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Fabrizio Dacrema, Coordinatore del Dipartimento Formazione e Ricerca della CGIL:

"La scelta di innalzare l’obbligo scolastico si muove lungo l’asse politico della costruzione di una proposta radicalmente alternativa alla politica scolastica del governo.

L’innalzamento dell’obbligo scolastico rappresenta in modo paradigmatico la nostra opzione per un modello scolastico inclusivo, esplicita la nostra proposta di dare più scuola a tutti in contrapposizione alla scuola meno della Moratti.

L’obbligo scolastico, così come delineato dalla Costituzione, non limita la libertà dell’individuo, ma la rafforza, contrastando l’effetto negativo dei condizionamenti socio-culturali nei confronti della fruizione del diritto all’istruzione, considerato essenziale per lo sviluppo civile e democratico del paese.

Nella società della conoscenza l’uguaglianza delle opportunità passa attraverso l’acquisizione di un’autonoma capacità di fruizione delle conoscenze. Per questo occorre un bagaglio culturale persistente, pervasivo, trasversale, trasferibile; al contrario una formazione iniziale limitata, superficiale, nozionistica non solo inibisce la continuazione della formazione lungo l’arco della vita, ma produce quei fenomeni di analfabetismo di ritorno che sono un diffuso e grave problema delle società contemporanee.

Anche dal punto di vista della formazione per il lavoro è ormai evidente che nell’economia della conoscenza le specializzazioni professionali precoci, rigide e settoriali sono destinate alla rapida obsolescenza per le difficoltà che incontrano ad essere trasferite e adattate al continuo mutare delle tecnologie e delle modalità di produzione.

Le competenze professionali necessarie per realizzare l’occupabilità sono il risultato dell’intreccio di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali.

In questo quadro la scelta urgente e prioritaria per il nostro paese è l’innalzamento dell’obbligo scolastico per delineare il necessario potenziamento del bagaglio di formazione iniziale da assicurare ad ogni cittadino e come strumento per raggiungere entro il 2010 il traguardo indicato a Lisbona dall’Unione Europea di diplomare almeno l’85% dei giovani per fascia di età e di ridurre la dispersione scolastica al di sotto del 10%.

Il nuovo traguardo da raggiungere è un percorso scolastico obbligatorio fino a 18 anni, per indicare nel diploma il sapere minimo iniziale necessario nella società della conoscenza per essere cittadini consapevoli e lavoratori flessibili ma non precari, così come la licenza elementare e le licenza media per tutti sono state, rispettivamente per la prima e la seconda industrializzazione del paese, fattori decisivi per la democrazia e lo sviluppo.

Il punto da cui partiamo ci vede ancora molto lontani dall’obiettivo indicato a Lisbona: oggi il sistema scolastico italiano porta al diploma circa il 75% dei giovani per fascia di età. Di questo 25% che non si diploma, circa il 5% non raggiunge nemmeno la licenza media. Il 95% dei licenziati della scuola media si iscrive alla scuola media superiore, ma più del 20% non arriva al diploma.

Partiamo, quindi, da una situazione pesante per rimontare la quale l’innalzamento dell’obbligo scolastico è una scelta importante ma non può naturalmente essere l’unico strumento messo in campo. Anche perché l’obbligo scolastico, se ottiene l’accesso, di per sé non può garantire il successo scolastico né l’eliminazione della dispersione, se viene inteso come mero vincolo burocratico rischia di non produrre alcun ampliamento delle capacità e dei diritti.

Per realizzare l’obiettivo di innalzare di istruzione tutti occorre affrontare i problemi reali posti dal fallimento scolastico degli svantaggiati, degli stranieri, delle varie forme di disadattamento.

A questo fine occorre innanzi tutto investire in tutti i processi di discriminazione positiva e di decondizionamento precoce a partire dal potenziamento quantitativo e qualitativo dei servizi educativi per l’infanzia e dalla generalizzazione della scuola dell’infanzia.

Occorre poi difendere e sviluppare i modelli organizzativi positivi del percorso di base fondati sui tempi distesi, sulla corresponsabilità educativa e la flessibilità dell’organizzazione didattica; inoltre, il potenziamento dei processi di continuità educativa e didattica agisce su uno dei fattori più consistenti di insuccesso e dispersione: la frattura nei passaggi tra i vari gradi scolastici.

Deve, inoltre, cambiare profondamente la scuola secondaria superiore, il modo di fare scuola, prima ancora dell’architettura. Per riuscire a intercettare tutte le intelligenze, le motivazioni, gli stili di apprendimento deve essere superato il modello di insegnamento tradizionale fondato sulla trasmissione dei contenuti, la comunicazioni unidirezionale, la passività degli studenti.

La formazione iniziale e in servizio degli insegnanti e la valorizzazione degli spazi dell’autonomia scolastica devono convergere nella promozione di processi di insegnamento e apprendimento che mettano al centro l’esperienza degli studenti, gli aspetti di operatività e verificabilità, l’interattività, le attività di ricerca e laboratorio, la moltiplicazione dei luoghi di apprendimento diversi dall’aula, … insomma tutte quelle pratiche educative capaci di motivare l’apprendimento di tutti gli studenti.

In questa direzione le migliori pratiche di integrazione e alternanza tra scuola, formazione professionale e lavoro possono fornire esperienze da valorizzare in ordine all’esigenza di potenziare l’efficacia dei processi di insegnamento apprendimento della secondaria superiore.

Il primo passo per l’innalzamento dell’obbligo scolastico è la riforma del primo biennio della secondaria superiore per renderlo obbligatorio e unitario.

Partire dal biennio significa anche rispondere ad una esigenza di gradualità, realizzando immediatamente una tappa fondamentale per rendere più inclusivo il nostro sistema scolastico e contemporaneamente dare avvio al processo per la realizzazione di una riforma complessiva del nostri sistema formativo e con essa la realizzazione dell’obiettivo dell’obbligo scolastico a 18 anni.

La costruzione di un biennio unitario e orientativo, differenziato in riferimento ai grandi campi del sapere ma costituito da percorsi di eguale valenza formativa, realizza una netta alternativa al modello duale della Moratti. Il fatto che fino a 16 anni tutti i ragazzi restino nella scuola, esercitino una prima scelta reversibile, che sarà precisata al termine del biennio, rappresenta un fattore decisivo per la prosecuzione degli studi fino al diploma, oltre ad essere una spinta reale alla trasformazione della scuola secondaria in direzione di una maggiore capacità di accoglienza delle diverse intelligenze e di capacità di individualizzazione dei percorsi.

La realizzazione dell’obbligo scolastico a 16 anni deve quindi essere una delle priorità da realizzare appena le condizioni politiche lo rendano possibile, valorizzando immediatamente le iniziative delle scuole autonome, degli enti locali e delle regioni che si muovono in questa direzione."

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