Scuola privata: comunicato unitario sul lavoro autonomo
Comunicato unitario del 12 novembre 2001
CGIL-CISL-UIL scuola e CONFSAL-SNALS sono da sempre impegnate a tutelare e migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola non statale, curriculare ed extracurriculare, laica e religiosa. Tale attività nel corso degli anni si è esplicitata con la stipula prima e il consolidamento poi dei tre Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro con le organizzazioni datoriali e padronali più rappresentative del settore quali appunto AGIDAE, ANINSEI-ASSOSCUOLA-FIINSEI, e FISM.
Nell’ambito dei CCNL sono state inoltre sviluppate significative esperienze di contrattazione integrativa che hanno prodotto, in quelle realtà lavorative interessate, ulteriori miglioramenti alle condizioni economiche e normative stabilite dalla contrattazione collettiva.
L’attività costante delle organizzazioni sindacali ha inoltre consentito in molti casi l’emersione dal lavoro sommerso con i contratti di riallineamento e la difesa dell’occupazione mediante il ricorso ai contratti di solidarietà.
Contemporaneamente a questa attività svolta dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, si è sviluppata da parte di un’associazione padronale scarsamente rappresentativa, la FILINS, con la complicità di organizzazioni sindacali compiacenti quali l’UGL e la CISAL, un’azione tesa a minare l’unicità dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.
Questa azione di disturbo si è concretizzata con due iniziative pericolose e spregiudicate, entrambe a danno delle lavoratrici e dei lavoratori, che stanno producendo un vero e proprio effetto di dumping sociale.
Dapprima è stato firmato e recentemente rinnovato tra FILINS e UGL, con l’adesione della CISAl, un vero e proprio contratto di sottotutela che vede peggiorate drasticamente le condizioni economiche e normative del personale docente, direttivo e ata, rispetto ai CCNL storici del settore.
Successivamente la FILINS e la CISAL, con l’adesione dell’UGL hanno sottoscritto un accordo sui rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, tacciando questo accordo per un contratto collettivo nazionale e quindi applicabile in sostituzione del lavoro subordinato, con ciò le condizioni dei lavoratori sono decisamente peggiorate anzi vengono precarizzate al massimo.
In occasione dell’approvazione della legge di parità scolastica (L.62/2000) e sulla base dei requisiti che le scuole debbono avere per essere riconosciute paritarie, l’Avvocatura Distrettuale di Palermo ha dichiarato che quest’ultimo accordo e soprattutto l’applicazione della coordinata e continuativa è giuridicamente illegittima ai sensi della lettera h) del comma 4 della citata legge. Ossia l’Avvocatura Distrettuale di Stato ha ritenuto che quell’accordo non può in alcun caso essere qualificato come contratto collettivo nazionale di lavoro e pertanto ha negato alle scuole che lo applicano il riconoscimento della parità.
La FILINS ha, pertanto, sottoposto al Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca un quesito sulla questione.
CGIL-CISL-UIL scuola e lo SNALS sono venute a conoscenza di tutto ciò, per via telematica, e hanno deciso unitariamente di inviare ai soggetti istituzionali elencati nella lettera pubblicata di seguito le loro ragioni di contrarietà al quesito FILINS sia perché infondato giuridicamente sia perché insostenibile da un punto di vista sindacale.
La cosa che desta grande meraviglia è rappresentata dal fatto che due organizzazioni sindacali, la CISAL e l’UGL, si siano rese protagoniste di operazioni che danneggiano fortemente i lavoratori e che in alcune circostanze addirittura contrastino con i principi costituzionali.
