Che fine fa la scheda di valutazione?
Abbiamo espresso il nostro punto di vista e le nostre valutazioni con la specifica scheda contenuta nei materiali che fanno il punto sull’attuazione della legge 53 ; è necessario ora precisare il passaggio circa l’abolizione della scheda di valutazione
Sempre più frequentemente i docenti ci chiedono: Siamo obbligati a compilare il portfolio? Siamo obbligati a produrre un portfolio? Che fine fanno le schede? È vero che il ministro non le stamperà più?
Abbiamo espresso il nostro punto di vista e le nostre valutazioni con la specifica scheda contenuta nei materiali che fanno il punto
sull’attuazione della legge 53 ; è necessario ora precisare il passaggio circa l’abolizione della scheda di valutazione.
Per quanto riguarda la scuola primaria, la scheda di valutazione degli alunni è stata abolita dal regolamento sull’autonomia: l’articolo 17 del DPR 275/99 ha infatti disapplicato l’articolo 144 del TU. Negli anni successivi l’uso della scheda è stato consentito in via transitoria (nota prot. 12735 del 20 ottobre 2000), in attesa della definizione della riforma del sistema di istruzione e della correlata ridefinizione dei piani programmatici; in tale ridisegno avrebbero trovato spazio il nuovo impianto di valutazione ( il DPR 275 prevede l’ampliamento dell’offerta formativa da valutare e certificare) e la definizione degli strumenti certificativi.
Ma il regolamento sull’autonomia non ha cancellato delle norme lasciando il vuoto. Infatti, mentre affida ai docenti l’individuazione “
delle modalità e dei criteri di valutazione degli alunni”, subito dopo aggiunge
“nel rispetto della normativa nazionale” (art. 4) e indica con precisione quali sono i compiti e i percorsi che il Ministro dell’Istruzione deve seguire. Al ministero spetta, previo parere delle competenti commissioni parlamentari e sentito il CNPI definire “
gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni” (art.8) e adottare “
i nuovi modelli per le certificazioni” (art.10).
L’abolizione della scheda di valutazione non comporta, quindi, il completo disinteresse in materia da parte del ministero: se la scheda è abolita, ad essa il ministero, rispettando tutti i passaggi previsti dalla normativa vigente, deve sostituire un nuovo strumento di certificazione. O consentire l’adozione dello strumento precedentemente in uso.
Un nuovo strumento oggi non c’è.
Tale, infatti, non può essere considerato il portfolio che non è stato configurato secondo le procedure sopra descritte.
Non nominato né nella legge 53 né nel decreto 59 attuativo della legge, è descritto solo nelle Indicazioni Nazionali allegate in via transitoria al decreto stesso.
Nel merito, inoltre, presenta il grave difetto di voler essere lo strumento unico che assolve due funzioni distinte: la valutazione/certificazione da un lato e l’orientamento/documentazione dall’altro.
Riguardo l’aspetto certificativo è allo stato attuale completamente inesistente. Dove sono infatti gli indirizzi generali sulla valutazione? Chi li ha stabiliti? Dove sono i modelli? Chi li ha stabiliti? Ciò che è presente sul mercato è solo, per l’appunto, un prodotto mercantile delle case editrici che si sono liberamente ispirate a quanto scritto nelle Indicazioni Nazionali.
Riguardo l’aspetto della documentazione, il portfolio pretende di imporre procedure e decisioni che appartengono invece alla sfera dell’autonomia dei docenti e dei collegi docenti. Le scuole potrebbero tutt’al più considerarlo come uno strumento rispetto al quale confrontare le pratiche già in uso.
Quanto sin qui affermato vale anche per la prima classe della scuola media; in questo caso l’abrogazione della scheda di valutazione degli alunni viene fatta derivare dalle disapplicazioni del Dlgs 59 (l’art. 19 abroga l’art. 177 del TU).
Non c’è dubbio che per le classi seconda e terza media, escluse dall’applicazione del Dlgs 59/04, continuano ad applicarsi le norme precedenti e che quindi per queste classi il documento di valutazione non può che essere la scheda già in uso.
Il regolamento sull’autonomia ci consegna, insomma, un quadro in cui la libertà decisionale delle scuole si esercita dentro una cornice precisa e normata centralmente. L’attuale ministro, invece, manifesta da un lato una forte volontà di centralismo e dall’altro fomenta una lettura dell’autonomia come un fai-da-te senza regole.
Il Ministero adempia ai suoi doveri; le scuole non si affidino semplicisticamente alla modulistica simil-portfolio proposta dalle case editrici, né si arrabattino ad inventare autonomamente modelli certificativi che avrebbero dubbio valore legale.
Dal momento, infatti, che è necessaria un’attestazione del superamento delle varie classi che sia riconosciuta valida su tutto il territorio nazionale, nonché all’atto del trasferimento degli alunni in altri paesi europei, è ineludibile una documentazione amministrativa che sia uniforme per tutte le istituzioni scolastiche. Quale documento accompagnerà gli alunni da una classe all’altra, da una scuola all’altra, nel passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado?
Il silenzio del Miur è il frutto di una scarsa attenzione alle implicanze, anche amministrative e burocratiche, dei provvedimenti adottati? Oppure è un’ulteriore espressione di quel progetto, da tempo perseguito, che mira all’abolizione del valore legale del titoli di studio a qualsiasi livello?
Il ministro dell’istruzione deve comunicare che intenzioni ha riguardo lo strumento di valutazione/certificazione e dare certezze alle scuole e alle famiglie.
Non è infatti accettabile che, ad anno scolastico avviato, i docenti non conoscano quali siano i documenti che devono compilare. Non è accettabile che le famiglie, in ogni occasione adulate, rischino di non avere documenti ufficiali che facciano loro conoscere e attestino le conoscenze e i traguardi raggiunti dai propri figli.
Roma, 25 ottobre 2004
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