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Dimensionamento scolastico: incontro al Miur

La FLC CGIL chiede di sospendere la costituzione di istituti scolastici abnormi, ingestibili e senza alcun fondamento didattico e di dare voce alle scuole autonome oggi impropriamente rappresentate dall’amministrazione scolastica

26/10/2011
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Si è tenuto ieri 25 ottobre 2011 presso il Miur un incontro tra Direzione Generale e Organizzazioni Sindacali per discutere delle disposizioni relative alla costituzione generalizzata degli istituti comprensivi in applicazione dell’art.19, comma 4, del D.L. n.98 del 6 luglio 2011. Questa norma, lo ricordiamo, prevede la chiusura di tutte le direzioni didattiche e scuole secondarie di 1° grado che vanno accorpate in istituti comprensivi costituiti da almeno 1.000 alunni.

Tale incontro è stato voluto e sollecitato dalla FLC CGIL per avere chiarimenti e rispondere alla situazione di disagio e confusione determinatasi nei territori a seguito della diffusione di due note del Miur, la prima il 13 luglio 2011 e la seconda il 7.10.2011, in contraddizione l'una con l'altra.

L'informativa del Miur

Il rappresentante del Miur ha tenuto a evidenziare che l’art. 64 della legge 133/2008 prevede l’adozione di misure finanziarie compensative qualora sia previsto uno scostamento rispetto agli obiettivi di risparmio fissati dalla stessa legge. E poiché, a detta del Miur, tale scostamento si sarebbe verificato (in specie a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010 che ha dichiarato illegittime le norme che fissano un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno) con il D.L. n.98 del 6 luglio 2011 il Governo è intervenuto sul dimensionamento scolastico per ripristinare i risparmi non realizzati.

Con la nota del 7 ottobre 2011 il Miur ha ritenuto di dare indicazioni operative sul dimensionamento agli Uffici scolastici regionali proponendo uno “studio” con cui individuare il numero “ideale” degli istituti comprensivi da istituire a livello territoriale; tale “studio” consiste nell’applicare il parametro dimensionale di 1.000 alunni non al singolo istituto ma alla media della popolazione scolastica provinciale.

Il Miur, comunque, non ignora che nel recente passato la Corte Costituzionale è già intervenuta per rimarcare che in materia di riorganizzazione della rete scolastica la competenza non è né del Miur né dello Stato ma degli Enti locali e che per questo motivo ben sette Regioni hanno già impugnato di fronte alla Corte il D.L. n.98/11.

Da ultimo ci è stata data comunicazione che il Miur avrebbe chiesto formalmente alla Conferenza delle Regioni di aprire un confronto tanto sulla questione della definizione degli organici del personale della scuola quanto sul dimensionamento della rete scolastica.

Le nostre posizioni

Nel nostro intervento abbiamo criticato innanzitutto il metodo adottato dal Miur che ha emanato ben due note (anche in contraddizione tra loro) sul dimensionamento scolastico che hanno pesanti ripercussioni oltre che sulla qualità del sistema scolastico anche sulla dotazione organica senza alcun confronto o informativa preventiva con le OO.SS., nonostante la FLC CGIL avesse ripetutamente sollecitato l’incontro.

Nel merito abbiamo espresso la nostra contrarietà alla proposta di dimensionamento che appare motivata da mere esigenze di risparmio economico senza alcuna valutazione dell'impatto negativo sulla qualità dell'offerta formativa sul territorio. Il tutto aggravato dalle misure previste dalla legge di stabilità 2012 che, sempre per operazioni di risparmio, ha aumentato e di molto il numero degli alunni che le scuole autonome debbono avere per mantenere in proprio il posto di dirigente e dsga. A quest’ultimo si impone la reggenza d’ufficio in altre scuole, contravvenendo così alla legge 165/2001 che la prevede solo per i dirigenti. Così facendo si impone un cambio di natura sia della dirigenza scolastica che del profilo contrattuale del dsga.

Riguardo allo “studio” presentato dal Miur abbiamo chiesto maggiore chiarezza e trasparenza riguardo al numero degli alunni e delle scuole distribuiti per territorio che, da un’indagine a campione, risulterebbero alquanto imprecisi e approssimativi.

Non abbiamo condiviso, inoltre, che la proposta di dimensionamento sia incentrata sull'unico parametro del numero degli alunni, che, per quanto applicato a livello provinciale, comporta comunque la perdita dell’autonomia per 1.300 scuole a livello nazionale e in molte regioni del sud determina la chiusura di oltre il 30% delle scuole attualmente esistenti.

Il parametro dimensionale dei 1.000 alunni è eccessivo e molto superiore rispetto a quello fino ad oggi ritenuto ottimale per riconoscere l’autonomia scolastica (tra 500 e 900 alunni) e non tiene affatto conto delle diverse situazioni ambientali, demografiche e sociali che caratterizzano i singoli territori.

Il piano proposto, infine, non prevede alcun investimento nè per adeguare il patrimonio edilizio scolastico né per la formazione del personale chiamato a cimentarsi con i curricoli verticali tipici degli istituti comprensivi. Non dimentichiamo che la scuola dell’autonomia da oltre 10 anni non riceve neanche un euro per investire in attrezzature informatiche e strumenti di supporto alla didattica.

Le nostre richieste

Abbiamo quindi riconfermato la nostra richiesta di sospensione delle procedure di dimensionamento in atto perché sono palesemente illegittime alla luce delle precedenti sentenze costituzionali e non hanno alcuna valenza sul piano pedagogico-didattico comportando nell’immediato solo l’impoverimento della qualità della scuola pubblica e gravi conseguenza sul piano occupazionale.

Infine abbiamo sottolineato l'impossibilità che siano rispettati i tempi stretti previsti dalla legge finanziaria per la creazione di tanti istituti comprensivi.

Poiché un'operazione del genere, se mandata avanti, deve basarsi non solo su criteri numerici, è necessario lavorare con tempi distesi coinvolgendo i docenti e i consigli di istituto Solo così è possibile creare un POF dell'istituto che sia condiviso dalla scuola dell’infanzia, primaria e media. Si deve dunque aprire un grande dibattito sul senso pedagogico degli istituti comprensivi con la partecipazione di tutti i soggetti interessati.

Le scuole autonome debbono avere voce in capitolo e potersi esprimere attraverso le delibere del collegio docenti, del consiglio di istituto; non possono essere rappresentate dagli uffici scolastici regionali, uffici scolastici provinciali e ministero. In questo senso non è più rinviabile una norma che preveda la rappresentanza delle scuole autonome.

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