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Gianfranco D'Alessio, Docente Ordinario di Diritto Aministrativo, Università Roma Tre, inizia con il ricordo di Massimo D'Antona del quale ricorre tra pochi giorni l'anniversario della morte.

Passa poi a ricordare che all'inizio c'era un modello centralistico ministeriale nel quale, prima del riforme degli anni '90, le uniche "crepe" erano costituite dai decreti delegati del 1974 e dal processo di regionalizzazione degli anni '70 con l'attribuzione della competenza sulla formazione professionale alle regioni. Anche la legge del 1993 sulla autonomia finanziaria è ancora espressione di un disagio, della crisi del vecchio modello centralistico che espressione di una soluzione.

Il vero fatto nuovo arriva con la legge 59 e con la decretazione relativa, che connettono la riforma del sistema di istruzione con la trasformazione più generale del sistema istituzionale nella direzione del decentramento, del regionalismo e del federativismo.

Non sono mancate grandi resistenze che negli anni successivi hanno contrastato il pieno esplicitarsi dei principi contenuti nella riforma Bassanini. Basti pensare al decreto 300 e al fatto che i provveditorati di vecchia memoria continuino a sopravvivere negli anni, anche con nome cambiato.

Anche la stessa Agenzia per lo sviluppo dell'autonomia prevista dalla recente legge finanziaria rischia di configurarsi come un vincolo per l’autonomia delle scuole, configurandosi coma aggiuntiva e non sostitutiva delle competenze ministeriali.

Tutti segnali di resistenza di rivedere l'organizzazione del ministero dell'istruzione nell'ottica della Bassanini.

Con la riforma del Titolo quinto della Costituzione, lo Stato perde il monopolio legislativo nel settore dell'istruzione pur mantenendo una serie di poteri normativi (fissazione dei livelli essenziali, emanazione di regolamenti e fissazioni di principi generali). Sono le regioni ad acquisire il potere legislativo concorrente, e in alcuni casi esclusivo, nelle materie relative alla formazione, con ampià potestà regolamentare sulle questioni connesse. I Comuni vedono riconosciuto un ruolo centrale di potere amministrativo.

Il punto centrale è la costituzionalizzazione dell'autonomia scolastica. La giurisprudenza costituzionale di questi anni è intervenuta con numerose sentenza in materia di rapporti tra Stato, regioni e scuole autonome. Il relatore ricorda la sentenza 13/2004, le sentenze 33, 34, 37 e 120 del 2005, e, la più ponderosa, la sentenza 279, sempre del 95.

Dal complesso di queste pronunce della Corte Costituzione si può ricavare:

a) il forte il ruolo delle Regioni nel campo della programmazione e della gestione del servizio, compresa l’assegnazione alle scuole delle risorse finanziarie e di personale;

b) che la fissazione di standard qualitative strutturali è materia legislazione concorrente Stato - Regioni;

c) la distinzione logica tra norme generali e principi fondamentali;

d) che le Regioni non possono porsi come “paladine” delle Scuole autonome e investire la Corte a loro nome;

e) che autonomia scolastica costituzionalizzata è limite sia per il legislatore statale che per quello regionale e che l’autonomia della scuola non è assoluta, ma si muove nello spazio lasciato dalle leggi regionale e statali;

f) che i criteri per il riconoscimento della parità sono materia di concertazione tra Stato e Regioni;

g) che il dimensionamento delle scuole rientra nella potestà legislativa e normativa delle regioni;

h) che il personale della scuola mantiene una dipendenza giuridica ed economica dalla Stato, anche se ha una dipendenza funzionale dalla Regioni.

Le pronunce giurisprudenziali lasciano aperti alcuni problemi, in particolare per quanto riguarda la “doppia dipendenza” del personale. Hanno inoltre evidenziato il fatto che le scuole autonome sono state assenti dal dibattito, che è stato tutto appannaggio di Stato e Regioni.

Questo rimanda al problema della rappresentanza delle scuole autonome: l’autonomia funzionale non può esser chiusa in sé stesa, autoreferenziale. Le scuole autonome non possono essere nomadi isolate. La strada da imboccare deve essere quella delle reti associative e delle forme di rappresentanza.

FERMIAMO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA!

Nei prossimi giorni potrai firmare
per il referendum abrogativo.

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