FLC CGIL
Seminario 14 novembre CON/CITTADINANZE – Insieme è meglio, anche a scuola

https://www.flcgil.it/@3825747
Home » Università » ANDU, APU, CIDUM, CISL Università, FIRU, SAMUC, SNALS Università, SNUR CGIL, UGL Università, UIL PA UR: Appello unitario per interventi legislativi urgenti in materia di Università

ANDU, APU, CIDUM, CISL Università, FIRU, SAMUC, SNALS Università, SNUR CGIL, UGL Università, UIL PA UR: Appello unitario per interventi legislativi urgenti in materia di Università

Appello unitario per interventi legislativi urgenti in materia di Università

08/03/2000
Decrease text size Increase  text size

ANDU, APU, CIDUM, CISL Università, FIRU, SAMUC, SNALS Università, SNUR CGIL, UGL Università, UIL PA UR

I sottoscritti Sindacati ed Associazioni della docenza universitaria seguono con crescente preoccupazione il dibattito sul disegno di legge di riforma dello stato giuridico dei docenti universitari. Come era sin troppo facile prevedere, i tempi della discussione vanno dilatandosi ben al di là di quanto inizialmente previsto dai calendari parlamentari. Questa situazione dimostra, se ve ne fosse ancora necessità, l'infondatezza delle argomentazioni che hanno indotto a sostenere l'utilità, per motivi di rapidità di approvazione, dell'accorpamento del ddl che istituisce la terza fascia del ruolo dei professori universitari al cosiddetto disegno di legge Zecchino.

Le sottoscritte Organizzazioni hanno un proprio argomentato ed unitario parere sui singoli punti della legge di riforma, che si richiama ad un disegno complessivo, elaborato da tempo, e che si è tradotto in una serie di emendamenti al testo governativo che qui si allegano, per portarli all'attenzione dei componenti della VII Commissione della Camera.

In ogni caso, proprio alla luce della esasperante lentezza con la quale procede l'iter parlamentare di approvazione di questo disegno di legge, si ritiene necessario sollecitare l'adozione di misure immediate, scorporate dal ddl, che facciano salve almeno tre questioni di importanza cruciale per il corretto svolgimento della vita degli Atenei italiani.

_____________________________________________________

1. Innanzitutto, l'immediata approvazione del ddl che istituisce la terza fascia del ruolo dei professori universitari.

L'iter di questa legge è stato lungo e tormentato. Dagli iniziali disegni di legge presentati al Senato nel luglio di due anni fa, si era pervenuti ad un testo che, anche se non completamente soddisfacente, avrebbe tuttavia costituito un sia pur tardivo riconoscimento per l'attività e il ruolo effettivamente svolti dai professori associati e dai ricercatori. La sua approvazione avrebbe reso più agevole la riforma dello stato giuridico di tutta la docenza universitaria. Con un atto che non ha precedenti recenti, ottantadue deputati hanno bloccato il provvedimento giunto alla fine del suo iter in sede legislativa alla VII Commissione della Camera: gli articoli erano già stati approvati dalla Commissione ed avevano già ottenuto il parere favorevole finale della Commissione Affari costituzionali. Questa operazione è giunta a conclusione di una forsennata campagna di stampa contro il ddl, tutta costruita sulla tesi del cosiddetto "ope legis", contro l'immissione senza concorso dei ricercatori nel ruolo dei professori universitari. Le argomentazioni a sostegno di questa tesi sono del tutto infondate, dal momento che la costituzione di una terza fascia del ruolo dei professori nella quale trasformare il ruolo dei ricercatori è solo un atto dovuto ai sensi del DPR 382/80 e giunge al termine di un lungo iter legislativo di equiparazione che si è sviluppato attraverso:

la legge 158/1987, che aggancia la retribuzioni dei ricercatori a quella di ordinari e associati;

l'art. 16, comma 2 della legge 168/89, che prevede la paritetica rappresentanza di ordinari, associati e ricercatori nel Senato Accademico Integrato, organo deliberante dello Statuto dell'Ateneo;

l'art. 12 della legge 341/1990, che equipara le modalità di svolgimento delle funzioni didattiche dei ricercatori a quelle vigenti per ordinari e associati;

l'art. 15 della legge 341/1990, che unifica le modalità di inquadramento e di attribuzione dei compiti didattici di ordinari, associati e ricercatori;

gli artt. 104 e 106 della 127/97, che prevedono la paritetica rappresentanza di ordinari, associati e ricercatori nel Consiglio Universitario Nazionale (CUN). Precedentemente del CUN facevano parte 21 ordinari, 21 associati e solo 4 ricercatori;

l'art. 1, comma 1, lettera b), punto 1), della legge 210/98, che prevede che le commissioni per i concorsi a ricercatore siano costituite da un ordinario, un associato e un ricercatore, introducendo per la prima volta la presenza dei ricercatori in queste commissioni;

la legge 4/1999, che estende le mansioni didattiche dei ricercatori confermati ai ricercatori non confermati, così come già previsto per ordinari e associati. La stessa legge abolisce la precedenza di ordinari e associati rispetto ai ricercatori nell'assegnazione delle supplenze.

