FLC CGIL

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La relazione introduttiva è affidata a Luisella De Filippi, Segretaria Nazionale FLC Cgil.

"Oggi il lavoro torna, dopo un secolo dalla rivoluzione industriale, ad interrogare drammaticamente la politica per la nuova condizione di oppressione e di alienazione che impone ad aree sempre più vaste di lavoratori.

Il paradigma della modernità è oggi il lavoro precario contrabbandato come necessità derivante dalla globalizzazione dei mercati o come ideologia della flessibilità. La stessa legge del profitto porta a scaricare sui lavoratori i costi che la competizione globale impone ai mercati.

Questo convegno/manifestazione vuole dare un contributo alla costruzione di un nostro autonomo punto di vista sul lavoro precario sempre più pervasivo nel mondo della conoscenza e soprattutto intende avanzare proposte al mondo della politica per invertire questa tendenza in atto e sanare al più presto la situazione.

L’azione politica del governo, di stampo fortemente liberista, ha avuto come obiettivo quello di ridisegnare l’assetto sociale e istituzionale del paese verso un’apertura sempre più ampia al mercato anche di settori destinati alla realizzazione di finalità sociali fondamentali per i diritti dei cittadini.

La conoscenza rappresenta un potente fattore di crescita individuale e collettiva, dobbiamo fare in modo che da essa tutti traggano il massimo vantaggio, è un obiettivo che ci consegna direttamente la Costituzione quando assegna alla Repubblica il compito di rimuovere tutti gli ostacoli di natura economica e sociale che impediscono lo sviluppo della persona.

Il ministro Moratti si è posta, fin da subito, l’obiettivo di ridimensionare quantitativamente il personale della scuola pubblica. Il taglio degli organici, il blocco delle assunzioni, lo scempio imposto al funzionamento delle procedure amministrative, hanno inciso direttamente e profondamente nella qualità del lavoro delle persone e nella loro vita aumentando il precariato, devastando il campo delle regole che presiedono al turn over.

Ben più grave la situazione nelle università e nei centri di ricerca pubblici.

Qui la diminuzione dei finanziamenti pubblici di istituzioni che godono di un’autonomia di tipo finanziario, oltre che organizzativa e didattica, ha spinto tali istituzioni a far fronte alle necessità di personale ricorrendo a fonti di finanziamento esterne, che per la loro natura aleatoria, non possono che sostenere impegni temporanei.

Attraverso dunque una molteplicità di rapporti di lavoro, tutti temporanei e di natura parasubordinata, il funzionamento ordinario viene sostenuto dai precari: assegnasti di ricerca, dottorandi, borsisti, docenti a contratto, co.co.co, che per un compenso minimo, in assenza di tutele e garanzie e di qualsivoglia autonomia professionale, prestano la loro opera professionale.

Anche la legge 508, che ha riformato l’ordinamento di conservatori e accademie, ha elevato a sistema la precarietà. Con essa infatti vanno ad esaurimento tutti i ruoli in essere in tali istituzioni e vengono gradualmente sostituiti da contratti a tempo determinato.

Il governo di centro destra e il ministro Moratti hanno sottratto spazio e autorevolezza alle istituzioni pubbliche per favorire scuole e università private che, collocandosi sul mercato, rispondono al dogma neoliberista del meno stato e più mercato. La deregolamentazione del mercato del lavoro introdotta dalla legge 30/03 ha peggiorato la condizione di docenti e personale dei servizi, agevolando gli enti nel trasformare i rapporti di lavoro di natura subordinata, in contratti di lavoro parasubordinato o atipico e cedendo alla gestione esterna pezzi interi di servizi.

La CGIL ha messo al centro del congresso e della sua politica rivendicativa la lotta alla precarietà e alla legge 30/03, subendo un attacco diretto da tutte quelle forze che vorrebbero emarginarla.

Dalla Francia ci arriva una bella lezione su come respingere gli attacchi più violenti di un pensiero neoliberista che si fa sempre più aggressivo.

Il governo francese ha tentato di introdurre la libertà di licenziamento per i giovani fino a 26 anni per i primi tre anni di lavoro e ha giustificato questa scelta legislativa con l’esigenza di ridurre il tasso di disoccupazione. Questo ha prodotto una ribellione dei giovani delle università che si sono sentiti direttamente chiamati in causa in un’ inaccettabile cancellazione dei diritti delle persone, la ribellione si è estesa alle forze sociali. La persistenza e la determinazione del movimento l’ha avuta vinta sull’arroganza della politica che ha tentato di imporre comunque i suoi diktat e la felice conclusione del ritiro del CPE ha segnato un punto importante nello scenario europeo.

La stessa matrice liberista caratterizza poi la direttiva Bolkestein che regolamenta i servizi nel mercato unico dell’Unione europea. Un movimento sociale di opposizione contro gli effetti di tale direttiva sta attraversando i paesi europei e unendo le forze sociali dei paesi della comunità europea grazie al quale, l’approvazione di tale direttiva, sta subendo modificazioni e rallentamenti sull’onda delle pressioni che il dissenso di ampi strati della popolazione organizzato dalle forze sociali ha esercitato in questi ultimi anni.

Ci sono dei beni comuni indisponibili al mercato e alle sue speculazioni economiche, perché toccano i diritti fondamentali delle persone.

Ripensare le politiche del welfare è necessario per evitare i danni più gravi derivanti dalle discontinuità lavorative, ma occorre ripensare anche le norme giuridiche che disciplinano il rapporto di lavoro per ricondurre tutto il lavoro dipendente ad un’unica figura giuridica ed evitare le speculazioni e le ambiguità fra lavoro subordinato e lavoro autonomo.

Non vanno incoraggiate spinte verso la decontrattualizzazione che sono la rinuncia a giocare un ruolo da protagonista in un rapporto di forza che non è mai paritario fra chi offre lavoro e chi lo cerca.

Per i precari noi pensiamo che il contratto rappresenti il mezzo attraverso il quale introdurre forme di disincentivo economico all’uso del precariato. Il nostro obiettivo non è quello di fissare, attraverso la contrattazione, una presenza organica di precariato, ma quello di renderlo meno conveniente.

La direzione che vogliamo indicare è quella dell’unificazione, del dare voce e parole comuni ad una battaglia che deve essere comune per superare le divisioni e le frammentarietà che la precarietà comporta. Vogliamo inoltre affermare ed avviare una pratica sindacale di rappresentanza diretta delle politiche sulla precarietà dove il protagonismo dei lavoratori che sono vittime di questa condizione, sia la forma attraverso cui il sindacato costruisce le sue piattaforme e le sue rivendicazioni." Scarica la relazione integrale