FLC CGIL

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Iniziano gli interventi dei partecipanti al Convegno con le esperienze di Associazioni e di Reti.

Piero Maffeis, Dirigente scolastico, Presidente ASAB (Associazione delle Scuole Autonome Bresciane) e FAISAL (Federazione delle Associazioni degli Istituti Scolastici Autonomi della Lombardia).

Per Maffeis, la prospettiva dell’autonomia postula una diversa cultura del servizio scolastico, e di conseguenza, un approccio dinamico e strategico alla norma che si pone come risorsa da “utilizzare” nelle sue opportunità.

Le Istituzioni Scolastiche potranno avere forza contrattuale rispetto all’esercizio dell’autonomia, solamente associandosi e/o costituendo reti di scuole con altri soggetti competenti in materia di Istruzione e Formazione. E’ importante, quindi, che le associazioni delle Scuole Autonome vengano sostenute per diventare interlocutori privilegiati del Sistema Scolastico Nazionale.

Se l’autonomia della scuola, ha un riconoscimento costituzionale simile a quella attribuita agli Enti locali, le scuole autonome sostenute dalle ASA possono accettare la sfida e arrivare a rendicontare a tutti gli interlocutori e agli steckolders i servizi prestati nel territorio e dare così gli elementi per una valutazione dei risultati come “Ente Pubblico” che si assume la responsabilità sociale del servizio istruzione.

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Angelo De Vita, Dirigente scolastico.

“Intendo fare due riflessioni di fondo: come creare una partnership, una pari dignità di rappresentanza tra la scuola e gli altri interlocutori del territorio. Il lungo e faticoso percorso che ci ha portato all’autonomia e che ha visto la scuola affrancarsi dal Ministero e dai Provveditori, non può essere vanificato ripristinando, anche inconsapevolmente, situazioni di subordinazione agli Assessori o addirittura alla doppia dipendenza della scuola.

Una seconda riflessione vorrei farla sul rapporto tra scuola e società per meglio supportare proposte di revisione degli Organi collegiali che favoriscano una partecipazione, soprattutto genitoriale, intesa come condivisione educativa.

Il concetto della scuola come strumento per la formazione del cittadino sta inesorabilmente perdendo di significato. Oggi è la società a forgiare la scuola a sua immagine, trasmettendole modelli negativi che risultano di fatto vincenti.

Va affermata la necessità che la scuola adegui il proprio insegnamento alle nuove esigenze, per considerarsi parte della realtà che la circonda; la scuola deve contribuire “alla costruzione della identità del territorio in cui è inserita”, come scritto nelle Otto Tesi della scuola dell’infanzia del Comune di Roma.

La mission della scuola è doppia: istruire ed educare. Generalizzando: la prima ha contenuti tecnici, la seconda sociali. Allora occorre che il suo “governo” abbia due anime: quella tecnica affidata al personale scolastico e quella sociale aperta alle più larghe forme di partecipazione di tutte le componenti della società. In pratica Consigli di classe e Collegio dei docenti costituiti solo da docenti e dirigente scolastico, in quanto organi essenzialmente tecnico- professionale, e un Consiglio di Istituto, con le sue diverse componenti, con compiti di indirizzo della politica che l’Istituto mette in atto nel perseguimento della propria doppia mission.

Ci siamo già espressi sul disegno di legge del governo che intende “rivitalizzare “ la vecchia Giunta esecutiva, ma soprattutto si sono già espressi organi qualificati, come il Consiglio di Stato, esplicitando che la responsabilità e la decisionalità gestionale è riconducibile alla sola ed esclusiva sfera dirigenziale. Dobbiamo evitare confusioni di ruoli..

Il terreno di incontro tra le diverse anime della scuola deve essere il POF; è importante che la formulazione del POF veda la partecipazione attiva anche di tutti i soggetti “esterni” alla scuola.

Cosa vuol dire “partecipare” nel 2007?

Gli organi collegiali del 1974 si innescavano su un sistema centralizzato, monolitico, centralistico, burocratico che di fatto ne vanificava i poteri. Oggi si impone l’adeguamento della normativa all’autonomia scolastica; il POF segna un passo avanti rispetto al P.E.I. che era tutto incentrato sulla scuola e nella scuola, perché indica che si esce dalla scuola verso il territorio. E’ evidente che la riforma della scuola è possibile solo con la riforma del Ministero, nesso inscindibile dopo la legge n. 59/97 che con l’articolo 21 ha trasferito a livello territoriale materie, poteri, funzioni e compiti amministrativi, dispositivo strategicamente accompagnato dal successivo D.lgs n. 112/98.

Se dobbiamo evitare l’autoreferenzialità e nello stesso tempo la costituzione di organismi collaterali alle organizzazioni sindacali,

una ipotesi percorribile per realizzare una presenza significativa della scuola nel territorio è quella della costituzione di associazioni di scuole autonome in forme e modalità nuove rispetto alla situazione odierna e al recente passato. Ma il nodo più importante è quello della rappresentanza.