CGIL scuola CISL scuola UIL scuola CONFSAL-SNALS
Roma, 12 novembre 2001
Testo lettera
Roma 5 novembre 2001
Prot. 304/SNS/U
Al Ministro dell'Istruzione Università e Ricerca
Dott. Letizia Moratti
Viale Trastevere 76/A
00153 Roma
Al Capo di Gabinetto
Dell'Istruzione Università e Ricerca
Viale Trastevere 76/A
00153 Roma
Al Direttore Generale dei Servizi nel Territorio
Area della parità scolastica
Ministero Istruzione Università Ricerca
Dott. Silvana Riccio
Viale Trastevere 76/A
00153 Roma
Al capo dell'Ufficio Legislativo
Ministero Istruzione Università Ricerca
Viale Trastevere 76/A
00153 Roma
All'Avvocatura Generale dello Stato
Via dei Portoghesi 12
00196 Roma
All'Avvocatura Distrettuale dello Stato
Viale De Gasperi 81
90146 Palermo
All'Assessorato Regionale Beni Culturali
Gruppo VIII - Pubblica Istruzione
Via Notarbartolo 17
90100 Palermo
Oggetto: Scuole paritarie - rapporti di lavoro
Le scriventi organizzazioni sindacali sono venute a conoscenza, per via telematica, che il Segretario Nazionale della FILINS, prof. Giovanni Piccardo, ha sottoposto all’attenzione di Codesto Ministero e dell’Avvocatura dello Stato un quesito sulla legittimità e l’applicabilità per i docenti delle scuole paritarie del contratto collettivo nazionale per collaborazioni coordinate e continuative del 13 luglio del 2000 sottoscritto tra la stessa FILINS e la CISAL scuola, A.Na.C.C.C. e UGL .
Dal documento si evince che la richiesta di parere è motivata dal fatto che l’Assessorato alla Cultura della Regione Sicilia prima e l’Avvocatura Distrettuale di Palermo poi hanno manifestato serie e fondate perplessità circa la legittimità di inquadrare il personale docente di scuole paritarie con il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in quanto l’attività di insegnamento presso una scuola paritaria è riconducibile esclusivamente alla forma di rapporto di lavoro subordinato in coerenza con quanto contemplato dalla legge 62/2000.
A ben guardare il quesito proposto dalla FILINS, se legittimato, diventa foriero di implicazioni e ripercussioni che vanno ben oltre lo specifico della scuola paritaria investendo di fatto e di diritto l’intero sistema scolastico e la qualificazione dell’attività di insegnamento.
La filosofia di fondo che lo ispira è quella di introdurre, per via contrattuale, un tertium genus distinto sia dal lavoro autonomo che da quello subordinato a partire con una forzatura operata ai danni del corretto spirito della legge 62/2000. Non è casuale infatti che sia stata adottata la denominazione di "contratto collettivo", più consona all’impostazione del tertium genus anziché quella di "accordo collettivo" come previsto dall’ordinamento vigente che ai sensi dell’art. 409 del c.p.c. colloca i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa integralmente all’interno dell’area del lavoro autonomo. Evidentemente l’intenzione delle organizzazioni stipulanti il "contratto" in specie è quella di sostituirsi al legislatore ordinario – nella passata legislatura vennero presentati e non approvati vari disegni di legge tesi a disciplinare la materia – invocando surrettiziamente e arbitrariamente gli interventi operati dal legislatore tributario e considerando questi sufficienti a connotare giuridicamente una categoria specifica. Fatto sta che sotto un profilo prettamente giuridico la prestazione di collaborazione coordinata e continuativa, cosiddetta parasubordinata, è da considerarsi a tutti gli effetti come una "sotto-categoria" del lavoro autonomo così come definito dagli articoli 2222 e segg, del codice civile, cosa del resto ampiamente e implicitamente riconosciuta dal testo stesso della FILINS.
Indipendentemente, quindi, dal nomen iuris assegnato dalle parti stipulanti, l’accordo citato non può essere in alcun caso considerato alla stregua di un contratto collettivo nazionale di lavoro proprio perché manca allo stato del diritto positivo un aggancio ad una categoria legale di tertium genus.
Il considerare le prestazioni in oggetto, secondo quanto si legge nell’articolato, non riconducibili né alla tipologia del lavoro subordinato, né a quella del lavoro autonomo, appare non solo contraddittoria per via dei continui richiami ad articoli del codice civile regolamentativi delle varie forme di prestazione autonoma, ma incomprensibile e vanificatoria dell’intera disciplina collettiva. Si tratta piuttosto di un accordo sindacale, per giunta malriuscito, tendente a regolamentare la prestazione coordinata e continuativa laddove questa è consentita per cui non è prospettabile una sua efficacia generale indiretta come invece avviene per i contratti collettivi nell’area del lavoro subordinato.
