Presentato a Roma il primo rapporto sulla qualità nella scuola
Curato dalla Rivista Tuttoscuola, il rapporto si basa su dati ufficiali e stila graduatorie di merito per province e regioni. Ma il nostro sistema di tutto ha bisogno fuorché di classifiche e graduatorie…
Da diversi giorni Tuttoscuola aveva annunciato con ampio risalto l’iniziativa che si è tenuta ieri presso l’Istituto per l’Enciclopedia Italiana a Roma: la presentazione del primo rapporto sulla qualità della scuola, curato dalla stessa rivista Tuttoscuola.
“…Verranno svelate la Province dove si studia meglio in Italia e la Regione con il miglior sistema formativo”, “… il Rapporto contiene una classifica delle Province e delle Regioni in base alla qualità del sistema di istruzione”: questi i toni usati per l’annuncio e questo il taglio scelto per la presentazione dei risultati del lavoro avvenuta alla prevista presenza del vice-ministro on. Mariangela Bastico e del sociologo Giuseppe De Rita.
Un tono e un taglio pensati apposta per solleticare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, attentissimi da qualche tempo in qua a evidenziare della scuola pubblica italiana soprattutto le storture o i casi di malfunzionamento.
Il quadro presentato è, nelle sue grandi linee, da tempo noto a chi si occupa di scuola: il sistema italiano si presenta territorialmente molto disomogeneo; la sua qualità risulta distribuita “a macchia di leopardo”.
Ma - a dire di chi ha presentato il lavoro - se prima questa poteva essere una sensazione empirica, ora essa è supportata da una base imponente di oltre 63mila dati provenienti da fonti ufficiali (Ministero della Pubblica Istruzione, Istat, UnionCamere, Ragioneria Generale dello Stato, Ministero degli Interni, ecc.). Definiti e tarati 152 indicatori di qualità, dalla loro correlazione in diciannove quadri, a loro volta raccolti in cinque macroaree (risorse e strutture, organizzazione e servizi, condizioni del personale, livelli di istruzione, risultati scolastici), si sono ricavate graduatorie di province, regioni e aree geografiche, fino a ricavare la classifica delle classifiche che intreccia i posizionamenti nelle diverse macroaree.
Nel corso del suo intervento il vice-ministro Bastico ha riconosciuto il valore del lavoro presentato giudicandolo “importante, oneroso e complesso”, ma ha anche invitato alla prudenza per quanto riguarda la graduatoria, poiché talvolta vengono intrecciati dati cronologicamente non omogenei, oppure si sono compiute scelte discrezionali (es: scegliere i dati Invalsi piuttosto che gli Ocse-Pisa) oppure si è scelto di attribuire valore ad alcuni indicatori che invece potrebbero essere anomalie.
Molto interessanti le osservazioni dell’ex-ministro Luigi Berlinguer (presente tra il pubblico e invitato ad intervenire) che ha messo in guardia chi pensa di giudicare la qualità della scuola di oggi avendo a riferimento indicatori validi per la qualità della scuola del passato. Per l’oggi va considerata la capacità di conciliare equità e qualità, poiché è un dato strutturale della società della conoscenza che a scuola ci debbano andare tutti.
Il rapporto ha a nostro parere il merito di evidenziare, esaltati nella correlazione delle fonti, aspetti che non possono essere ignorati: ad esempio la precarietà degli edifici scolastici (solo il 57,5% delle scuole possiede la certificazione di agibilità statica), oppure gli impegni disattesi degli Enti Locali (le Province fanno fronte solo al 38% degli impegni assunti nel bilancio annuale). Si tratta di indicatori che lasciano chiaramente intendere in quale complessità e inadempienze le scuole quotidianamente e faticosamente operano.
Nel rapporto non mancano le “curiosità”: la provincia con la maggior diffusione di tecnologie informatiche è al sud, ma le scuole più informatizzate sono in una provincia del nord ed allora per capire bisogna ricorrere ad ipotesi interpretative non verificabili con i dati presenti nella ricerca, così come, ad esempio, altrove va ricercata la spiegazione del perché i migliori esiti scolastici si concentrano tutti in un solo territorio.
Se è cioè apprezzabile aver radunato in un’unica pubblicazione una massa considerevole di dati, il rischio è quello che ci si limiti alle categorie del giudizio e della valutazione (presentata peraltro con i tratti dell’oggettività) invece di cercare di comprendere come e perché si sono create determinate situazioni.
E se è vero che è tempo di affrontare con rigore il tema della valutazione del sistema scolastico nel suo complesso, di certo non si sentiva il bisogno di veder stilate delle graduatorie di (presunto) merito qualitativo.
C’è bisogno invece che i diversi soggetti (l’amministrazione scolastica, gli enti locali, le comunità territoriali, le scuole) conoscano con precisione gli elementi di sofferenza o di pregio del sistema e che con responsabilità assumano le decisioni di propria pertinenza più coerenti per il miglioramento. Non in un’ottica di competizione, ma in una dimensione perequativa, perché quello che conta per una società che si vuole democratica è che siano garantite a tutti i suoi membri, indipendentemente dall’ubicazione geografica, le medesime opportunità formative.
Roma, 13 giugno 2007
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