La struttura che si può immaginare è quella di un organismo associativo composto da 2 componenti per scuola: il Dirigente scolastico rappresentante legale della scuola nonché dell’organo di gestione, e un rappresentante del Consiglio di Istituto quale organo di indirizzo, svincolato da una rappresentanza professionale o genitoriale.

Ovviamente per evitare il formarsi di strutture pletoriche e ingestibili, si dovrà procedere ad elezioni di secondo livello garantendo la pari rappresentanza dell’organo di indirizzo e di quello di gestione.

L’associazione, con tale qualificata rappresentanza dei due distinti organi della scuola autonoma, potrebbe interagire con tutti gli interlocutori del territorio ma anche con la futura struttura tecnico-professionale costituita dai nuclei territoriali, determinatisi con la soppressione degli IRRE, e che potrebbero essere integrati dal personale comandato ai sensi della legge 448/98 (art. 26, comma 8).

Si verrebbero così a costituire strutture simili ai CIS; le scuole avrebbero la possibilità di una pluralità di confronti senza l’interfaccia di altre strutture collegiali che non siano quelle regionali e nazionali.

Per fortuna non siamo all’anno zero; molte esperienze sono consolidate e positive, in grado di “contagiarsi” con l’esterno senza contrapporsi; la struttura associativa ha già dato segnali che vanno nella direzione di favorire la comune lettura del territorio e la comune rilevazione dei bisogni formativi”.

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Nunzia Del Vento, Dirigente scolastico e presidente di ASAPI (Associazione Scuole Autonome Piemontesi).

L’ASAPI nasce in Piemonte nel giugno del 2002 per rispondere ad un bisogno di rappresentanza territoriale delle scuole autonome utile a condividere con forza un netto rifiuto della Legge regionale sul diritto allo studio che istituiva il buono scuola.

L’incipit ha sicuramente influenzato l’attività dell’associazione che in questi anni ha cercato di affermare la propria presenza in un sistema mutato di relazioni fra Regione, enti locali, scuole autonome da una parte e l’amministrazione scolastica dall’altra, anche in virtù del riconoscimento giuridico nella riforma del Titolo V della Costituzione.

La posizione delle scuole, in questo panorama di cambiamenti, rimane complessa e difficoltosa poiché i caratteri peculiari dell’autonomia subiscono continui rigurgiti centralistici sia dallo Stato centrale che dalla conduzione ministeriale (inesistente autonomia finanziaria, scarico di responsabilità senza effettivi poteri).

Il rischio che corrono le istituzioni scolastiche è che diventino serve di due padroni: Stato e Regioni con lo svuotamento pressoché totale dell’autonomia e che la loro presenza legittimi la democrazia delle consultazione senza la reale e leale collaborazione per rendere migliore il nostro sistema d’istruzione e formazione.

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Federico Marucelli, Dirigente scolastico, Firenze.

Nella realtà toscana e fiorentina nella quale opero non sono decollate ancora le associazioni di scuole per più ragioni, forse anche per uno spiccato individualismo caratteristico della nostra regione.

Ritengo però necessario osservare come sia opportuno pensare a mettere in atto forme diversificate di confronto e associazione fra dirigenti e scuole. In particolare occorre diversificare le reti di scopo dalla rappresentanza politica delle scuole attraverso l’associazione delle stessenelle modalità ricordate dai relatori e da Angelo De Vita nel precedente intervento.

Ma oltre a questo, tenendo conto che il D.S. ha molte funzioni e si interfaccia con più istituzioni e anche con l’amministrazione che mantiene la gestione del rapporto di lavoro del personale, riterrei importante affiancare a queste due forme, anche un coordinamentodei dirigenti per gli aspetti connessi alla gestione amministrativa , recuperando in parte l’esperienza dei collegi dei direttori.

Potremmo così definire meglio il terreno più politico delle associazioni stesse al quale devono partecipare le scuole nel suo insieme.

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Gabriella Mortarotto, Dirigente scolastico Istituto Comprensivo Di Nanni Grugliasco (Torino).

Come socio fondatore della nostra associazione Piemontese ASAPI, mi pare opportuno segnalare qui alcuni degli errori compiuti ovvero alcuni suggerimenti per coloro che vorranno avviare nelle diverse realtà un’associazione.

Quando iniziammo in Piemonte facevamo riferimento all’ANCI associazione dei comuni, anche perché molti di noi erano stati amministratori.

Non sembra opportuno avviare l’associazione dalla dimensione regionale,molto meglio partire dalla realtà provinciale, più coerente con i problemi del territorio.

Infatti la nostra associazione regionale, pur articolata in coordinamentiprovinciali, risente del ‘peso’ di Torino e le realtà provinciali ‘soffrono’ dell’eccessivo peso di Torino.

La motivazione della ‘nascita’ regionale fu allora data dalla condizione di contrasto con la Regione Piemonte che stava approvando una legge contestata del ‘buono scuola’.