Sotto quest’ultimo aspetto risultano essere fuorvianti, imprecise, improprie e giuridicamente discutibili le indicazioni presenti nel manuale "Verso un sistema nazionale di istruzione" del MIUR con cui l’accordo in questione viene considerato quale contratto collettivo nazionale di lavoro e come tale impropriamente utilizzato.
Fatta questa necessaria premessa di carattere generale e prima di passare agli aspetti più specifici posti dal quesito del prof. Piccardo a nome della sua associazione, le scriventi Organizzazioni Sindacali vogliono, inoltre, segnalare un grave fatto politico che non può essere trascurato in una più generale comprensione dell’intero fenomeno: la FILINS, con il consenso e l’appoggio delle organizzazioni sindacali di CISAL e UGL, è artefice e protagonista di un contratto collettivo nazionale di lavoro di sottotutela, recentemente rinnovato, concorrenziale e antagonista agli storici CCNL delle scuole private in vigore. Tale contratto di sottotutela realizza, in spregio all’articolo 36 della Costituzione, condizioni economiche e normative decisamente e largamente inferiori a quanto previsto dai CCNL firmati dalle associazioni padronali e dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, tanto da determinare veri e propri fenomeni di dumping sociale all’interno del settore della scuola privata paritaria e non. Ciò a dimostrazione e a conferma, qualora ce ne fosse bisogno, di un disegno politico teso a deregolamentare, utilizzando tutta la strumentazione possibile, l’intero sistema della scuola non statale a cominciare dalle condizioni di lavoro del personale.
L’accordo sopra richiamato e il CCNL di sottotutela rappresentano i tasselli di questo disegno che ha come obiettivo più generale quello di smantellare la natura subordinata del rapporto di lavoro dell’insegnante sia di scuola statale che di scuola non statale, e di configurare l'attività lavorativa come una mera prestazione d’opera intellettuale libera da ogni vincolo.
Nel merito del quesito, le scriventi organizzazioni sindacali, essendo, direttamente e indirettamente, contro interessate perché portatrici di interessi, di principi e di valori diversi, intendono rappresentare quanto segue.
1. Il teorema FILINS poggia sul postulato che l’accordo in esame è a tutti gli effetti un vero e proprio contratto collettivo nazionale di lavoro: si comporta giuridicamente come tale per cui è legittimo applicarlo a tutto il personale docente delle scuole non statali paritarie per buona pace della L.62/2000. Da qui la richiesta di considerare legittima, ai sensi della lettera h) del comma 4 della citata legge, l’applicazione dell’ accordo in questione postulato che "il rapporto di lavoro, per le scuole paritarie, deve essere regolato da accordi sindacali (CCNL) di settore che comprendono sia il rapporto di subordinazione che quello di parasubordinazione".
Ma l’assioma su cui poggia il teorema FILINS è, però, del tutto infondato sotto il diritto positivo proprio perché è assente nel nostro ordinamento una disciplina legislativa relativa ai cosiddetti " lavori atipici": il lavoro parasubordinato non è altro che una forma di lavoro autonomo e pertanto l’accordo non rientra nella tipologia contemplata dall’articolo 2067, Capo III, Titolo I, Libro V del c.c., bensì in quella prevista dagli articoli 2222 e segg., Capo I e Capo II, del Titolo III, del Libro V.
La stessa Cassazione, con sentenza del 7 novembre 1995, n. 11581, ha confermato che "rientrano nell’ambito della cosiddetta parasubordinazione tutti quei rapporti che, a condizione che abbiano per oggetto una prestazione coordinata e continuativa a carattere prettamente personale, riguardino prestazioni di "fare" riconducibili allo schema generale del lavoro autonomo, ancorché non rientranti in figure contrattuali tipiche, non ostandovi il fatto che il prestatore d’opera svolga la propria attività in autonomia e con responsabilità e rischi propri".
