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Sull’autogoverno delle istituzioni scolastiche interviene Alba Sasso, deputato DS Ulivo.

Nella VII Commissione Cultura della Camera è in discussione il Disegno di Legge Bersani “Norme urgenti sull’Istruzione” che dovrà essere approvato al più presto. Si tratta di interventi su edilizia scolastica, tempo pieno ed altro.

E’ incluso anche un intervento di riordino degli organi collegiali che a suo parere va stralciato in quanto, su questa parte, c’è bisogno di un’ampia discussione e consultazione con sindacati, associazioni e mondo della scuola. Di riforma degli organi collegiali si discute da molti anni e nelle due precedenti legislature si è arrivati alla soglia di una decisione.

I principi raccolti nel Disegno di legge Bersani appaiono più arretrati rispetto alla situazione ed alle esperienze in atto in molte scuole. Il punto decisivo, quello del coordinamento/collegamento con il territorio appare scontato. Il vero problema è come contemperare il legame con il territorio con un quadro nazionale ed europeo, che sono le vere frontiere della scuola oggi.

Nel concreto viene riproposta la funzione della giunta esecutiva che è un organo che appartiene agli organi collegiali nati prima dell’Autonomia. C’è una proposta di un comitato tecnico che verifichi il lavoro scolastico, ma già oggi in molte scuole ci sono comitati, dipartimenti di verifica e valutazione che agiscono.

Abbiamo di fronte due alternative:

1) modificare i criteri della delega per la riforma degli organi collegiali;

2) stralciare la delega dal Disegno di legge per rivedere il lavoro già fatto e produrre una legge più semplice che non riproponga la bulimia legislativa in atto e razionalizzi anche la partecipazione.

Se passa lo stralcio si deve andare ad una consultazione delle scuole, delle associazioni professionali, dei genitori, degli studenti e dei sindacati.

Bisogna fare delle considerazioni prioritarie rispetto agli organi collegiali e all’Autonomia. Quelli sono nati prima dell’Autonomia. I dirigenti ormai sono esperti nel gestire l’Autonomia ed hanno sperimentato, in questi anni, un modo nuovo di rapportarsi agli organi collegiali, tenendo conto di una complessiva trasformazione del sistema a cui bisogna tendere.

Negli ultimi 5 anni, sostiene Alba Sasso, c’è stato un processo di ricentralizzazione del sistema di governo molto diversa dal processo di decentramento di cui si era trattato anni prima; nel frattempo sia le province sia i comuni e le regioni si sono rafforzati. In questo triangolo tra Stato-Enti Locali e scuole, queste ultime hanno rischiato e rischiano di essere il soggetto debole ed esecutore delle scelte decise dagli altri due poli: il pericolo è l’isolamento delle scuole.
C’è necessità di una semplificazione legislativa ed amministrativa. Anche l’esperienza di Trento, qui illustrata, va verificata e messa alla prova. C’è il pericolo di una pletoricità degli organismi previsti. Oggi si impiega troppo tempo a discutere per decidere su come si devono far funzionare le scuole. Si discute di meno delle finalità, degli obiettivi che dovrebbero invece presidiare tutte le decisioni sugli organi di governo.

Le scuole devono diventare luogo di formazione e di costruzione delle professionalità degli insegnanti ed anche a ciò vanno parametrati gli organi di governo, perché questi abbiano senso e profondità. Il dibattito sugli organi collegiali di questi anni è stato stanco e difficile; le scuole si sono difese rispetto alle indicazioni nazionali definite, tra l’altro, da una legge. De Mauro ha parlato di un arretramento culturale della scuola.

Per definire un sistema bisogna pensare, prima di tutto, alla qualità degli obiettivi, ed è quindi necessario l’ascolto, un seminario per definire una proposta aderente a quello che si muove nella scuola reale, quindi da una parte può andare avanti il disegno di legge e dall’altra pensare ad uno stralcio sugli organi collegiali.

Nel suo intervento, Alba Sasso invita a fare un esame della proposta Aprea confrontata con quella di Acciarini. Se si esaminano i criteri del Disegno di legge del Centro destra si vede che il principio è che gli organi collegiali sono prevalentemente dei consigli di amministrazione con la presenza di soggetti esterni, con le scuole che diventano fondazioni. Il corollario di tutto ciò è che questa scuola-isola ha pochi fondi. In questa ipotesi il reclutamento del personale viene fatto dalle singole scuole. Una privatizzazione del servizio pubblico con lo spettro di scuole ricche e scuole povere, anche perché privati che investono nelle scuole non ci sono e non ci saranno, e queste ultime chiederanno soldi ai genitori. Ma perché preoccuparsi delle proposte del centrodestra? Perché queste proposte non sono solo de centrodestra. La cosa preoccupante è che gli organi collegiali non vengono più visti come luogo della partecipazione ma prevalentemente come organi di governo. Al contrario il processo di autonomia che era iniziato aveva dato molto più peso alle varie componenti della comunità scolastica. Infatti, nel progetto di Legge Acciarini, c’era un tentativo evidente di collegare governo e partecipazione, di semplificare le procedure garantendo flessibilità ma all’interno di un progetto nazionale e europeo. Le scuole sono un arcipelago di istituzioni collegate da un mare che le mette in contatto, mentre ciò manca nel progetto del centrodestra. Nel primitivo progetto Acciarini, questo tentativo era evidente. Non interessa un dibattito sui numeri, su quanti genitori, studenti, insegnanti debbano far parte degli organi, quello che conta è una chiara definizione dei fini, degli obiettivi, ma ancora di più centrale è il ruolo e la professionalità dei docenti.

L’autonomia professionale dei docenti come si struttura e come funziona all’interno del collegio dei docenti? In questi anni il profilo degli insegnanti non si è adeguato. C’è necessità quindi di intervenire sul reclutamento, sulla formazione, difendendo l’autonomia di ricerca e di progettazione del collegio dei docenti, rafforzandone il ruolo. Prevedere dei dipartimenti, che già esistono in molti collegi dei docenti, è inutile se non vengono finalizzati: rischiano di essere scatole vuote.

In queste ipotesi ritornano i nuclei di valutazione: ma come si forma una cultura della valutazione quando si fanno risentire le sirene della carriera dei docenti? C’è necessità di ristrutturare l’organizzazione della scuola per migliorare la capacità dei docenti di far funzionare la scuola dell’Autonomia e c’è bisogno di una verifica delle figure di sistema, ormai sperimentate da molti anni, con una discussione concreta raccordata ad una realtà sociale complessa e difficile E’ necessario affrontare urgentemente la questione degli organi collegiali del territorio, distretto, provincia e CNPI che sono stati ignorati. E tutto ciò è sintomatico di una scelta centralistica. I nodi non sono solo affrontabili con una legge perché l’intreccio è più profondo e riguarda il sistema complesso di una scuola che vive in un mondo globale e che vuole continuare ad essere una scuola utile e di qualità.

Un’osservazione finale. A Bologna si è svolto il ventennale del progetto Erasmus. Una ricerca ha dimostrato che quelli che fanno l’Erasmus trovano più facilmente lavoro. C’è un particolare che non è stato messo in luce che ai progetti Erasmus partecipano solo gli studenti che se lo possono permettere!. Insomma, conclude Alba Sasso, il pericolo vero che corriamo è di avere una scuola per pochi, tutto il contrario di quello che noi vogliamo: la scuola di “non uno di meno”.