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Stipendi giù e stop alla carriera. Ecco la meritocrazia del Governo

Misure inique che colpiscono i bassi redditi e peggiorano la qualità dei servizi. La meritocrazia foglia di fico dello smantellamento dei diritti del lavoro. Il blocco degli scatti stipendiali conferma l'accanimento del Governo contro i lavoratori della scuola statale.

09/06/2010
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La manovra economica varata dal Governo alcuni giorni fa è iniqua, sbilanciata e socialmente ingiusta. Tutto questa la FLC lo aveva denunciato subito dopo la sua approvazione mettendo in risalto anche le bugie dette dal Governo per giustificare il suo accanimento nei confronti dei lavoratori pubblici.

Tra questi i dipendenti più colpiti dalla manovra sono i docenti e il personale Ata della scuola perché, oltre a non avere rinnovato il contratto come tutti gli altri lavoratori pubblici, perdono le progressioni di carriera senza possibilità di recuperarle in futuro e cioè quando la crisi dovrebbe essere passata. La crisi non giustifica una manomissione della carriera retributiva di oltre un milione di lavoratori che, nell'arco della vita lavorativa, hanno solo questa possibilità di miglioramento economico legato all'esperienza professionale. Infatti, il personale della scuola ha a disposizione per il salario accessorio, quello destinato alle attività aggiuntive (corsi di recupero, progetti, attività di sostegno, ecc.), una media annuale di 1.250 euro lordi (stato) pro capite che equivalgono a 3,47 euro al giorno. Un fatto vergognoso di cui bisognerebbe chiedere il conto al Ministro Gelmini che si fa autorevole promotrice delle innovazioni, del merito e della qualità della prestazione, ma pur avendone avuta l'occasione, ha lasciato languire la partita dei fondi contrattuali non incrementandoli neanche di un euro.

Inoltre, non è vero che i dipendenti pubblici hanno guadagnato di più di tutte le altre categorie di lavoratori. Il Governo lo dice e smentisce se stesso, cioè i dati Aran. Un'informazione corretta deve distinguere tra i dipendenti il cui stipendio è regolato da contratto, che percepiscono in media 1.300 euro mensili, e dipendenti (magistrati, docenti universitari, alti gradi dell'esercito e dell'amministrazione) il cui stipendio è regolato dalla legge (il Parlamento). Disaggregando il dato, come dalla tabella fornita dall'Aran, si ha la verità: impiegati e docenti di scuola hanno guadagnato meno di tutti. E a questi stipendi la manovra preleverà somme annue da 800 a 3.000 euro annui (dossier allegato) per effetto combinato del blocco dei contratti e delle anzianità di servizio che avranno conseguenze su tutta la vita lavorativa, sulla liquidazione e sulla pensione. I colleghi giovani, i neo assunti, saranno i più penalizzati. Per loro niente contratto e niente carriera. Un furto!

Quanto poi al "vantaggio" di avere il posto di lavoro garantito, si tratta di un'affermazione falsa e scandalosa: falsa perché i 18.000 docenti e i 7.000 Ata che hanno perso il posto di lavoro nel 2009 e gli altrettanti che lo perderanno nel corso di quest'anno sono persone che andranno a ingrossare le fila dei disoccupati e non beneficeranno di alcuna cassa integrazione né di altri ammortizzatori sociali; scandalosa perché il posto di lavoro dovrebbe essere considerato un diritto e non un vantaggio. Così parlano la nostra Costituzione e tutte le Costituzioni democratiche. Con questa manovra cade la mistificazione del Governo e del Ministro Gelmini che appena insediati avevano parlato di merito promettendo un aumento delle retribuzioni ai migliori e invece hanno solo demotivato economicamente e professionalmente docenti, Ata e dirigenti. Alla prova dei fatti il Governo si dimostra incapace di affrontare il tema della qualità e storna i fondi dalla professionalità per coprire le spese ordinarie. Un comportamento scandaloso anche perché fino a pochi giorni aveva negato lo stato di sofferenza finanziaria delle scuole.

Gli stereotipi che il Governo abilmente alimenta per dividere i lavoratori e coprire le proprie magagne sono duri a morire, per questo è importante essere informati correttamente perché gli effetti di questa manovra non ricadono solo sui lavoratori ma anche sulla quantità e la qualità dei servizi pubblici per tutti.

Non lasceremo niente di intentato, ci batteremo per ottenere, in sede di conversione, una manovra socialmente equa e la cancellazione delle misure più odiose come quella del blocco della carriera. I pesi da portare vanno distribuiti sulle spalle di tutti coloro che hanno le condizioni economiche e sociali per poterselo permettere. Questo dice la Costituzione.

Per tutte queste ragioni chiediamo ai lavoratori della scuola e ai cittadini di scendere in piazza il 12 giugno a Roma.

Roma, 10 giugno 2010
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Anno 11, n. 2

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