Istruzione tecnica e professionale: le critiche della FLC al progetto di riordino
Piano programmatico del ministro Gelmini. Tempi, modi e scelte sbagliate e sbrigative di un’operazione complessa che calerà sulla scuola secondaria superiore con un solo scopo: tagliare per fare cassa.
Nei giorni scorsi si è svolto un incontro tecnico in cui il Ministero ha illustrato le sue intenzioni circa il riordino degli istituti tecnici e professionali. In verità ha illustrato per modo di dire. E’ noto infatti che il Ministero intende procedere alla revisione di cattedre e classi di concorso e alla riduzione di orari e indirizzi. Tuttavia nulla di tutti questi piani è stato dato alle organizzazioni sindacali presenti all’incontro, nonostante in questa settimana questi atti debbano essere consegnati al CNPI. Alcune cose però sono state dette. In particolare è emerso che il Ministero intende:
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dividere l’istruzione tecnica in due settori: economico e tecnologico;
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ridurre gli indirizzi a 11: amministrazione-finanza-marketing e turismo (settore economico) e meccanica-meccatronica-energia, logistica-trasporti, elettrotecnica-elettronica, informatica-telecomunicazioni, grafica-comunicazione, chimica-biologia, tessile-abbigliamento-moda, agricoltura-agroindustria, costruzioni-ambiente-territorio (settore tecnologico);
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prevedere un orario di 32 ore di lezione settimanali pari a 1056 ore annue così suddivise: biennio 693 generali + 363 specifiche, triennio 495 generali e 561 specifiche;
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prevedere un livello di autonomia delle scuole pari al 20% dell’orario nel primo biennio, del 30% nel secondo biennio e del 35% nell’anno terminale;
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prevedere un’organizzazione delle scuole per dipartimenti definiti però secondo linee guida nazionali dettate dal Ministero;
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costituire in ogni scuola un comitato tecnico-scientifico formato non solo dai docenti o da esperti, ma anche da designati da imprese, professioni, enti locali ecc.;
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dare la possibilità alle scuole di avvalersi di esperti tratti dalle aziende o dalle professioni a contratto d’opera;
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dare al termine degli studi un unico titolo per i tecnici, quello di Perito unito alla specificazione dell’indirizzo frequentato (mentre per i professionali si prefigura un generico “diplomato in…”);
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far partecipare gli istituti tecnici alla costituzione dei poli tecnico-professionali;
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fare degli istituti tecnici la base di riferimento per lo sviluppo degli istituti tecnici superiori;
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iniziare il riordino dei professionali, previsto per il 2010, avviando la riduzione dell’orario a 32 ore, possibilmente valorizzando l’esperienza del progetto 2002, e dando loro un’autonomia del 25% con possibilità di interazione con la formazione professionale.
Tutto ciò il Ministero lo ha condito facendo riferimento alla legge finanziaria 2007 e alla legge 40/2007 varate dal precedente governo, però accentuandone e stravolgendone gli intenti alla luce dei tagli esosi previsti dai decreti 112/2008 e 137/2008. A questo progetto di riordino la CGIL e la FLC Cgil, confermando la propria opposizione al disegno complessivo, hanno presentato i propri rilievi con un documento, in particolare sottolineando:
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Indirizzi: la inapplicabilità dal prossimo anno dati i tempi tecnici (a gennaio ci sono le iscrizioni e i nuovi indirizzi andrebbero ricollocati nelle scuole e sul territorio) e la discutibilità dell’operazione alla luce della mancanza di chiarezza sui piani di studio.
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Orari: l’inopportunità di una riduzione che colpisce prevalentemente le discipline tecniche e che si traduce in puro risparmio invece di trasformarsi in qualità con l’utilizzo mirato del personale che recupera orario in attività per gli alunni ovvero in organico funzionale per la scuola.
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Area dell’autonomia: la contraddizione tra la preventivata chiusura di 900 sperimentazioni e l’ampliamento dell’autonomia curricolare senza una verifica della confluenza delle une nell’altra.
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Dipartimenti: l’opposizione ad una sindrome dirigista che li vorrebbe sottrarre all’autonomia delle scuole per darli a in mano a decisioni del ministero.
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Comitato tecnico scientifico: una denuncia dei rischi di aziendalismo insiti nella presenza per norma di rappresentanti delle aziende, delle professioni e degli enti locali in un organismo di fatto preposto insieme al collegio alla didattica e in parallelo alla presenza di questi stessi nel consiglio di istituto previsto dal disegno di legge Aprea.
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Esperti del Mondo delle Professioni: l’inopportunità di una misura che in un colpo solo sovrappone altri soggetti a ITP e docenti di tecnica professionale, rischia, al di fuori dei normali progetti di alternanza scuola-lavoro, di subordinare la scuola alle aziende e allarga con contratti d’opera la fascia dei rapporti di lavoro precari nella scuola.
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Istituti Tecnici Superiori: la posizione equivoca degli stessi e quindi del ruolo della scuola pubblica nella costruzione dei poli, che rischia di pregiudicare l’idea stessa di un sistema di istruzione tecnica superiore.
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Titolo di studio: l’equivocità del titolo unico di perito, rispetto all’appeal che è esercitata oggi dalla gamma dei titoli rilasciati dall’istruzione tecnica, e il rischio di una discriminazione per la mancata definizione di un titolo analogo per i professionali.
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Istituti professionali: il rischio che il rinvio del loro riordino unito con l’attribuzione ai tecnici degli indirizzi sovrapponibili e con l’attuazione da subito della riduzione oraria a 32 ore sia letto come un progetto di dismissione, con relativo abbassamento delle iscrizioni.
Roma, 30 settembre 2008
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