Al via gli esami di Stato 2020: un evento da ricordare
Tra timori e precauzioni, i protagonisti della scuola tornano in aula.Un bilancio sulla didattica in tempi di pandemia che guarda ad un profondo bisogno di cambiamenti e investimenti
Parte dal 17 giugno 2020 l’esame di stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione di un anno scolastico sicuramente memorabile. Gli eventi che hanno attraversato l’intero pianeta a causa della pandemia da Covid-19 entrano nella storia dell’umanità e, come per tutti gli altri contesti, entrano nella scuola, portando un evidente bisogno di trasformazione, di rimodulazione della didattica e della stessa modalità di relazione.
Il giorno della prova orale, quest’anno unica prova, sarà anche il momento dell’incontro. Un momento desiderato ed al tempo stesso temuto per la possibilità, ancora incombente, di un contagio che ci tiene tutti in sospeso. Due tensioni che attraversano, in modo più o meno palese tutto il mondo della scuola e della società, soprattutto rispetto alla fase della ripartenza: chi teme l’esclusione e le generali ricadute pedagogiche della didattica a distanza e chi le conseguenze di una epidemia che ha lasciato profonde ferite.
La predisposizione dell’esame di stato in presenza ha chiamato in causa una organizzazione complessa, realizzata da dirigenti e personale ATA e che, attraverso l’azione di tutela del sindacato, introdotta con il protocollo d’intesa, ha individuato le possibili modalità di tornare a scuola in sicurezza, perché, come dovrebbe essere evidente, la scuola ha specifiche peculiarità e tra i suoi banchi la relazione e la prossimità rappresentano elementi primari irrealizzabili con il distanziamento sociale.
Questi lunghi mesi di chiusura hanno riaperto il dibattito sul modello educativo nel nostro paese e, oltre all’imperante logica del mercato, che immediatamente ha visto nella didattica a distanza una nuova ed inesplorata prateria di guadagni, si è attivato un processo di riflessione su ciò che è la scuola, sulle sue finalità e su quanto sia strategico il suo ruolo nel complessivo equilibrio sociale, a cui anche la FLC CGIL ha partecipato con la stesura del Manifesto per una didattica inclusiva.
Molti commentatori, ma anche alcuni insegnanti e studenti, hanno rispolverato una visione competitiva e meritocratica della scuola per cui la selezione dei migliori diventa l’operazione strategica e, pertanto, risulta sufficiente distribuire i tablet e la connessione per dare abbastanza istruzione a tutti. È stato il mantra ministeriale per lunghi mesi.
D’altro canto, però, una parte importante di pedagogisti, intellettuali, commentatori, ma soprattutto, insegnanti, studenti e genitori hanno riscoperto il valore inclusivo della scuola della Costituzione e la sua importante strumentazione pedagogica, che parte dalla relazione educativa e arriva alla predisposizione di tempi, spazi e strategie. Una impostazione che riscopre la centralità strategica dell’istruzione e che, improvvisamente ha mostrato l’assoluta insufficienza di quanto si sia investito finora, e la gravità degli effetti che i tagli subiti hanno prodotto in termini di dispersione e abbandono.
Dopo questo esame di stato la scuola può ripartire, ma solo se verranno evitate le solite soluzioni sbrigative e a basso costo, solo se la relazione in presenza sarà resa possibile da una aumentata dotazione di docenti e di spazi per riprogrammare la didattica in un contesto ben attrezzato, come nelle patinate immagini delle scuole nordeuropee con banchi singoli e 10/15 studenti per classe. Se come temiamo, non ci sarà l’investimento necessario, allora, ci ritroveremo a settembre con tanti tablet e poca scuola.
La FLC CGIL intende proseguire la stagione di mobilitazione avviata e il confronto professionale avviato nella categoria. Intanto auguriamo alle studentesse e agli studenti, agli insegnanti, ai dirigenti e al personale ATA, buon lavoro, certi che, come sempre, sapranno affrontare questo complicato momento con il consueto valore e spirito di collaborazione.
Ci auguriamo che il ministero e i decisori politici che dovranno governare i prossimi mesi di programmazione sappiano ascoltare le professionalità, le esperienze e la tradizione pedagogica di cui è piena la nostra scuola, che, per anni, nonostante i tagli subiti, ha saputo esercitare il ruolo costituzionale di unità e di coesione sociale del Paese.
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