FLC CGIL

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Le conclusioni del Convegno sono affidate ad Enrico Panini, Segretario generale FLC Cgil.

"Ringrazio tutti partecipanti al nostro riuscitissimo Convegno ed in modo particolare i nostri ospiti della tavola rotonda di oggi.

Mariangela Bastico, che possiamo definire “l’assessore Nazionale alla Istruzione e alla cultura”: naturalmente sappiamo che è assessore dell’Emilia Romagna ma il suo impegno sul piano nazionale circa i temi dell’autonomia scolastica e del nostro sistema di istruzione le fanno ben meritare quel titolo; Piergiorgio Bergonzi, sempre presente nelle nostre iniziative in innumerevoli incontri e manifestazioni; Giovanna Capelli, alla quale va il nostro augurio per la sua elezione a Senatrice della Repubblica, nostra iscritta, cosa che ci onora; Michele Gentile, del Centro confederale, che segue tematiche di particolare rilievo per noi, i settori pubblici, e che ci segue nelle trattative contrattuali e più in generale nelle problematiche dell’istruzione sempre con competenza e grande attenzione.

Il mio intervento non entrerà nei dettagli della tematica che è stata al centro del Convegno ma si soffermerà su problematiche più generali.

Pablo Neruda ha scritto una poesia dal titolo “Ode del giorno felice”. E la sua felicità nasceva dal fatto che in quel particolare giorno non era successo nulla. Esattamente come oggi 5 maggio. Felicità è poterlo essere anche se non è successo nulla. Ma nei giorni scorsi sono accadute molte cose che rendono felice l’oggi in cui non succede nulla: Presidente del Consiglio non è più Berlusconi; Berlusconi non sarà Presidente della Repubblica; il quadro politico si presenta con un nuovo volto e ciò è assai importante per noi.

In questo quadro c’è tanto della CGIL. E’ il risultato di tanta iniziativa della CGIL, a partire dal primo sciopero realizzato da soli, come CGIL Scuola, del 12 novembre 2001 contro la prima Finanziaria targata Berlusconi-Moratti, a seguire con la manifestazione del 23 marzo 2002 e con le innumerevoli iniziative contro le azioni del Ministro Moratti

Senza mai abbandonarsi a logiche da amico-nemico, ma stando sempre al merito delle questioni. Naturalmente non siamo stati soli: movimenti, forze politiche, Enti Locali hanno fatto la loro parte in questi cinque lunghi anni.

Ma il nostro ruolo, lo possiamo attestare onestamente, è stato comunque determinante.

Noi ci auguriamo che il Ministro dell’Istruzione sia un Ministro di rango e che si attenga al programma dell’Unione. Anche perché abbiamo bisogno di agire subito sul terreno dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Se qualcuno pensa che in questi settori si può aspettare, si sbaglia. Non c’è tempo.

In Paesi come l’India, la Cina, la Corea del Sud lo sviluppo viaggia sulle intelligenze dei ricercatori e sul sapere che viene coltivato.

E per quanto attiene alle proposte, ribadiamo che la Legge 53 va cancellata.

Perché il sapere è chiamato a sanare le differenze sociali del nostro Paese e invece la Legge Moratti opera in direzione opposta: la riduzione dell’obbligo, la costruzione delle scelte precoci, la differenziazione fra le materie in curriculari e opzionali/facoltative inducono la cristallizzazione sociale e la discriminazione per censo a danno dei ceti svantaggiati.

Non regge il discorso di quanti, opponendosi alla cancellazione, sostengono che non si possono cambiare le leggi ad ogni cambio di Governo. Anche a voler assumere questo punto di vista, se ci pensiamo bene non si deve cambiare granché, dal momento che la controriforma non è applicata nella stragrande maggioranza delle scuole del primo ciclo (come si ricava dai dati dello stesso Ministero) e nella secondaria superiore nulla ancora è passato.

