Decreto secondaria superiore: Ordinamenti o deduzioni?
Il fatto che a dieci giorni dall’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dello schema di decreto sul secondo non se ne conosca ancora il testo ufficiale è già di per sé un fatto increscioso.
Il fatto che a dieci giorni dall’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dello schema di decreto sul secondo non se ne conosca ancora il testo ufficiale è già di per sé un fatto increscioso. Il fatto che, senza che quel testo fosse fatto vedere ad alcuno, il Ministro dell’Istruzione abbia parlato di riforma conclusa, ben sapendo che, semmai il testo ci fosse, questo deve ancora concludere l’iter, la dice lunga sulla valenza puramente propagandistica dell’operazione. Abbiamo assistito all’ennesima ripetizione della sfilata davanti alle telecamere che ripeteva la scena fatta a gennaio che a sua volta ripeteva la scena fatta sei mesi prima, che a sua volta ripeteva la scena fatta sei mesi prima…..
Ma quando il testo sarà noto la sorpresa non sarà minore!
Crediamo infatti che tutti si aspettino da un decreto attuativo di una legge, che vorrebbe magari anche essere di riforma, degli ordinamenti chiari.
Ebbene, dalle notizie che ci pervengono via stampa o da fonti più o meno ufficiali, ci pare di capire che sarebbe inutile cercare nel decreto sulla scuola secondaria questi elementi.
Per la semplice ragione che in questo decreto gli ordinamenti, quelli veri, non si dichiarano: si deducono.
Effetto dissolvenza per l’IFP regionale?
Tutti hanno sottolineato come la legge preveda la suddivisione della scuola secondaria superiore in due sistemi, il sistema dei licei affidato allo Stato e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale affidato alle regioni. La cosa era chiara fin dalla legge e tutti i commentatori l’hanno sottolineata, chi deprecandola come portatrice di una divisione sociale, chi ritenendola la panacea di tutti i mali connessi con la dispersione scolastica.
Per quello che ci consta dalla lettura delle bozze il decreto dovrebbe dedicare almeno 8 dei 30 articoli che lo compongono a parlare di istruzione e formazione professionale regionale. E’ stato precisato persino che d’ora in poi il diploma di tecnico sarà attribuito solo da questo sistema e in quattro anni, non più in cinque. Ma, a quanto pare, quando si tratta di definire come, quando e perché gli istituti professionali o tecnici passino a questo sistema, o quali altre scuole lo compongano, il decreto non lo dice. L’articolo in questione compariva nelle prime bozze, via via in forma sempre più vaga, poi sembra essere scomparso del tutto.
Nella prima bozza si diceva che a partire dall’1 settembre 2006 sarebbero passati all’IFP e quindi alle regioni gli istituti professionali. Nella seconda bozza si diceva che sarebbero passati tutti quegli istituti che avessero dato sbocchi professionali. La quarta bozza metteva solo un titolo e diceva che la cosa sarebbe stata concordata con il ministero degli affari regionali. Nella quinta bozza si continuava col solo titolo e la dicitura che la cosa sarebbe stata concordata in sede di governo. Nella settima bozza si metteva solo il titolo senza nessuna dicitura. Nell’ottava bozza scompariva anche il titolo e il numero dell’articolo che da allora non hanno più fatto capolino.
Non saremo noi a lamentarci di questa mancata regionalizzazione, che marcava ancora di più il carattere separato della IFP e il carattere segregazionista di tutta la legge, però dalle informazioni in nostro possesso non si evince neanche il contrario, non si dice cioè che è restaurata l’istruzione tecnica e professionale di Stato, né che è abolita la divisone in due sistemi. Anzi si continua a parlare di due sistemi e tutt’al più, in casi particolari (solo nei licei economico, tecnologico e artistico) di integrazione tra i due.
Prima deduzione: il sistema dell’IFP a questo punto è ridotto ai soli percorsi “tappabuco” dell’accordo Stato-Regioni di due anni fa, con buona pace dei regionalisti di destra e di sinistra, degli enti professionali e di quanti in buona fede o in malafede in questo percorso ci avevano creduto.
Organici statali e orario spezzatino
Avendolo letto nelle diverse bozze in successione, sappiamo però che altre parti del testo si dicono altre cose.