_____________________________________________________________

2. Le sottoscritte Organizzazioni chiedono, inoltre, che il provvedimento urgente contenga le norme sul tipo di rapporto di lavoro dei docenti universitari, che qui si propongono anche come emendamento del ddl Zecchino. Tale rapporto dovrebbe configurarsi come a carattere esclusivo, con divieto, di norma, di attività libero-professionali per i docenti universitari. Ai docenti universitari dovrebbe essere consentito lo svolgimento di attività libero-professionali solo a carattere intra-moeniale, al di fuori degli impegni orari di lavoro, in un trasparente regime di convenzione tra committenza, Ateneo e singolo docente. Brevi periodi di attività professionale potrebbero essere consentiti (un semestre ogni tre anni), con congrua decurtazione dello stipendio ed esclusione dall'esercizio di tutti i diritti di elettorato passivo.

Si fa notare come queste norme siano di particolare urgenza. È possibile, infatti, prevedere che gli incombenti ricorsi di docenti delle Facoltà di Medicina al cosiddetto Decreto Bindi possano trovare positivo accoglimento. Questa eventualità determinerebbe una grave disparità di condizione tra sanitari universitari e sanitari ospedalieri, impegnati nella stessa struttura e nel medesimo lavoro limitatamente alle funzioni di assistenza. Ai primi sarebbe consentita la prosecuzione delle attività libero-professionali assolutamente inibite ai secondi. È evidente l'insostenibilità di una simile situazione, che rischia di modificare profondamente alcuni elementi introdotti dalla recente riforma del SSN.

_________________________________________________________

3. Lo stesso provvedimento urgente dovrebbe contenere norme a salvaguardia degli Statuti degli Atenei. Con recenti sentenze, che riguardavano direttamente le Università di Perugia e di Palermo, le supreme istanze della magistratura amministrativa (Consiglio di Stato, con dec. n. 506/1998, e Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con dec. n. 564/1999) hanno definitivamente deciso che le questioni relative alla composizione degli organi accademici e degli elettorati attivi e passivi non appartengono all'autonoma potestà statutaria degli Atenei in quanto materia di stato giuridico.

È opportuno rilevare come gli Statuti di tutti gli Atenei contengano da tempo norme illegittime alla luce delle citate sentenze e che nessun Ateneo ha deciso di modificare il proprio Statuto per conformasi alle stesse.

Inoltre, in data successiva alla loro emanazione, le stesse sentenze, sono state disattese dagli Atenei di Firenze e Trento (che hanno modificato i propri statuti prevedendo la partecipazione di tutti i ricercatori ai Consigli di Facoltà), da quello di Bologna (che ha previsto la partecipazione di tutti i ricercatori all'elezione del rettore), dall'Università di Roma "La Sapienza" (che ha approvato uno Statuto che estende l'elettorato passivo ai professori associati, l'elettorato attivo per l'elezione del Rettore a tutti i ricercatori e la partecipazione di quasi tutti i ricercatori ai Consigli di Facoltà). Lo stesso Ateneo di Perugia ha nuovamente disatteso la sentenza prevedendo la partecipazione ai Consigli di Facoltà di un numero di ricercatori pari a un terzo di quello dei professori, nonostante il DPR 382, ultima fonte normativa in termini di stato giuridico dei docenti universitari, abbia fissato nel numero di tre la rappresentanza dei ricercatori.

Questa situazione prefigura un autentico conflitto istituzionale e richiede, pertanto, un intervento urgente del Parlamento per procedere alla necessaria definizione per legge degli elettorati attivi e passivi dei docenti (professori e ricercatori) e le modalità della loro partecipazione agli organi collegiali. Altrettanto urgente è una norma che garantisca piena autonomia agli Atenei in materia di elettorati attivi per il personale tecnico-amministrativo e per gli studenti, di composizione degli Organi e di modalità di elezioni.

Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

LEGGI LA NOTIZIA