Che esame di stato è se gli esaminatori non sono “di stato”?
Disegno di legge di riforma degli esami di Stato: ritirati in commissione due emendamenti volti a restituire allo Stato il dovere di esaminare i candidati privatisti esterni
Dagli atti parlamentari relativi ai lavori della VII Commissione del Senato intorno al Disegno di legge sugli esami di Stato apprendiamo che sono stati ritirati due emendamenti che riguardavano la riscrittura che l’art. 1 fa degli articoli 2 e 4 del vecchio testo di legge “Berlinguer” (L. 425/97).
La questione riguarda i candidati privatisti esterni i quali possono sostenere gli esami non solo presso le scuole statali ma anche presso le scuole non-statali paritarie. Stando alla lettera del testo sarebbero esclusi da questa possibilità, e quindi assegnati per forza a una scuola statale, solo i candidati privatisti esterni eventualmente in eccedenza rispetto alle commissioni assegnate a ciascuna scuola paritaria.
Gli emendamenti invece, fermo restando il diritto degli alunni delle scuole paritarie di fare l’esame all’interno della propria scuola con la commissione al 50% interna e la 50% esterna, come per le scuole statali, avevano l’obiettivo di togliere ogni possibilità ai candidati privatisti esterni di essere esaminati all’interno delle scuole non-statali paritarie, riservando alle sole scuole statali il compito di verificare queste persone che hanno alle spalle un percorso “non regolare”.
Anche se probabilmente il ritiro degli emendamenti dall’esame della commissione è dovuto alla verifica di una indisponibilità della maggioranza della commissione ad approvarli, a favore di una ripresentazione in aula non pregiudicata da un voto negativo della commissione stessa , è tuttavia un fatto increscioso che in commissione non si sia raggiunta su ciò una maggioranza.
Siamo di fronte ad una contraddizione in termini: privati cittadini che, privi di un percorso secondo le regolari procedure pubbliche, si presentano per ottenere un titolo legalmente valido, per il quale sono previsti esami di Stato, sarebbero esaminati da esaminatori non-di-Stato.
E non vale a questo scopo l’ammissione che le cose sono sempre andate così dalla legge di parità in poi, perché proprio questo fatto negli anni scorsi ha dato luogo agli imbrogli intessuti dai diplomifici e agli scandali di cui ha parlato tutta la stampa. Imbrogli accentuati certamente dal fatto che gli esami fossero stati interamente “internalizzati” da parte del Ministro Moratti, ma già possibili in nuce in questa specie di appalto di un compito pubblico a scuole che, per quanto paritarie, sono pur sempre private e non-di-Stato.
Né vale il discorso che oggi il 50% degli esaminatori sono comunque docenti statali, perché questi candidati arrivano all’esame terminale avendo superato un esame di idoneità che comunque è compito della scuola ospitante e, quindi, se la scuola è non-statale paritaria sarà compito di una commissione formata totalmente dai docenti della scuola non-statale paritaria.
Non ci vuole molto a capire che la procedura prevista dal disegno di legge, non dissimile da quella che il Ministro Moratti aveva inserito nel decreto 226 attuativo della legge 53/2003 per il secondo ciclo, lascia persino aperta la possibilità alle scuole non-statali, soprattutto se consorziate o appartenenti a “catene di istituti privati”, di non attuare la parità in alcune unità facendole convergere per gli esami in quelle dove la parità è stata attuata.
Si tratta perciò di una scelta che non solo lede il carattere di Stato dell’esame ma che depotenzia lo stesso principio di parità.
Roma, 24 ottobre 2006
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