologia, L’Istituto Nazionale di Apicoltura, L’Istituto di Sperimentazione per la Pioppicoltura e per finire il Gabinetto di Analisi Entomologiche. Ad oggi dopo quasi dieci anni dall’emanazione del D.Lvo 454 la riforma volge al termine, attraverso un processo che ha visto porre attenzione prima all’organizzazione (Statuto, Regolamenti e organismi di gestione) e poi, attraverso accorpamenti e dismissioni, all’ossatura stessa attraverso la costituzione e la distribuzione dei 15 Centri di Ricerca ( a volte multidisciplinari) e delle 32 Unità di Ricerca su tutto il territorio nazione. Oggi nel CRA lavorano, secondo quanto riportato dal Piano Triennale deliberato dal Consiglio di Amministrazione del CRA il 2 agosto del 2007, 1340 dipendenti, di questi il 75% appartiene al ruolo tecnico Il restante al ruolo amministrativo. Del ruolo tecnico 428 appartengono ai livelli superiori I°-II°-III° (Direttori, I° Ricercatori/Tecnologi, Ricercatori/Tecnologi (DRT)). A seguito della riforma, che ha visto una diminuzione delle sedi, la presenza di tale personale è salita da una media di 5 DRT per Istituto a 9,1 DTR per Centro o Unità. L’età media di questa popolazione è di circa 53 anni. Il personale appartenente al III° Liv. (ricercatori/tecnologi (RT)) presenta una età media di 47 anni mentre i dipendenti con I° e II° Liv. (Direttori, I° Ricercatori/Tecnologi) hanno una età media di 60 anni.

Ora in considerazione dell’età anagrafica, degli anni di servizio mediamente prestati della distribuzione nei vari livelli, si può ipotizzare, con ragionevolezza, che per far fronte ad un probabile esodo causa pensionamenti siano necessari almeno 25 nuovi ricercatori/tecnologi (RT) anno per il prossimo decennio. Questo per mantenere l’attuale numero di DRT, garantendo un ricambio minimo evitando al contempo il collasso della struttura per mancanza di personale (stessa situazione dicasi anche per i livelli tecnici inferiori). Venticinque RT per anno servirebbero solo al mantenimento, il numero medio per sede di tale personale rimarrebbe comunque ben al di sotto di quella soglia fissata dalle norme statutarie di 10 RT per Unità e 30 per Centro. Per raggiungere tale consistenza, necessaria a scongiurare l’insorgenza di quella patologia, fonte di gracilità del sistema della ricerca agricola italiano, individuata tempo fa da Ennio Galante e definita come massa critica carente (troppi Istituti con pochissime persone), il numero di RT reclutati per anno dovrebbe almeno raddoppiarsi. In tal modo si garantirebbe quel passaggio di consegne, di conoscenze adeguato fornendo al sistema la giusta armonizzazione tra entusiasmo ed esperienza offrendo al contempo reali prospettive di occupazione stabile per quei ricercatori da troppo tempo in condizione di precarietà all’interno del CRA".

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Nicola Catalano, ricercatore ISFOL

Catalano nel suo contributo ai lavori del convegno propone alla discussione il tema delle retribuzioni dei ricercatori. Si fa riferimento all’indagine della Commissione Europea, che ha coinvolto 33 paesi, ha stimato una popolazione di oltre 3 milioni di ricercatori in Europa, utilizzato indicatori standardizzati e coefficienti correttivi, che rendono possibili e rigorosamente scientifici i confronti internazionali.

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Laura Beranzoli , ricercatrice INGV

La Beranzoli individua due elementi da affiancare alla necessità di una sufficiente massa critica di ricercatori:

  • l'adozione di scelte strategiche a livello nazionale;

  • una adeguata programmazione

Le scelte dovrebbero essere ispirate alle specificità nazionali ed essere armonizzate e sinergiche con la politica dell'Unione europea della ricerca per superare localismi e consentire una piena e auspicabile integrazione con i paesi europei.

