Stop Bolkestein!
Il Segretario generale della CES scrive ai parlamentari europei
A seguito della presentazione di nuovi e gravi emendamenti da parte del PPE e altri, si è aperta un forte discussione alla fine della quale il calendario parlamentare Bolkestein ha subito profonde modifiche.
La Commissione Mercato Interno affronterà la discussione sui 1.400 emendamenti e sugli altri che potranno essere presentati il 21 e 22 novembre.
La direttiva arriverà quindi in plenaria a gennaio 2007 dopo la conclusione della Presidenza inglese.
Pubblichiamo la lettera che il Segretario Generale della CES J. Monks, ha inviato a tutti i parlamentari europei, ricordando le posizioni della CES contro i tre punti più negativi della bozza di direttiva (area di applicazione, disciplina del distacco dei lavoratori, principio del paese di origine).
Roma, 10 ottobre 2005
Ai membri del
Comitato Mercato Interno
del Parlamento europeo
Oggetto: bozza di direttiva servizi nel mercato interno
Cari signori, care signore,
il vostro comitato voterà questa settimana la proposta della Commissione europea per una Direttiva sui servizi nel mercato interno. Come sarete senza dubbio informati, la CES – che rappresenta più di 60 milioni di lavoratori – è molto preoccupata.
Per la CES la chiave per un mercato interno sostenibile è l’equa competizione. Ciò significa:
-
lo stesso livello di azione per le imprese;
-
condizioni di lavoro giuste e pari opportunità per tutti i lavoratori.
La CES ha apprezzato i miglioramenti introdotti nella Direttiva da parte del Comitato occupazione del Parlamento Europeo con ampia maggioranza di tutti i gruppi politici. Se però non saranno apportati importanti cambiamenti nella Direttiva in oggetto da parte del Comitato mercato interno, essa non raggiungerà nessuno dei due obiettivi succitati e rischierà di avere l’effetto opposto.
Alla vigilia del voto nel Comitato mercato interno, la CES chiede:
1. di definire chiaramente e senza ambiguità la materia in questione (art. 1). Essa dovrebbe mirare soltanto alla libera circolazione di autentici servizi commerciali, senza interferire in alcun modo con servizi pubblici, protezione sociale o legislazione sul lavoro, contrattazione collettiva e relazioni industriali;
2. escludere dalla trattazione (art. 2) i settori in cui, per molte ragioni diverse di interesse generale, è più appropriato uno specifico approccio di settore, come ad esempio:
-
servizi di interesse generale ed economico, la salute, servizi sociali (ragioni di sicurezza di approvvigionamento, accesso, continuità, ecc.)
-
il settore delle agenzie interinali, in cui debbono essere messe in atto specifiche tutele per proteggere i lavoratori e il mercato del lavoro contro possibili pratiche illegali o incoercibili;
-
il settore della sicurezza privata (ragioni di pubblica sicurezza).
3. riconoscere esplicitamente il rispetto per le altre disposizioni comunitarie, in particolare tutte quelle regolamentazioni che riguardano il diritto privato internazionale (Roma I e II), la Direttiva Posting ed il coordinamento degli schemi di sicurezza sociale (art. 3);
4. tenere in considerazione l’enorme quantità di discussioni degli esperti che hanno esposto in modo convincente che il principio del paese di origine non è uno strumento accettabile per determinare un mercato interno dei servizi sostenibile. Esso potrebbe funzionare soltanto se ci fosse un livello sufficiente di armonizzazione o provvedimenti equivalenti. Senza di essi, esso creerebbe una corsa distruttiva verso il basso.
Alcuni politici a livello nazionale ed europeo stanno presentando lo schema di Direttiva come un importante e indispensabile strumento per la crescita economica e dell’occupazione, specialmente nei nuovi stati membri.
Comunque essi sembrano dimenticare che i cittadini ed i lavoratori nei nuovi stati membri si sono imbarcati nel processo di allargamento con la convinzione che questo avrebbe significato aderire ai valori di un’Europa sociale, in cui lo sviluppo sociale e quello economico vanno di pari passo, con alla base uno dei suoi principali obiettivi, ossia il livellamento verso l’alto delle condizioni di vita e di lavoro. E’ stato promesso loro, in verità, il miglioramento delle opportunità di lavoro, ma non alle spese dei diritti dei lavoratori.
La Direttiva servizi, così come proposta dalla Commissione, più che promuovere un vero mercato interno dei servizi, incentiva la competizione, rendendo possibile ai 25, presto 28 stati membri, di competere nei territori altrui alle spese della qualità nei servizi pubblici e sociali, dell’ambiente, dei sistemi di relazioni industriali e dei diritti dei lavoratori.
Tutto questo non apporterà il sostegno necessario dei cittadini in tutti gli stati dell’UE per un’implementazione comprensiva delle quattro libertà contenute nel trattato UE, inclusa la libera circolazione dei lavoratori. Al contrario, questo alimenta quei sentimenti di insicurezza e paura del cambiamento, che portano a richieste irrazionali di “chiusura dei confini”, nonché al razzismo e alla xenofobia.
Per poter provare ai cittadini europei dell’ovest e dell’est che la libera circolazione dei servizi e dei lavoratori sarà un beneficio per loro, è di importanza capitale dimostrare che tutto questo non si ridurrà ad una corsa al ribasso.
Per la CES, per essere in grado di sostenere una piena e coerente implementazione delle quattro libertà, devono essere poste al centro le pari opportunità dei lavoratori indipendentemente dal loro paese di origine e l’equa competizione tra imprese basate sul rispetto dei sistemi di relazioni industriali e di contrattazione collettiva.
Vi preghiamo di tenere in considerazione queste questioni e siate consapevoli di stare per prendere decisioni che avranno una grandissima influenza sulla posizione generale dei sindacati europei verso l’integrazione europea.
Ci auguriamo di avere il vostro sostegno sui punti chiave espressi in precedenza.
Grazie per la comprensione ed il sostegno.
John Monks
Segretario generale Ces
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