Il declino degli stipendi della scuola dal 2008 al 2017
Un’analisi sulla base dei conti del MEF. Il contratto del 2018 ha segnato un punto di arresto ma occorrono investimenti aggiuntivi per il pieno recupero del potere d’acquisto e per equiparare gli stipendi europei.
La condizione retributiva del personale della scuola (docenti e ATA) è particolarmente sofferente almeno da un decennio in qua, ovvero da quando è esplosa la crisi economica nel 2008 e i cui effetti ancora non sono stati neutralizzati.
Abbiamo già evidenziato con la precedente pubblicazione le forti differenze tra gli stipendi dei docenti italiani rispetto a quelli dei colleghi dei principali paesi europei.
Ora invece ci concentreremo sugli stipendi del personale scuola del nostro paese analizzando il loro andamento per il periodo che va da 2008 al 2017 e utilizzando a questo proposito i dati ufficiali, di recente pubblicazione, del Conto annuale del MEF.
In premessa va evidenziato che questi dati non considerano gli aumenti retributivi conseguenti al rinnovo contrattuale relativo al triennio 2016-2018 poiché l’accordo è stato sottoscritto nel 2018 e i suoi effetti economici (compresi gli arretrati) si potranno registrare solo a partire da quest’ultimo anno.
La spesa per il personale della scuola
Il primo dato che emerge dal Conto annuale è quello relativo all’andamento della spesa statale destinata al personale docente e ATA impegnato nelle scuole. Ebbene il grafico che segue mostra con evidenza come nel 2017 la spesa complessiva sia ancora ben lontana da quella impegnata nel 2008: era 46.492 milioni di euro nel 2008 mentre nel 2017 è stata di 42.302 milioni di euro.
Da allora si è avviata una lenta fase di recupero che però ancora non ha consentito di ripristinare quanto nel 2008 veniva destinato al personale della scuola, differenza che è di oltre 4 miliardi di euro dopo che il picco negativo è stato raggiunto nel 2012 (-6,7 miliardi).
Grafico 1
In termini percentuali la differenza tra la spesa impegnata nel 2017 rispetto a quella del 2008 è -9%.
Una differenza molto significativa conseguente alle drastiche misure assunte dai diversi governi in carica dal 2008 in poi nei confronti della scuola pubblica: blocco della contrattazione nazionale e degli scatti di carriera, taglio del salario accessorio e degli organici, ecc. Solo a partire dal 2013 alcune di queste misure sono state attenuate e in parte superate per cui le risorse per la scuola sono tornate ad aumentare anche se nel 2017 ancora si era lontani dai livelli di spesa del 2008.
L’andamento degli stipendi
La riduzione della spesa per il personale della scuola si riflette con evidenza sull’andamento degli stipendi di docenti e ATA. Il grafico seguente mostra come la media retributiva del comparto nel 2008 fosse pari a 29.280 euro mentre nel 2017 è di 28.440 euro, ovvero 840 euro in meno.
Grafico 2
Il declino è stato continuo praticamente per tutto il periodo considerato e si è arrestato solo nel 2017 facendo registrare una timida inversione di tendenza, probabilmente conseguente al piano straordinario di immissioni in ruolo che ha consentito a molti lavoratori, prima precari, di vedersi stabilizzare ed adeguare lo stipendio.
La differenza retributiva in termini percentuali tra il 2008 e il 2017 è di -2,9%. A questa perdita va aggiunta quella in relazione all’inflazione (Ipca) che nel periodo considerato (2008-2017) è stata pari all’11,2%. In termini reali, pertanto, la perdita complessiva degli stipendi è stata molto più marcata perché alla riduzione dello stipendio del 2,9%, i cui valori nel grafico sono espressi a prezzi correnti, occorre aggiungere la perdita del potere d’acquisto in rapporto all’inflazione (11,2%).
Questa riduzione, che caratterizza il settore scuola, non è condivisa da tutto il pubblico impiego che anzi, in alcuni sui settori, come quello della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fa registrare incrementi perfino superiori al 40%.
Conclusioni
Il contratto relativo al comparto “Istruzione e Ricerca” firmato lo scorso aprile 2018 ha comportato un incremento del 3,48% delle retribuzioni dei lavoratori della scuola. È questo un passo in avanti importante ma non ancora sufficiente per il pieno recupero di quanto perso in questi anni. Occorrerebbero, infatti, risorse aggiuntive se l’obiettivo è non solo di recuperare l’inflazione ma anche - come tutti affermano - di equiparare gli stipendi italiani rispetto a quelli dei colleghi europei.
Senonché il governo in carica per il rinnovo contrattuale del triennio 2019-2021 ha stanziato in legge di bilancio risorse che non coprono neppure l’inflazione (l’1,95% di aumenti a fronte di un’inflazione prevista nel triennio del 4,1%). È evidente pertanto l’intento di continuare a penalizzare una categoria, come quella della scuola, il cui contributo è fondamentale per il futuro del Paese.
È per questo che la FLC CGIL, insieme alle altre organizzazioni sindacali di settore, ha programmato un’intensa mobilitazione che culminerà nello sciopero generale del 17 maggio se non arriveranno risposte certe ed esaurienti da parte del governo, a partire dagli incrementi stipendiali per personale ATA e docente così come rivendicato nelle Linee guida per il rinnovo contrattuale definite unitariamente con Cisl e Uil.
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