Il secondo elemento individuato è un Piano Nazionale della Ricerca che permetta di anticipare la partecipazione ai Programma Quadro UE con risorse umane e finanziarie e tempi idonei per affrontare la sfida europea. Per poter fare questo sarebbe necessario una struttura analoga a NRC o NSF di altri paesi che abbia le competenze per poter fare le scelte strategiche nazionali.

Infine, riuscire a sostenere economicamente le infrastrutture italiane in ambito europeo (2 su 35) per mantenere la leadership.

Qualificazione della ricerca: processo di valutazione della ricerca condiviso e chiaro per poter innescare un processo virtuoso e lasciare spazio alle nuove idee come quelle di IDEAS del VII programma quadro europeo.

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Aldo Amore Bonapasta, ricercatore ISM-CNR

Che cosa si chiede ad un ricercatore? Passione e impegno, certo, ma anche altre caratteristiche: abitudine a essere valutati e rigore e serietà; ad essere competitivi pur essendo svantaggiati.

Tutto questo, però, non viene considerato dalla politica; i ricercatori sono a tutti gli effetti dei dipendenti statali, ed è quindi necessario far risaltare le specificità dei ricercatori.

Si sono saltate due generazioni, non solo rischio di andare sotto alla massa critica, laboratori che chiudono, professionalità che si perdono.

La situazione del CNR, prosegue il ricercatore, con le sue riforme ed effetti è emblematica. Eterodirezione e ambiente fortemente gerarchizzato, poco appetibile per i giovani. La politica dovrebbe dare ai ricercatori maggiore responsabilità ed autonomia.

Infine, conclude Amore, è necessario valorizzare gli Enti Pubblici di Ricerca e rafforzare uno stretto collegamento tra formazione e ricerca.

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Gaetano Borrelli, ricercatore ENEA - Università La Sapienza

Attraverso un articolo da lui scritto nell’ambito della sua attività istituzionale, si sofferma sui dati del basso numero di ricercatori presenti nel nostro paese, anche sommando quanti sono costretti ad espatriare, sul decremento che si è avuto negli ultimi anni, entrambi effetto del ridotto investimento in ricerca.

Quello che in Italia manca è la scelta di considerare la ricerca prioritaria per il paese.

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Elvio Cipollone, ricercatore APAT

L'APAT è stato unito ad altri due enti (INFS e ICRAM) per decreto: si istituisce un istituto, l'IRPA, facendo confluire all'interno le funzioni di 3 enti molto diversi. E' stato un intervento attuato con un decreto legge che, mentre prevede la nomina di un commissario e di due sub commissari entro 30 giorni, rinvia ad un successivo decreto ministeriale senza scadenze temporali tutte le questioni di merito. L'APAT, prosegue Cipollone, svolge anche funzioni di controllo, non è solo un ente di ricerca, è anche il terminale italiano dell'agenzia europea per la tutela ambientale. Come comitati degli iscritti dei 3 enti abbiamo evidenziato come l'istituto debba avere un grado elevato di autonomia e indipendenza, non può essere una sezione del ministero dell'ambiente. Le problematiche ambientali, che necessitano di una autorevolezza anche internazionale, devono essere tenute separate dalla politica.

Ovviamente, conclude Cipollone, le ricadute sul personale sono gravi perché ci sono processi in atto come quelli di stabilizzazione che non possono arrestarsi, oppure come le progressioni verticali che devono trovare conclusioni distinte e propedeutiche all'avvio del nuovo ente.

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Marina Camusso, ricercatrice CNR

Ripensando al periodo in cui con pochi mezzi si riuscivano a fare ottime ricerche, oggi sembra che a furia di spendere tempo a cercare finanziamenti si perde letteralmente l'entusiasmo. Per la Camusso, la curiosità di trovare gli strumenti per risolvere dei problemi sembra venuta meno. Bisogna recuperare la voglia di dialogare con il Paese.

Le donne, conclude la Camusso, sono delle ottime mediatrici essendo costrette a dover risolvere molti problemi contemporaneamente.

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