Non ci si trova, pertanto, in presenza di un CCNL di settore o di categoria con le caratteristiche che questo assume e con la sua efficacia oggettiva, ma di fronte ad un accordo, benché collettivo, che regola una prestazione d’opera autonoma, realizzata sotto la forma della prestazione coordinata e continuativa. Del resto apparirebbe giuridicamente inconcepibile qualificare la prestazione a collaborazione coordinata e continuativa come attività professionale di settore trattandosi piuttosto di una vasta ed eterogenea categoria di rapporti negoziali di natura sostanzialmente autonoma.
Semmai l’accordo in esame troverebbe una sua limitata applicazione nella casistica contemplata, in presenza di requisiti e condizioni legali, nella seconda parte del comma 5 della legge di parità.
2. Fatta chiarezza su questo punto e sgomberato il campo da qualsiasi equivoco, appare chiaro che il legislatore, nel richiamare le scuole non statali paritarie all’obbligo di applicare per il personale docente i CCNL di settore, di cui alla lettera h) del comma 4 della L.62/2000, si riferisce esclusivamente al rapporto di lavoro subordinato, tenendo bene a mente la netta distinzione presente nel nostro ordinamento delle due tradizionali tipologie di lavoro, subordinato e autonomo. Il fatto che lo stesso legislatore si riferisca a più contratti collettivi non è imputabile alla natura del rapporto ma alla presenza, nella scuola non statale paritaria, di una pluralità di contrattazioni collettive.
3. La sopracitata lettera h), inserita nel contesto del comma 4, sta, inoltre, a significare che il legislatore ha voluto non solo garantire le condizioni di lavoro del personale docente con l’esplicito richiamo ai CCNL in coerenza con l’articolo 36 della Costituzione, ma ha considerato requisito indispensabile per il funzionamento delle scuole paritarie l’instaurazione con il personale del lavoro subordinato quale condizione essenziale per realizzare, insieme agli altri vincoli, quanto definito ai commi 2 e 3. Non a caso, nel trattare il lavoro autonomo, il legislatore ha utilizzato, nella seconda parte del comma 4, riferendosi alle istituzioni paritarie, il termine "possono" , anziché "devono", coniugandolo con la limitazione nella misura massima consentita di un quarto delle prestazioni complessive dei docenti. Facendo rientrare la prestazione d’opera nella sfera della possibilità il legislatore ha voluto precisare che l’attività di docenza deve esplicarsi principalmente in regime di subordinazione - mentre è residuale il ricorso a prestazioni autonome - proprio perché solo questa forma di lavoro garantisce efficacia e qualità del servizio in analogia di quanto avviene nella scuola statale.
4. La scelta compiuta dal legislatore è, inoltre, coerente con la giurisprudenza e la stessa Inps che ha definito i caratteri distintivi fra lavoratori subordinati e parasubordinati. In questo senso è sufficiente ricordare i recenti pronunciamenti della stessa giurisprudenza (sentenza Pretura di Verona del 25 marzo 1999, sentenze di Cassazione n. 6570 del 2000, n.12685 del 25 settembre 2000 e n.15001 del 21 novembre 2000) solo per citare le più recenti. Come pure è emblematico quanto ha precisato l’Inps con circolare n. 108 del 6 giugno 2000 a proposito dei requisiti che deve avere la prestazione del docente per essere qualificata come parasubordinata. Pertanto, in coerenza con i pronunciamenti giurisprudenziali, si può riassumere che, indipendentemente dal nomen iuris, si è in presenza di un rapporto parasubordinato quando: dal contratto deve conoscersi l’intenzione delle parti di escludere la subordinazione e il prestatore d’opera deve chiaramente essere escluso dall’assoggettamento direttivo e disciplinare del datore di lavoro. Mentre il rapporto di lavoro è qualificato subordinato quando: vi è un assenza di rischio d’impresa del prestatore d’opera, vi è osservanza di un orario di lavoro, vi è una cadenza fissa della retribuzione, il lavoratore è soggetto al potere direttivo, disciplinare e gerarchico del datore di lavoro. In buona sostanza quando si verifica il completo inserimento del docente nell’organizzazione scolastica, come prefigura la stessa legge di parità, non può sorgere alcun dubbio circa la prestazione subordinata del docente medesimo.