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Per disallarmare la categoria, scoperta dal premier come nuovo potere forte ( abbastanza da fargli perdere le elezioni regionali) e pensando che la sua contrarietà alla riforma nasca solo dai problemi di posto di lavoro, si è arrivati fin dall’ottava bozza ( la prima dopo la sconfitta elettorale) a scrivere nel testo che l’organico di diritto non verrà toccato fino al 2011. Se ne deduce quindi che tutto il personale resterà in qualche modo in servizio sotto lo Stato, anche se la base oraria obbligatoria è di molto ridotta rispetto a quella attuale di tutti gli ordini di scuola.
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Sono state dilatate le ore facoltative estendendole anche il primo biennio e sono state aumentati, seppur di poco, rispetto alle prime bozze gli orari di materie tecniche (sia nel liceo tecnologico che nel liceo artistico). E’ stata aggiunta ovunque un’ora di educazione fisica riportando la disciplina alle canoniche due ore e aumentando così l’orario obbligatorio complessivo.
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E’ stata introdotta la clausola per cui le scuole possono manipolare le ore facoltative, concentrandole su uno o pochi anni, o diluendole sul corso di studi purchè non modifichino il complesso previsto sui cinque anni ( ma in termini generali ciò non avviene a “spesa costante”, se, per esempio, si concentrano nei primi anni dove le classi sono sempre di più per via della selezione).
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E’ stata introdotta la possibilità di sfondare anche tale tetto di ore facoltative se la scuola ne ha le disponibilità in termini di risorse. Ma, siccome le risorse possono essere economiche o anche umane, è evidente che con l’organico consolidato le scuole hanno almeno per cinque anni risorse umane che eccedono la base oraria curricolare prevista dal decreto.
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Fin dalla seconda bozza era stata prevista la già citata possibilità di ricorrere all’affiancamento dei corsi liceali con corsi professionali “presi in prestito” dall’IFP. Il famoso UCAS (uffico complicazioni affari semplici) è sempre l’ufficio più efficiente del MIUR: in pratica le scuole dovevano alienare parte del personale, prevalentemente docente di tecnica, per poi riassociarlo da esterno al lavoro scolastico al fine di compensare l’abbassamento del livello tecnologico determinato dal decreto e dall’allontanamento del personale stesso. Con l’undicesima bozza questo fenomeno è stato denominato “campus” ed è stato pensato soprattutto per i licei con indirizzi (tecnologico, economico, artistico).
Seconda deduzione: poiché il personale non verrebbe più alienato, dovendo rimanere a coprire gli organici consolidati, l’integrazione nel “campus” sarà di fatto un’integrazione con sé stessi (per intenderci: sul tipo degli odierni corsi surrogatori del biennio superiore professionale). Un’integrazione non più tra enti erogatori diversi, ma tra discipline ordinamentali-curricolari e discipline facoltative (ma a questo punto non lo saranno più tanto) o aggiuntive. Per intenderci meglio e fare un esempio: l’orario di un liceo tecnologico con campus sarà costituito da
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un orario obbligatorio (da 24 a 29 ore),
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un orario di indirizzo negli ultimi tre anni(10 o11),
un orario opzionale obbligatorio a scelta dello studente nei primi due anni ovvero di recupero (3 ore),
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un orario facoltativo ovvero di recupero ovvero “di professionalizzazione” ( da 1 a 2 ore),
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un orario aggiuntivo “di professionalizzazione” (che dipende dalle risorse umane ed economiche della scuola, in particolare dalla differenza tra organico di diritto consolidato e copertura della base oraria curricolare del liceo tecnologico).
Più orario spezzatino di così si muore!
Sistema a due gambe o millepiedi?
Se un quadro siffatto è corretto, è evidente che saltano tutte le pretese di unicità dei saperi e degli orari, i quali ormai sono tutti diversi per quantità e composizione. E con esse saltano tutti gli elementi di trasversalità del sistema. In cinque licei su otto è previsto il latino per due, quattro o cinque anni. In tre non è previsto. Le passerelle saranno impossibili o a senso unico non solo con l’IFP (come avevamo sempre sostenuto), ma anche tra gli stessi licei, tra loro assai differenti, fino dai primi anni.
