FLC CGIL

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Claudio Arcari, Responsabile Formazione Professionale FLC Cgil Lombardia.

Il documento è stato il primo argomento affrontato dalla neonata struttura di comparto.

Questo “ragionamento”,però, si è collocato all’interno di un conclamato stato di crisi della F. P. La rappresentazione simbolica di questacrisi è la Sperimentazione triennale non a caso quasi esclusivamente delegata, per la sua attuazione, al sistema della Formazione professionale Lombardo.Si è, quindi, creato un “disequilibrio”a tutto vantaggio di una sola parte del sistema, un “disequilibrio” reso ancor più evidente dal fatto che nella nostra regione, contemporaneamente, entravano in crisi oltre 900 aziende presenti in svariati e strategici settori produttivi.

E ‘ a partire da questo momento che numerosi Enti hanno cominciato a denunciareconsistenti problemi di tenuta occupazionale e la necessità di riqualificare le competenze possedute dai propri operatori.

E’ partendo da questi presupposti che si è sviluppata l’analisi del documentodella CGIL e della FLC sulla Formazione professionale.Ma attenzione, se quasi tutti dicono di condividere la proposta del documento in prospettiva, molti sollevano però perplessità sulla effettiva realizzazione, in tempi ragionevoli, della stessa.

Anche all’interno del dibattito nella struttura di comparto, abbiamo dovuto registrare diverse tipologie di posizioni sul documento(tra l’altro riscontrabili anche in molte assemblee) che potremmo così sintetizzare:

  • il formatore “conservatore” che pur condividendo la proposta si rifiuta di mettersi in discussione perché ritiene che il suo unico utilizzo possibile sia quello nella prima formazione (dal punto di vista anagrafico e professionale è quasi sempre un formatore a fine carriera);

  • il formatore “missionario” che pur dichiarando di sposare appieno la proposta della CGIL, ci avvisa però che è fermamente convinto che una delle mission qualificanti della formazione professionale sia la lotta alla dispersionee al disagio, in particolare della fascia d’età 14-16 anni, e che è diffidente sul fatto che il sistema dell’Istruzione sia in grado di gestire il successo formativo una volta innalzato l’obbligo scolastico;

  • il formatore “disilluso” che ha mal digerito il riposizionamento “forzato” e quasi totalizzante sulla prima formazione(denunciandone al contempo l’inadeguatezza) in quanto ritiene che questa non sia affatto la funzione principale della formazioneprofessionale ma che ha accettato comunque di riqualificarsi in tal senso in attesa che la situazione cambi come prospetta la CGIL;

  • ed infine il formatore “garibaldino” che non solo sposa convintamene la nostra proposta ma che dice a chiare lettere che è l’unica propostasensata per far uscire la Formazione professionale dal “pantano” in cui si trova soprattutto nella nostra regione ( dal punto di vista anagrafico e professionale è unformatore ancora molto lontano dalla pensione che prima di diventare fisso ha passato un lungo periodo di precariato e che, in questa ultima fase, ha visto anche messo in discussione il suo posto di lavoro).

In ogni caso tutte le tipologie sopra descritte hanno bisogno di rassicurazioni sul fatto che la Formazione professionale rimanga in vitae “regga” come sistema a se’ stante.

Non c’è però alcun dubbio che proprio la nostra regione si candida ad essere il “laboratorio” idealeper verificare ed esperimentare lo scontro e l’integrazione fra modelli possibili di istruzione e formazione professionale.

Risulta chiaro che evocando e affrontando questi temi si entra nel merito della missione del primo biennio della scuola secondaria superiore che si appresta a diventare finalmente obbligatorio.

Piena scolarità deve significare che nella scuola ci sono tutti, cioè tutte le possibili differenze, non affrontabili con una proposta monocorde. Orientamento, rafforzamento di motivazione, capacità di rispondere ai diversi stili cognitivi, mix tra “sapere” e “saper fare”: queste sono le cose da assicurare, per tutti.
E’ su questi ultimi argomenti che dobbiamo registrare parecchi “distinguo”,

Non sarà certo sfuggito al livello nazionale che Forma, alla fine di ottobre, ad Areseha lanciato la campagna in difesa della sperimentazione triennale e dell’espletamento dell’obbligo d’istruzione anche nella Formazione professionale.
Ciò nonostante anche nella nostra regione si sta allargando il fronte di chi, per risolvere il problema della dispersione scolastica, ritiene che l’unica risposta non può essere quella di affiancare alla scuola come è oggi una parallela offerta di formazione professionale: non solo ci andrebbero in pochi (lasciando inevaso il problema generale), ma quella offerta dovrebbe caricarsi di ampie valenze culturali stravolgendo l’identità e la specificità della formazione professionale.
Nella nostra struttura di compartosi è comunque convenuto che i percorsi biennali unitari e articolati di istruzione e orientamento siano realizzati con la titolarità e la responsabilità degli istituti autonomi di istruzione superiore, anche con l’apporto delle istituzioni autonome della formazione professionale regionale per attività di laboratorio ed altre iniziative di supporto,sottolineando la necessità che queste siano debitamente certificate e che perseguano gli obiettivi standard del biennio di istruzione fissati dal MPI.

Si è anche convenuto che le attività di alternanza abbiano inizio dal terzo anno di studi e/o formazione.

Oltre a ciò,al termine dell’obbligo di istruzione dovranno esserecertificate le competenze acquisite dallo studente, in ordine a standard comuni e obiettivi di indirizzo definiti e periodicamente aggiornati dal MPI, che dovranno costituire crediti per la prosecuzione degli studi o per l’accesso alla formazione professionale o all’apprendistato.

Si è voluto anche ribadire che:

  • al termine dell’obbligo di istruzione non viene rilasciata alcuna qualifica e che questa debba divenire, progressivamente, esclusiva prerogativa della formazione professionale.

  • il giovane può esercitare attività lavorative, incrementate da attività di studio e formazione, solo dopo aver compiuto 16 anni.

  • fino ai 18 anni sono vietate attività lavorative che non siano incrementate anche da attività di studio e formazione.

Infine le qualifiche rilasciate a 17, 18 e 19 anni ed oltre, corrispondenti ai livelli 2, 3 e 4 ed oltre dell’European Credit Transfer System, debbono essere connotate da un giusto ed equilibrato livello di istruzione. A tal fine saranno necessari opportuni accordi in sede di Conferenza Unificata.

Considerazione finale:

In Lombardia non vorremmo che mentre ci si scontra su cosa sia o debba fare la Formazione professionale, nel frattempo quel poco che è rimasto della Formazione Professionale in alcune regione si squagli come neve al sole.

Secontinueranno ad esserci gravissimi ritardi, da parte delle Regioni e delle province, nelle erogazioni degli acconti e dei saldi delle attività formative già svolte e rendicontate o già avviate(in qualche caso riferite a progetti chiusi da 4 o 5 anni) il “sistema” verràsvuotato progressivamente.

Chiediamo quindi alla CGILdi fare presto. Il rischio è che uno degli interlocutori fondamentali per vincere la scommessa di un nuovo sviluppo possibile , il sistema della Formazione professionale di questo Paese, arrivi a quella scommessa in una situazione gravemente compromessa.

In gioco non ci sono solo posti di lavoro, ma l’intera credibilità di questo sistema nei confronti dell’utenza e dell’intera cittadinanza.

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