Il governo del fare affossa l'università
Mentre la maggioranza litiga, studenti e ricercatori in piazza. Rinviato il voto sul Ddl Gelmini senza copertura finanziaria. Ma mancano i fondi per il funzionamento ordinario degli atenei. Davanti a Montecitorio un presidio unitario di studenti, sindacati (tutti), associazioni
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Il rinvio del voto sul ddl Gelmini non ha certo scoraggiato i partecipanti al presidio previsto per oggi davanti al Parlamento.
Fin dalle 9 di stamattina (14 ottobre, ndr) studenti, ricercatori, docenti e tanti altri lavoratori delle università hanno cominciato ad affluire a piazza Montecitorio, presidiata fino all'inverosimile dalle forze dell'ordine. Hanno dato vita a una manifestazione finalmente unitaria. Tutti i sindacati confederali di categoria, le rappresentanze di base, i sindacati autonomi, l'Ugl, le associazioni professionali hanno firmato un documento contro il testo di riforma e invitato a partecipare al presidio di oggi. "Ma i veri protagonisti sono loro, i giovani, studenti e ricercatori" - dice con soddisfazione Domenico Pantaleo, anche lui in piazza, e nei loro slogan la parola più diffusa è futuro. Sono presenti con le loro associazioni, l'Unione degli studenti universitari, la Rete nazionale degli studenti, l'Union-on, ma anche in rappresentanza delle numerose facoltà occupate, riconoscibili dai tanti striscioni. "Questi ragazzi e queste ragazze - continua Pantaleo - chiedono un rapporto diverso tra conoscenza-lavoro-diritti. Vogliono studiare meglio, avere un lavoro basato sulle loro competenze e vedere riconosciuti i loro diritti di cittadini. Chiedono che le università siano luoghi di innovazione, di ricerca, di creatività. E noi siamo con loro". Fortissima la presenza dei ricercatori, sotto lo striscione "indisponibili". E poi una miriade di volantini in cui ognuno di loro con nome, cognome e tanto di foto, e facoltà di appartenenza spiega il perché è indisponibile a prestare la propria opera alla didattica non obbligatoria.
Manifestazioni come queste accendono la speranza, vuol dire che questo Paese non è rassegnato, che i giovani non intendono mollare. Molti di loro indossavano magliette con su scritto "Abbattiamo il muro dell'ignoranza".
Per adesso il Ddl Gelmini è rinviato. La FLC è soddisfatta perché si tratta di una brutta, inutile e dannosa riforma. Ma questo rinvio "scopre il giochino del governo - dice Pantaleo - che fa promesse ma non le mantiene". Dovrebbero riflettere quei rettori che si sono lasciati incantare dalle sirene delle vaghe promesse di finanziamento per dare il loro consenso al Ddl. Un baratto davvero sconveniente.
Ma i problemi rimangono
Che fine fanno i nostri soldi? È lecito chiederselo di fronte ai continui niet del Tesoro, soprattutto quando si tratta di finanziare i settori della conoscenza.
Intendiamoci, non ci dispiace proprio che il Ddl Gelmini sull'università venga affossato. Anzi. L'università ha bisogno di riforme, ma la cura Gelmini è peggio del male.
A preoccuparci sono, invece, le dichiarazioni che vengono da via XX settembre. Niente soldi per le assunzioni in ruolo di 9.000 ricercatori: il fondo che dovrebbe finanziarle è già impegnato. Per che cosa? Niente fondi per il diritto allo studio. Niente fondi per la ricerca. Niente fondi per la deducibilità e la detraibilità di contributi privati a favore dell'università. Niente di niente.
Il ministro del tesoro avrà delle ragioni forti per chiudere ermeticamente la borsa, ma il governo deve rendere conto agli italiani (al popolo sovrano) di quello che sta succedendo e rendere conto di come spende, come spreca e della sua totale inerzia di fronte ai problemi.
Lasciare morire l'università in un Paese che, come l'Italia, si colloca tra quelli più sviluppati è come dichiarare bancarotta. Una bancarotta culturale che investe tutti i settori della conoscenza e i beni culturali, ambiti nei quali l'Italia dovrebbe essere prima e invece è ultima.
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