Bullismo: un fenomeno da considerare
La scuola è chiamata a confrontarsi con un fenomeno complesso e che richiede l'intervento congiunto di tutte le agenzie educative e non
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Negli ultimi mesi, anche con notevole frequenza, fatti di cronaca hanno evidenziato casi di bullismo nelle scuole italiane. Molto spesso si è legato il problema alla scuola come unico luogo di espressione del fenomeno, mentre esso ha un’origine molto più complessa e la scuola diventa solo il luogo dove trova le condizioni per realizzarsi.
Fenomeno molto complesso del quale non si conosce l’effettiva dimensione reale.
La scuola da sola non riesce purtroppo a far fronte a tali complesse problematiche, che invece richiederebbero l'intervento congiunto di tutte le agenzie educative e non.
Il bullismo è un fenomeno che si manifesta in modi diversi e non sempre evidenti: molto spesso esso consiste in atteggiamenti violenti (sia fisici che psicologici) da parte di adolescenti nei confronti di coetanei, ma talvolta vittime della violenza sono gli adulti stessi.
Una risposta al problema può venire solo dal coinvolgimento di tutti i soggetti sociali che concorrono all’educazione dei giovani.
L’attività di prevenzione e promozione deve coinvolgere tutti gli attori che interagiscono con i ragazzi sul territorio: scuola, famiglie, istituzioni, centri sportivi, Asl, oratori ecc.
La relazione scuola famiglia è un aspetto fondamentale, ma spesso sembra uno dei punti più deboli.
La scuola è, per sua natura, al centro delle attività di promozione e prevenzione.
La scuola deve essere un’organizzazione sana e portatrice di benessere in generale (attenzione all’ambiente fisico – alle relazioni – clima democratico).
Gli insegnanti esercitano un ruolo di primo piano e le attività di formazione vanno rivolte principalmente a loro proprio perchè i ragazzi trascorrono la maggior parte della loro giornata a scuola.
Le attività educative devono avere come fulcro il gruppo o la classe: il fenomeno si sviluppa nel gruppo; gli interventi sulla vittima o sull’aggressore, anche se necessari, sono insufficienti. Il lavoro sulla convivenza e sulla prevenzione del fenomeno più spinto del “bullismo” non è una materia in più, è in modo diverso di gestire la relazione nella classe.
Tutti gli attori devono essere coinvolti: insegnanti, studenti e genitori. Gli episodi più preoccupanti emersi avvengono sì durante l’intervallo e il cambio tra un docente e l’altro, ma anche fuori dall’ambito scolastico; anzi la costituzione delle cosiddette ” bande” non trova alcun deterrente come invece avviene all’interno delle mura scolastiche.
Possiamo dedurre che la convivenza nelle scuole si costruisce a partire dalle interazioni che si producono tra tre insiemi di elementi: l’identità del centro scolastico, il tipo di controllo interno che questo stabilisce per regolare la convivenza ed il controllo esterno che esercita su di esso il contesto sociale ed istituzionale in cui è integrato.
Spesso gli insegnanti si sentono impotenti di fronte ai problemi di convivenza nuovi che nascono da nuovi scenari e si trovano in una situazione di solitudine nell’affrontare i nuovi problemi posti alla scuola; la preparazione che hanno ricevuto non è sempre adeguata all’impostazione di corrette relazioni all’interno del gruppo classe e alla gestione del conflitto.
È necessario mettere in atto strategie preventive al fine di costituire un buon clima scolastico , in queste vanno annoverate l’attenzione della scuola tutta sul terreno dell’accoglienza, della sicurezza, della crescita dell’autostima e del benessere di tutte le componenti, le relazioni interne, la capacità di lettura delle dinamiche relazionali ed emotive, la consapevolezza e la condivisione dei problemi, l’omogeneità nell’affrontarli, il rapporto col territorio, l’attenzione al processo di insegnamento/apprendimento e alla sua individualizzazione, le metodologie didattiche e quelle relazionali, le figure ad hoc, la definizione di valori e regole, l’attenzione a costruire abilità sociali e prosociali.
Il bullismo è un problema generazionale che non riguarda solo l'Italia e l'allarmante confronto tra i dati emersi dalle ricerche condotte nelle nostre scuole e in quelle straniere non significa che certe sopraffazioni siano più praticate da noi che altrove: il divario tra i dati italiani e internazionali potrebbe essere attribuibile a un modo diverso di vivere il fenomeno.
E’ necessario invece tenere conto che proprio in Paesi, come ad esempio gli USA e la Gran Bretagna, dove la scuola pubblica è stata declassata a favore di quella privata, la violenza tra coetanei e contro gli insegnanti è diventata endemica e devastante da molti anni.
Combattere fenomeni come il bullismo, significa agire all’interno dell´educazione alla legalità, ma intesa come obiettivo trasversale presente in tutte le azioni della società e della scuola e solo in ultima analisi contrastarlo con forme di coercizione e sanzionatorie.
Roma, 30 gennaio 2007
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