La terza deduzione è quindi la seguente: parlare di sistema duale diventa quasi un eufemismo. Avremo infatti:
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il liceo classico, l’unico che dà accesso a tutte le facoltà
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il liceo musicale, l’unico a cui, invece, non si può accedere liberamente, ma solo dai corsi di strumento musicale della media;
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i licei scientifico, linguistico e delle scienze umane, che sono quelli che tra loro conservano la struttura più simile;
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il liceo artistico “puro”, in cui bisogna scegliere uno dei tre indirizzi già dal primo anno
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il liceo tecnologico “puro”, in cui in teoria si sceglie uno degli otto indirizzi dal terzo anno, ma in pratica si sceglie dal primo,
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il liceo economico “puro e semplice”, in cui si sceglie uno dei due indirizzi dal terzo anno,
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il liceo economico aggettivato : “turistico” “agro-alimentare” “moda” ecc., in cui oltre all’indirizzo si sceglie un settore, frequentando anche le ore facoltative.
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il liceo artistico con campus, in cui aumentano le ore di tecnica artistica e di laboratorio e forse darà uscite laterali;
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il liceo tecnologico con campus, in cui aumentano le ore di tecnica professionale e di tecnica pratica e forse darà anche uscite laterali
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il liceo economico con campus in cui aumentano le ore specialistiche e forse darà anche uscite laterali o approfondirà gli aspetti settoriali
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.i percorsi triennali Stato-Regioni.
Non sembra proprio esserci più niente che assomigli alle magnifiche e progressive sorti né del “sapere unico”, da impartirsi nei licei, né dell’IFP, così come ci era stata decantata. La cosiddetta seconda gamba non solo è più corta, ma è anche ammalata del rachitismo residuale proprio dei percorsi triennali dell’accordo Stato-Regioni.
Arrangiarsi!
Ma anche il “campus”, se abbiamo capito bene che cosa è, non gode di buona salute: la sua consistenza sarà proporzionale alla consistenza residuale dell’organico di diritto una volta definita la copertura dei corsi curricolari secondo ordinamento.
Insomma, se questo decreto verrà approvato nei tempi stabiliti ( entro il 17 ottobre, scadenza della delega) alla fine le scuole dovranno industriarsi a fare tornare i conti, inventandosi loro gli ordinamenti, inventandosi un utilizzo delle risorse umane che restano in giro nelle scuole oltre il numero di ore previste dal curricolo ridotto.
Come? A tappare i buchi dei colleghi assenti? A costruire corsi professionali paralleli? Dando a tutti ( o a molti) un orario curricolare al di sotto delle 18 ore e completando con l’extracurricolare? Spingendo i “fuori-ordinamento” a specializzarsi sul sostegno? Lasciandoli a bighellonare in sala professori? Facendone dei tutor?
Sarà un bel match, dovendosi far quadrare in ogni scuola gli interessi dei docenti alla conservazione della propria cattedra, i problemi gestionali dei dirigenti scolastici e i problemi di conservazione dell’utenza scolastica .
E i collegi dei docenti dovranno industriarsi a fare ciò già da questo settembre, perché verso novembre o dicembre dovranno rispondere al genitore che chiede: mio figlio vuol diventare geometra, dove lo devo iscrivere?
Come spiegargli che il geometra non si sa neppure se ci sarà più come mestiere? Che suo figlio, per cominciare, (ma giusto per cominciare!) potrebbe fare un liceo tecnologico dell’indirizzo costruzioni, a cui la scuola con le risorse umane ed economiche che ha nel “campus”(ma che non sappiamo ancora quali e quante siano), si industrierà a fare dei corsi professionali paralleli, per cui in quattro anni potrebbe forse venire fuori, se non un geometra, un non meglio precisato tecnico delle costruzioni e che poi per il resto si vedrà perché ci sono ancora tante cose da decidere (l’IFTS, il percorso a Y delle università, il collegio dei geometri e tutti gli altri – ministero, regioni, università -che devono scegliere quale via adottare….)?
Come nel settembre di 62 anni fa, nel settembre 2005 e in tutti gli inizi d’anno scolastico a venire, per almeno cinque anni, se non per sempre, la parola d’ordine sarà: “Arrangiarsi!”.
E questa è la quarta deduzione!
Roma, 8 giugno 2005
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