Scuole non statali. Il governo va fermato!
Il 30 gennaio la Camera discuterà la norma sui finanziamenti alle scuole private
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Il 30 gennaio comincerà alla Camera la discussione sulla “ Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui” approvato dal Senato il 24 gennaio u.s.
Come è noto il decreto legge in questione contiene il famigerato emendamento del Governo sulle scuole non statali, ora articolo 1 bis.
La conversione del decreto legge in questione deve avvenire entro il 4 febbraio p.v., data della sua scadenza.
Assisteremo, anche in occasione del dibattito alla Camera, ad uno scontro duro tra maggioranza e opposizione senza esclusione di colpi perché la posta in gioco è altissima.
Dall’esito del dibattito parlamentare dipendono le sorti prossime future della scuola pubblica italiana e del suo ruolo.
Se la norma, voluta a tutti i costi dal Governo, dovesse, infatti, essere approvata aprirebbe la via al finanziamento diretto dello Stato alle scuole private non statali, paritarie e non paritarie, in spregio a quanto disposto dal dettato costituzionale del “senza oneri per lo Stato”.
E’ vero che inizialmente verrebbero finanziate solo le scuole paritarie private elementari, ma è altrettanto vero che l’introduzione di tale principio nell’ordinamento scolastico consentirebbe l’ampliamento del finanziamento diretto anche alle scuole paritarie private di primo e secondo grado, ponendo, così, le premesse per una “privatizzazione” dell’intero sistema pubblico di istruzione.
Indipendentemente dalle illegittimità, dalle sue contraddizioni e dai tratti incostituzionali del provvedimento, che pure hanno il loro rilievo, la sostanza vera è rappresentata, se dovesse essere approvata, dall’affermazione di una idea di istruzione, più volte teorizzata dal Governo di centro destra e dal Ministro Moratti, fondata su interessi privati – la famiglia e/o le famiglie – a scapito dei diritti collettivi e universali garantiti dalla Costituzione.
Non è un caso, quindi, che la maggioranza governativa abbia insistito con vigore affinché la sua proposta fosse approvata dal Senato e che continuerà ad insistere anche in occasione del dibattito alla Camera.
Rispetto al testo originale è stata inserito all’art. 1 bis il comma 8 secondo il quale “ Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”.
Questo comma, come si ricorderà, aveva consentito alla Commissione bilancio di dare parere favorevole.
A tal proposito vale la pena sottolineare che non è affatto così. La semplice estensione dell’istituto della parificazione a tutte le scuole elementari paritarie comporterebbe per lo Stato un aggravio di spesa aggiuntivo di circa 50.000 di euro. Per cui i finanziamenti complessivi per la scuola elementare parificata salirebbero a 200.000.000 di euro, anziché i 150.000.000 attualmente previsti in bilancio.
E’ infatti impensabile che, una volta esteso l’istituto della parificazione, gli interessati rinuncino al diritto di avere finanziamenti. L’assenza di benefici non modificherebbe la loro attuale situazione.
Come pure è impensabile che le attuali risorse finanziare possano essere distribuite ad una platea maggiorata di un terzo rispetto a quella oggi beneficiaria. Ciò significherebbe una riduzione delle risorse per ogni singola classe con l’ovvio disappunto da parte delle scuole ad oggi riconosciute parificate che vedrebbero il beneficio ridotto.
Questa è l’ennesima riprova dell’illegittimità e contraddittorietà della proposta del Governo.
Contribuisci a far respingere l’emendamento (ora at. 1 bis) inviando un fax al Presidente della Camera e alle presidenze delle commissioni istruzione e bilancio.
Invia un fax a:
Al Presidente della Camera - fax 06/67603522
Alla Presidenza della Commissione Bilancio della Camera - fax 06/67604857
Alla Presidenza della Commissione Istruzione della Camera - fax 06/6790959
Roma, 27 gennaio 2006
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