Altra nostra proposta è una netta inversione di tendenza sui finanziamenti, finora tagliati brutalmente, tanto da mettere in grandissime difficoltà le scuole: basti pensare alla Tarsu o alle supplenze.

Vogliamo inoltre riaffermare la necessità di innalzare l’obbligo scolastico. Infatti, le domande che ci dobbiamo fare sono altre: quanto deve durare l’obbligo nel nostro Paese? è vero o no che i saperi entrano ormai ogni cinque anni in obsolescenza? è vero o no che il tempo dell’acquisizione dei saperi epistemici fondamentali deve essere allungato anche in connessione con l’allungamento del periodo di vita, cosa che chiama in causa una nuova e straordinaria politica dell’educazione degli adulti oltre che per la formazione professionale? Dobbiamo renderci conto che occorre fare una operazione simile a quella fatta ormai più di quarant’anni fa con l’innalzamento dell’obbligo scolastico ed il varo della scuola media unificata.

Alcune cose vanno fatte subito, in netta discontinuità. L’abrogazione del Decreto sulla scuola media superiore è una di queste. E’ esattamente quanto ha chiesto il nostro Segretario generale, Guglielmo Epifani, incontrando il Presidente in pectore Romano Prodi, nell’ambito degli incontri promossi dal futuro Presidente del Consiglio.

Vanno abolite subito le Indicazioni nazionali, va ripristinato l’esame di stato con le commissioni miste, anche perché questi fatti attengono ai diritti dei cittadini, quando si pensi che dietro quell’esame vi è tutta la problematica del valore del titolo di studio (un titolo di studio privo, appunto, di valore se concesso senza il rigore e la serietà degli esami conclusivi).

Il Convegno di questi giorni parla della liberazione della scuola; direi, liberare la scuola per tornare alla normalità, dove non si esercita più una sorta di mobbing attivato in maniera insistita e reiterata invece ora nei confronti della scuola.

Basta ricordare alcuni fatti per esemplificare ciò: improvvisamente si scopre che il personale della scuola (dirigenti, docenti e Ata) non potrà più avere il cedolino dello stipendio se non ha fatto domanda entro aprile; le segreterie scolastiche sono costrette a digitare i dati del personale a fini del calcolo pensionistico a beneficio dell’Inpdap quando questa operazione è stata già fatta a beneficio della vicina Inps; l’obbligo di fare in segreteria lavori seriali, onerosi e non utili per il lavoro specifico delle scuole, quali le ricostruzioni di carriera e le pratiche pensionistiche che andrebbero riportate fuori dalle scuole stesse; i tempi entro cui pervengono le risorse nei bilanci, sempre in ritardo e dopo aver seguito una filiera di trasferimento lunga e inutile; l’invadenza dei revisori dei conti, che non si limitano al controllo di regolarità contabile ma determinano i contenuti dei contratti e si presentano con atteggiamento intimidatorio e ispettivo piuttosto che come consulenti e coadiutori delle scelte delle scuole in materia di contabilità; il meccanismo di nomina dei supplenti che continua ad essere non solo poco funzionale ma anche fonte di dispersione di energie delle segreterie nonostante ormai da due anni ne chiediamo con forza la revisione. Tutti questi fatti non sono casuali ma rivelano una cultura, un atteggiamento nei confronti delle scuole da parte delle gerarchie amministrative e del Governo.

La scuola deve essere liberata da queste angherie quotidiane, da questa fatica priva di senso.

Del resto, la vicenda dello spoils system riassume in sommo grado una filosofia di funzionamento della macchina amministrativa, che non a caso è esplosa. Lo spoils system è stato usato senza alcun ritegno dal Ministro dell’Istruzione con cura particolare alla ripartizione dei Dirigenti generali fra i partiti del Polo. Bisogna rovesciare radicalmente le cose e attenersi al criterio delle competenze e della valutazione dell’operato del funzionario nella trasparenza degli atti e dei provvedimenti.

