FLC CGIL

10:00

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Il compito di illustrare la relazione introduttiva è stato affidato a Maria Brigida della Segreteria Nazionale della FLC Cgil. Questa la sintesi del suo intervento:

"Siamo arrivati a questo Seminario nazionale, con un lavoro di scavo e di riflessione, successivo al 19 ottobre.

Con l’obbligo di istruzione intendiamo una cosa del tutto diversa dal morattiano diritto dovere: obbligo è un diritto delle persone, un dovere per la Repubblica. “I care”, diceva don Lorenzo Milani, mi preoccupo, me ne faccio carico.

Per quanto ci riguarda va ripristinato l’istituto costituzionale dell’obbligo di istruzione e va innalzato fino ai 18 anni di età.

E’ questa una scelta di civiltà, da graduare nei tempi:

• Obiettivo a 18, ma obbligo a 16 anni subito, potremmo dire nei primi cento giorni della nuova legislatura

• Obbligo a 18 anni entro la fine della legislatura,.

Consideriamo l’acquisizione del diploma un diritto civile per la cittadinanza, in una società dove la velocità dei cambiamenti, culturali, sociali, sul lavoro, e la loro complessità richiedono, per essere cittadino, saperi e competenze più sofisticati e consolidati, quindi una più lunga e ricca formazione di base ( gli esiti di PISA, cui dedicheremo un apposito seminario nazionale, stanno a confermare questa esigenza).

In Europa, l’Italia è il paese con il più basso numero di diplomati: con l’ingresso degli altri paesi il confronto su questo versante per noi è destinato persino a peggiorare.

E’ una scelta che richiede un intervento coordinato e graduale su tre macro sistemi:

• L’ istruzione

• il lavoro

• la formazione professionale

1. Il sistema di istruzione

Non si cominci la legislatura con una lunga, defatigante ed inutile discussione sui modelli. Ciò che rileva è l’obiettivo e le motivazioni che ne stanno alla base.

Noi chiediamo che sia abrogata la morattiana legislazione scolastica, e si vari una legislazione snella che, radicale nella finalizzazione, indichi le risorse, i tempi e le procedure.

Il resto lo può fare l’autonomia che va però sostenuta con:

• Le risorse finanziarie adeguate a sostenere gli interventi per il successo scolastico;

• L’organico funzionale: una scuola per il successo non si realizza se il personale è assunto e calcolato per svolgere solo attività di insegnamento.

Occorre una nuova cultura professionale, fondata sul lavoro cooperativo. Si realizzi, subito, prima di ogni altra cosa, un grande piano di formazione e di coinvolgimento di tutto il personale docente su questa grande finalizzazione. Si motivino i docenti, al raggiungimento di questo obiettivo. E li si paghi meglio.

Siano indicati nazionalmente, come vincolo di risultato, quelli che in Francia il Governo di centrodestra ha definito i ”saperi minimi indispensabili” tarati per tappe, per fasce di età: 14-16; 16-18 anni.

La scuola deve educare, far esercitare i giovani alla cittadinanza, attraverso la pratica sociale. Per questo ci vogliono dentro la scuola spazi, fisici ed orari.

Ci vorranno anche scuole belle, accoglienti.Con un obbligo di istruzione elevato, va agita e garantita ovviamente anche la leva del diritto allo studio, su cui nei giorni scorsi abbiamo realizzato un apposito seminario nazionale.

Noi pensiamo, diversamente dal passato, quindi, che il modello sia conseguente a queste scelte, e potrà definirsi gradualmente, con queste caratteristiche: un sistema di istruzione secondaria di competenza statale, un biennio unitario ed un triennio, articolato in indirizzi, in cui la differenza sia data dai diversi approcci culturali, di pari valore formativo (umanistico, tecnologico….); al suo interno un quinto anno, 18-19 anni, dedicato o al raccordo con l’Università o all’acquisizione di competenze professionali ( in tal senso ridando piena e pari dignità al sistema dell’IFTS, ora ridotto anch’esso al rango di figlio di un dio minore); una struttura oraria unitaria, con opzionalità via via maggiori nel corso del triennio; un definitivo abbandono della scissione fra sapere e saper fare. Un rapporto con il lavoro, comune a tutta la scuola secondaria superiore.

Il percorso di istruzione obbligatorio elevato non può escludere qualsiasi rapporto con il lavoro.

Riteniamo che la cultura del lavoro debba entrare a pieno titolo nel percorso formativo dei giovani, per completarlo. Ma sottolineiamo il termine cultura del lavoro.

Va rivista l’età minima di accesso al lavoro, che va portata subito a 16 anni.

La Cgil, nell’iniziativa che farà a giorni sulla Legge 30/03, presenterà in tal senso una proposta specifica.

Va costruito un sistema nazionale di formazione professionale, che oggi non esiste, nel pieno rispetto della competenza legislativa esclusiva delle regioni, con una legge quadro nazionale che definisca ruolo, identità, finalizzazione di questo sistema: formazione post obbligatoria, al lavoro, sul lavoro, gestione degli snodi; le risorse necessarie a riconoscere una autonomia della F.P. Va, quindi, esplicitato che le persone cui sono finalizzate le attività formative non sono i giovani fino a 18 anni di età.

In questa ottica e con questa prospettiva, va assunto seriamente il tema del personale attualmente impegnato.

L’integrazione, espressione che ormai si usa per affermare tutto ed il suo contrario, è possibile solo con questa chiarezza, di obiettivi, di ruolo, di identità dei due sistemi."

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