E’opportuno non perdere troppo tempo nella formulazione dello statuto, che deve essere molto leggero, rinviando ai regolamenti attuativi, molto più facili da modificare. Modificare uno statuto è costoso e complesso.

L’impegno dei dirigenti - soprattutto della FLC Cgil - nell’Associazione è altissimo. Anche con una modesta struttura amministrativa, il tempo da dedicare all’associazioneè impegnativo: incontri, tavoli interistituzionali, scrittura di documenti, risposte agli infiniti, legittimi, ma non sempre coerenti, quesiti che ci vengono mandati… Occorre un volontariato molto impegnato…

Nell’intervento di De Vita posso condividere l’aspetto ‘formale’ dell’opportunità di due rappresentanti presso l’Associazione, DS e delegato dal Consiglio, ma non sarà questa la formalità che risolve il problema della rappresentanza.

Si dovrà invece molto studiarele forme dell’istituzionalizzazione delle associazioni,nell’ambito delle nuove strutture delle conferenze delle autonomie, che si stanno attuando.

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Franco Buccino, Segretario generale FLC Campania.

Le singole scuole devono trovare nell’autonomia la forza della loro rappresentanza, e quindi la rappresentanza non la devono delegare né all’amministrazione scolastica, né ai governi locali, e neppure alle associazioni di scuole. Le associazioni non aggiungono un briciolo all’autonomia delle singole scuole, e però sono un supporto importante anzi fondamentale, che favorisce reti e sinergie, e aiuta a interloquire con tutti i soggetti istituzionali.

Il vero problema è oggi l’esercizio dell’autonomia da parte delle scuole. I nodi sono parecchi come la natura della dirigenza scolastica e il contratto tra Dirigenti scolastici e componenti scolastiche. Il nodo principale rimane la mancata riforma degli Organi Collegiali. Un gruppo, anche ben preparato e motivato, di operatori scolastici, non può realizzare da solo l’autonomia scolastica.

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Antonio Giacobbi, Segretario generale FLC Veneto.

Credo sia necessario che le istituzioni scolastiche autonome si diano una loro rappresentanza “politica”sul territorio, a partire da una dimensione non troppo ampia, non solo per ragioni di funzionalità ma anche per essere meglio in grado di interpretarne i bisogni. Penso sia questo il senso delle associazioni di cui stiamo parlando e su questo terreno l’elaborazione di questo convegno, che si colloca in une linea di pensiero sulla quale da tempo stiamo lavorando,dovrebbe diventare la nostra posizione. Una rappresentanza “politica“ è cosa diversa da un collegio di dirigenti ma anche dalla “rete di scuole”, che risponde invece ad uno “scopo”e può essere più o meno radicata sul territorio, perché si fonda sui bisogni e sulle priorità che le scuole individuano e che possono essere condivise anche al di fuori dello stesso ambito territoriale. Su questa strada le istituzioni scolastiche autonome devono legittimarsi conquistando un riconoscimento politico per diventare interlocutori di tutti coloro, comprese le istituzioni, che operano su quello stesso territorio.

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Cosimo Forleo, Docente Scuola Superiore di Nettuno.

Riguardo alle Associazioni, temo, per la mia esperienza, pur se limitata, i rischi di eventuali strumentalizzazioni politiche e per questo credo che passo da compiere sia quello della loro istituzionalizzazione. In questo modo considerati i temi e gli obiettivi in gioco si potrà intervenire in maniera più incisiva sul territorio. Un esempio su tutti: si porrà una maggiore attenzione ai sistemi integrati che siano effettivamente finalizzati all’interesse dello studente portatore di un disagio e in difficoltà.

Invito comunque a riflettere e che non si abusi dei corsi integrati, primo perché credo sia importante che l’obbligo scolastico a 16 anni venga assolto nella scuola pubblica; secondo perché il “disagio” si risolve con politiche efficaci di tutti i protagonisti che intervengono direttamente sul territorio.

In questo quadro l’Associazione con la sua capacità di interloquire in maniera paritaria con gli Enti Locali e con le realtà produttive può intervenire sulle scelte il più possibile vicine ai bisogni delle realtà giovanili; scelte non estemporanee ma realmente proiettate, in un futuro prossimo, al successo formativo. Non disgiunto da questo tema ritengo che ogni riforma sugli organi collegiali, deve avere come obiettivo irrinunciabile un rapporto assolutamente paritario e di rispetto reciproco fra tutte le componenti ognuna con le proprie, distinte e chiare, prerogative e funzioni. In particolare non deve nascere alcuna contrapposizione tra collegio di docenti, a cui spetteranno le responsabilità pedagogico-didattiche e la Dirigenza che avrà invece la responsabilità di attuazione alle delibere collegiali e di gestione delle risorse.

Soltanto con una visione dei problemi, la più ampia possibile, si potranno sviluppare politiche scolastiche consapevoli, partecipate e quindi produttive, e questo obiettivo lo si attua in una scuola non rigidamente strutturata.