Circa l’autonomia scolastica occorre riflettere su quanto è accaduto in questi cinque anni, troppo semplicistico dire “Avanti con l’autonomia” senza mettere in campo un bilancio attento in grado di sintonizzarsi con il punto di vista delle persone in carne ed ossa. Purtroppo il tempo non è neutro e l’uso che si è fatto dell’autonomia praticata come adempimento e trasferimento di incombenze lasciano conseguenze che vanno considerate e superate perché si affermi dell’autonomia il concetto della responsabilità che guarda ai diritti e non agli adempimenti.

Per quanto riguarda, invece, le priorità di iniziativa relative alla Dirigenza Scolastica vogliamo ricordare la necessità di rivedere i meccanismi del concorso ordinario (oggi lungo, esageratamente costoso, farraginoso e inefficiente per quanto attiene la preposizione dei vincitori di concorso in tempi funzionali alla copertura dei posti vacanti), la necessità di superare urgentemente il precariato professionale costituito dai Presidi Incaricati, la necessità di affrontare il grande problema del ricambio generazionale sia come non dispersione delle competenze maturate sia come immissione di nuove leve nelle professionalità scolastiche.

Il Ministro Moratti lascia dietro di sé delle scorie. Un modo per sgombrare il campo da esse è l’attivazione del protagonismo degli operatori. Non è vero che non si può attivare questo protagonismo: proprio l’approvazione della Legge regionale sull’istruzione dell’Emilia Romagna ne è un esempio, quando si pensi che essa è scaturita dalla consultazione dei professionisti e della cittadinanza in centinaia di incontri e di assemblee. Un metodo da seguire per operare le scelte nella condivisione.

I nostri Convegni servono anche per fare il punto su noi stesi. E il punto sulla Dirigenza Scolastica ci dice che la FLC Cgil ha fatto molti passi avanti nell’insediamento in categoria e nei territori, nelle elezioni Enam (dove una manciata di voti non ha collocato la nostra lista al secondo posto ma abbiamo conseguito un incremento nel consenso molto consistente, il più rilevante fra le liste in lizza), nella partecipazione alla vicenda contrattuale in cui i nostri iscritti con il referendum (modalità di consultazione purtroppo non accettata dagli altri sindacati) hanno espresso un alta percentuale di partecipazione (oltre il 60%) e un’altissima percentuale di approvazione del CCNL (oltre il 95%).

E già dobbiamo essere in fase di predisposizione della piattaforma contrattuale 2006—2009.

Voglio dedicare l’ultima parte del mio intervento ai valori.

Le scadenze come la giornata della memoria, del 25 aprile, della giornata di maggio dedicata a Don Milani sono scadenze di cui la scuola deve essere testimone privilegiata e parte attiva. E‘ nella scuola, il luogo dove avviene l’incontro fra le generazioni, che si coltiva la memoria e si irrobustiscono le radici della nostra democrazia.

In particolare voglio ricordare che il 25 e 26 giugno si terrà il referendum sulla devolution. Lo stravolgimento dei principi fondamentali che stanno alla base del carattere nazionale dell’istruzione e dell’identità del Paese va respinto con la nostra partecipazione. Non è esagerato dire che il 25 giugno si gioca un partita in cui la posta è simile a quella che si giocò nel 1946 fra Monarchia e Repubblica. Si deciderà, infatti, se il nostro Paese dovrà continuare ad essere una democrazia parlamentare o se diventerà una democrazia autoritaria basata sul potere del Primo Ministro che può sciogliere le Camere che non legiferano secondo il suo volere. Non solo, ma ne va anche dei valori fondanti la nostra democrazia, ne va dei diritti sociali e politici propri della nostra Carta costituzionale.

Su questi fatti, che sono fatti che richiamano i valori, la scuola non può assistere silente ma deve essere in prima linea e essere protagonista."

FERMIAMO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA!

Nei prossimi giorni potrai firmare
per il referendum abrogativo.

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