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La nostra ministra mulattiera elimina gli insegnanti precari ma trasforma in precari gli allievi

Da un articolo di "Repubblica" tratto dalla nostra rassegna stampa.

04/09/2010
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Anche questo settembre, i media hanno acceso i riflettori sulla scuola.

Uscendo dalla penombra del disinteresse, le crepe, il degrado, lo scempio compiuto dal duo Gelmini-Tremonti, tutto si è mostrato in tutta la sua crudezza. Lampi di luce si sono accesi, grazie alla disperazione dei ragazzi in sciopero della fame davanti Montecitorio, sulla piaga del precariato. Significativo che mentre la scuola è in tumulto in questi giorni, dopo ferie mai godute, li di fronte il "Palazzo" era tristemente vuoto. La politica del dopo ferie è ancora impegnata a parlarsi addosso, lontana dai problemi reali, quelli che occupano i pensieri quotidiani della gente comune.

La Ministra teme chi protesta perché politicizzati, singolare idea. Specchio della sua idea di scuola, solo numeri in eccesso.
Lei e i suoi vicini di governo non comprendono che la scuola non è fatta solo di numeri ma di persone in carne ed ossa.
In quelle aule fatiscenti, con suppellettili sberciate, nelle scuole dove la sicurezza è trascurata, dove c'è la più alta percentuale di lavoratori precari di tutto il mondo del lavoro, dove la continuità didattica è un ricordo sbiadito, ci sono i nostri ragazzi e si coltiva il futuro del nostro Paese.

I docenti sono troppi, dice la Gelmini, vanno sfoltiti, tagliati. I precari? Non è cosa che mi riguarda. I presidi dicono che mancano i soldi per l'ordinaria amministrazione? Fanno politica! Ci sono troppi alunni per classe, dice! Non sa, meschina, che quest'anno ce ne saranno anche 35 in un'aula che ne dovrebbe contenere molti di meno.

Prima i vescovi hanno lanciato un accorato appello ad aver cura dei nostri ragazzi, non sono solo numeri hanno invocato. Oggi un articolo, ripreso nella nostra rassegna stampa, tratteggia con amara ironia la politica asfittica e col fiato corto del duo Gelmini-Tremonti.
La paragona al "vecchio paradosso del mulattiere di Casal Pusterlengo che, per incrementare i guadagni, limitava i costi della paglia ... Alla fine le uscite divennero zero ma senza paglia l'asino morì."

I ragazzi che fanno lo sciopero della fame, i precari che protestano, gli studenti che non si rassegnano, la FLC e la CGIL che, secondo il ministro, fanno politica, tutti noi, semplicemente non vogliamo fare la fine dell'asino. E per questo ci batteremo finché la “paglia” della buona politica non tornerà ad alimentare una buona scuola di qualità.

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