La valutazione del servizio all’estero: le novità del Consiglio di Stato
Una recente sentenza della Sezione VI Consiglio di Stato, apporta interessanti novità sulla valutazione del servizio prestato nelle scuole italiane all’estero dal personale dirigente, docente e Ata di ruolo nella scuola statale.
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Una recente sentenza della Sezione VI Consiglio di Stato, n. 7968/03 pubblicata il 3 dicembre 2003, apporta interessanti novità sulla valutazione del servizio prestato nelle scuole italiane all’estero dal personale dirigente, docente e Ata di ruolo nella scuola statale.
Come si ricorderà la principale fonte normativa è rappresentata dall’art. 21 del R.D. 740/ 40, dall’art. 673 del D.Lvo e dall’art. 59 della legge 449/97, per cui: il servizio di ruolo prestato all’estero è calcolato, agli effetti degli aumenti periodici dello stipendio, per i primi due anni il doppio e per i successivi con l’aumento di un terzo; mentre il servizio stesso è valutato ai fini del trattamento di quiescenza con la maggiorazione della metà per i primi due anni e di un terzo per gli anni successivi, fino ad un periodo massimo di 5 anni per i servizi prestati a decorrere dal 1 gennaio 1998. Ovviamente per quelli prestati prima tale data opera i precedenti trattamenti per cui il periodo di servizio all’estero viene valutato per tutto il periodo di permanenza ai fini della quiescenza.
Premesso quanto la sentenza del Consiglio di Stato sopra citata si esprime in maniera diametralmente opposta all’interpretazione data dall’Amministrazione scolastica rispetto alla dinamica di carriera. Secondo i giudici del Consiglio di Stato la supervalutazione è da ritenersi utile ai fini dell’anzianità di carriera e del corrispondente trattamento economico per cui i trattamenti economici non possono essere considerati – come ha operato l’Amministrazione – come semplice anticipazione riassorbibile al maturare della classe stipendiale successiva.
Inoltre i giudici, sulla base al R.D. 740/40, allargano il concetto di stipendio va esteso anche alle altre voci retributive diverse qualora queste a tutti gli effetti incidano sulla tredicesima mensilità, sul trattamento ordinario di quiescenza normale e privilegiato, sulle indennità di buonuscita e di licenziamento che sono assoggettate alla stessa disciplina dello stipendio.
Ovviamente l’inquadramento così come prefigurato dalla sentenza avrà le ricadute anche rispetto al calcolo della pensione e della buonuscita.
Alla luce di quanto esposto per rendere esigibile i benefici derivanti dal pronunciamento del Consiglio di Stato, gli interessati debbono avviare individualmente una specifica rivendicazione/controversia. Si ricorda che il diritto ha il termine quinquennale di prescrizione.
Roma, 23 marzo 2003
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