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Unità: Gli agenti al governo: «Basta soffiare sul fuoco»

Per due volte in due settimane il governo ha annunciato la mano dura e interventi in scuole e atenei. Agli annunci politici, per fortuna, non sono seguite direttive centrali. La rabbia dei sindacati di polizia.

03/11/2008
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l'Unità

Per due volte in due settimane il governo ha annunciato la mano dura e interventi in scuole e atenei. Agli annunci politici, per fortuna, non sono seguite direttive centrali. La rabbia dei sindacati di polizia.

Né una «svolta» né una «stretta». Anzi, la storia e la cronaca dei fatti raccontano, almeno fino ad oggi, un’altra verità rispetto a quelle auspicate e annunciate dal governo. Parliamo dell’Onda e di tutti i suoi mille liquidi, inafferrabili rivoli. Per la seconda volta in due settimane il governo - prima con il premier Silvio Berlusconi, poi con il ministro dell’Interno Roberto Maroni - annuncia «giri di vite» e «tolleranza zero» ma poi, per fortuna, gli annunci restano tali, senza conseguenze reali. Prevalgono cioè il buon senso e la misura che nasce dalla valutazione quotidiana dei fatti. «Ora basta con questi giri di vite mediatici perchè poi alla fine, a forza di soffiare sul fuoco, qualche incendio scoppia davvero» avverte Claudio Giardullo, segretario del Silp, sindacato di centrosinistra della polizia. «Non ci sono state - aggiunge - né circolari né direttive e le questure stanno attuando le prassi normali». Ovvero le Digos verificano, prendono contatto con i presidi di scuole e università, fanno le informative e monitorano, pronte ad intervenire e a denunciare ma solo se ci sono ipotesi di reato come ha valutato la questura di Treviso. O quella di Bologna.

Ancora più netto il Sap, il sindacato autonomo degli agenti di polizia. «I colleghi poliziotti in giro per l’Italia ci raccontano una situazione che, pur nella sua complessità, resta tranquilla ed è lontana anni luce da richiami sessantotteschi» dice il portavoce Massimo Montebove che invita «i politici ad evitare dichiarazioni che possono solo complicare una situazione che complicata non è».

«Manderò la polizia nelle scuole» annunciò il premier, facendo poi marcia indietro, quando l’Onda cominciò a prendere forma all’indomani delle prime occupazioni. «Denunceremo chi occupa» ha messo in chiaro il ministro Maroni la sera del 30 ottobre, dopo che la marea dell’Onda aveva occupato festosa ma determinata Roma e le principali città italiane.

Il Dipartimento di Pubblica sicurezza nega la presenza di circolari a questori e prefetti, il primo passo quando la politica chiede ai tecnici della sicurezza un cambio di regime, una svolta rispetto a quelle che sono le prassi consolidate. Di più: non esiste neppure un censimento delle manifestazioni cosiddette «irregolari». «Il nostro monitoraggio - si spiega al Viminale - si limita a registrare occupazioni e manifestazioni, sappiamo che dall’inizio del mese di settembre sono state circa 500 in tutta Italia». Un numero freddo, che prescinde da regolarità e autorizzazioni. Un monitoraggio, appunto, utile per avere il polso della situazione. E non per compilare liste di buoni e cattivi.

Se la questura di Treviso, o quella di Bologna, stanno riversando informative alle rispettive procure, precisano al Dipartimento, «lo stanno facendo sulla base di valutazioni caso per caso che prescindono da direttive centrali». La questura di Roma, per esempio, che pure è stata occupata per giorni da ogni tipo di sit in e marcia e sfilata, ha considerato il tutto per quello che è stato: un esercizio di democrazia.

Gli annunci del governo diventano così messaggi con valenza politica che «tecnicamente non hanno effetto». Un’analoga divergenza si registra sugli incidenti in piazza Navona la mattina del 29 ottobre mentre l’aula del Senato approvava il decreto Gelmini. «Gli scontri sono stati innescati dagli studenti di sinistra che hanno attaccato quelli del Blocco Studentesco», cioè di destra, è stata la sintesi del governo che tramite il sottosegretario Francesco Nitto Palma ha informato il Parlamento sulla cronaca di quella mattinata di paura e follia nel cuore di Roma tra le statue in marmo del Bernini. La polizia oggi sembra frenare.

Quantomeno si affretta a spiegare che non c’è ancora una ricostruzione definitiva «perché stiamo visionando molti filmati e fotografie - spiegano gli investigatori - diciamo che finora è stata data una verità che però potrebbe anche essere parziale». Eccesso colposo di fretta? Vedremo. Di sicuro stanno diventando «decisivi» nella ricostruzione «gli incidenti avvenuti tra le 10 e 30 e le 11». In quella mezz’ora, infatti, ci sono stati i primi scontri e a farne le spese, con ferite e tagli in testa refertati all’ospedale, sono stati ragazzi di sinistra. E quella, come stanno raccontando filmati e video esaminati in queste ore negli uffici della Digos di Roma, molto probabilmente è stata la scintilla dell’inferno che si è scatenato un’ora dopo. «Inasprire lo scontro sociale è solo dannoso» avverte Giardullo. Perché poi, alla fine, a furia di soffiare sul fuoco, qualche incendio scoppia davvero.

CLAUDIA FUSANI

ROMA


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