Tutto ciò è tacito che avvenga allorquando il docente è chiamato a svolgere la sua attività per così dire di tipo curriculare.
5. Nella seconda parte del comma 5, in cui si prefigura la possibilità da parte delle scuole non statali paritarie di ricorrere a prestazioni d’opera e al volontariato, il legislatore, tenendo bene a mente le disposizioni di cui alla L.59/97 e successive modifiche e integrazioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ha aperto al lavoro autonomo e al volontariato proprio per quelle attività non riconducibili al curriculare e quindi non inserite organicamente e in maniera funzionale nell’organizzazione scolastica così come dispone la legge. Quindi, a nostro modo di vedere, il comma in questione si applica per le materie e i corsi extracurriculari, per i cosiddetti esperti e per le attività di tutoraggio. Non è un caso infatti che in questa circostanza il legislatore parli, in riferimento ai requisiti del docente, di titoli scientifici e professionali anziché del titolo di abilitazione così come prefigurato alla lettera h) del 4 comma.
Quanto esposto chiarisce definitivamente l’infondatezza della richiesta avanzata dalla FILINS: sotto ogni punto di vista essa non solo è in contrasto con il diritto del lavoro, ma con la stessa volontà del legislatore ordinario che ha inteso con la legge di parità costituire un unico sistema nazionale d’istruzione e nel fare questo, salvo quanto previsto esplicitamente dalla legge, ha voluto che per le scuole paritarie non statali valessero le stesse disposizioni ordinamentali previste per la scuola statale. A tal proposito è opportuno ricordare che le indicazioni della stessa legislazione secondaria di emanazione del MIUR vanno tutte in questa direzione.
Le scriventi Organizzazioni Sindacali ritengono le argomentazioni presenti nella missiva della FILINS e contenute in parte nel più volte ricordato accordo, non solo infondate sotto ogni punto di vista come ampiamente dimostrato, ma foriere di una logica finalizzata a sovvertire la funzione docente così come è stata concepita dall’ordinamento scolastico a vantaggio tutto di una logica mercantilistica inaccettabile. Addirittura si vuol far credere che tale attività venga svolta autonomamente con tempi, modi, contenuti, mezzi e rischi stabiliti direttamente dal docente medesimo "in piena libertà di coscienza e di azione, assumendosi il rischio per le responsabilità non solo morali, ma anche giuridico amministrative che la legge gli attribuisce" dimenticando, per un momento, che la parità scolastica viene riconosciuta all’ente gestore e non al collegio dei docenti, che è l’ente stesso che deve garantire e possedere determinati requisiti per ottenere il riconoscimento che deve ottemperare a quanto stabilito dal legislatore, che deve rendere conto a terzi e che deve garantire un servizio pubblico.
Le scriventi Organizzazioni Sindacali si chiedono sulla base delle dichiarazioni contenute nel quesito del professor Piccardo e sulla base dello stesso accordo FILINS come sia stato possibile concedere alle istituzioni scolastiche che applicano tali disposizioni lo status di scuole paritarie visto e considerato che, per esplicita ammissione della loro associazione, non garantiscono un servizio pubblico secondo i requisiti previsti dalla legge.
Infine le scriventi Organizzazioni Sindacali, nel giudicare positivamente, almeno per quanto si evince, la posizione dell’Avvocatura Distrettuale di Palermo, invitano lo stesso Ministero dell'Istruzione e l’Avvocatura Generale dello Stato ad esprimere parere negativo al quesito posto dalla FILINS e a intraprendere tutte quelle iniziative che l’Amministrazione riterrà opportune per garantire un’applicazione corretta e seria di quanto disposto dalla L.62/2000.
In attesa di un Vostro riscontro, distinti saluti
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